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III. Graziano Turesso
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Speciale vincitori concorso Prosapoetica 2009 Questo numero speciale di faranews è dedicato ai vincitori (prossimamente
pubblicati in un volume a loro dedicato) del concorso 1. Francesco Jonus con I giorni della ferita Un grazie ai giurati (Alessandro Polcri, Chiara De Luca, Emilia Dente, Erika Crosara, Guido Passini, Laura Bonalumi, Roberto Cogo) e a tutti i partecipanti e complimenti ai vincitori!
I classificatoI giorni della feritaLa città, per me, è come una ferita. Tutto mi sembra una costrizione, un limite, mentre, appena due anni prima, questa stessa città mi appariva il luogo di ogni possibilità e desiderio.
(…) Francesco Jonus è nato a Montecchio Emilia (RE) il 4/5/1986 e attualmente risiede a Bologna. Frequenta la facoltà di Ingegneria Informatica di Bologna. Ha pubblicato alcuni racconti e poesie su diverse antologie collettive. Ha vinto il 2° premio nella sezione giovani del II Concorso di Poesia “Bottaccio” con l'opera “Mondo in nero”. Ha vinto il 2° premio nella sezione lingua italiana del concorso “Padre Gabriele Russo – III edizione” con l'opera “Inverno”. Ha vinto il 1° premio nella sezione giovani del concorso Il Lago verde – ed. 2009 con l’opera “Rosa Nera (8 Marzo)”. Giudizi «Una scrittura splendida, un ritmo interno, immagini nitide e cura stilistico-formale; registro mutevole della voce narrante-poetante in dialogo con se stessa, con l'altro e con l'ambiente urbano circostante; considerazioni precise e insieme sibilline; sovrapposizioni riuscite e coinvolgenti corpo-anima-città-relazioni; movimento ondulatorio di sensazioni e stati d'animo anche lontani risolti in modo inaspettato.» (Roberto Cogo) «Prosa introspettiva, che riporta il cammino del protagonista/autore. Uno scritto discretamente costruito e grammaticalmente corretto. La lettura è piuttosto veloce grazie alle frasi corte e al susseguirsi d’immagini piuttosto pulite. Testo in alcuni tratti ermetico ma coerente con quello che considero il tema proposto dal titolo “La terra di nessuno”. Un cammino che rappresenta la vita, e la ferita è sempre lì, pronta a farsi sentire.» (Guido Passini) «L'autore ha la capacità di armonizzare scrittura poetica e prosastica in modo da mantenere sempre labile il confine tra le due forme letterarie in un testo suggestivo per l'ambientazione, la capacità evocativa, la visione.» (Chiara De Luca) II classificatoPioggia§ Mi piace la pioggia.
(…) Giudizi «È quasi un diario questo scritto che l’Autore ha voluto lasciarci. L’infanzia, il gioco, la famiglia, l’amore. La guerra. Tutto sotto la pioggia. Ricordi bagnati, inzuppati di pioggia e di voglia di tornare a casa. Siamo tutti uguali sotto la pioggia, tutti con lo sguardo alto, verso un cielo che regala gocce di speranza: “A casa Elena sente la stessa pioggia e si ricorda di me.” Intenso, ricco, il racconto di queste memorie appare dolce e crudo allo stesso tempo: come la pioggia che disseta la terra, lava il dolore; come l’acqua grossa e impetuosa, che travolge e cancella ogni cosa.» (Laura Bonalumi) «La pioggia si fa tema conduttore di riferimento per tre diverse “variazioni” scritte con maestria e scelte con cura; tre aspetti lontani uniti da un filo di liquida suggestione; splendido il primo movimento costruito su una totale identificazione con l'albero svelata solo nel finale e il terzo movimento in cui la pioggia riesce a unire anche eserciti contrapposti.» (Roberto Cogo) «L’opera si distingue per l'originalità del tono e la musicalità dell'andamento del discorso, che solo di tanto in tanto tende a prediligere l'una o l'altra forma espressiva.» (Chiara De Luca) III classificatoCanto del bosco masticatodi Graziano Turesso Non è perchè m'è stretto il cielo (Canto Del Bosco Masticato) Un rumore appena più in là dello sguardo, appena a lato del passo appena pestato. (…) Graziano Turesso vive a Como, dove è nato, da trentacinque anni. Lavora in una fabbrica tessile, come tutta le generazioni precedenti, almeno finché il mercato e l'ingordigia di chi lo governa non le avran chiuse tutte, quelle fabbriche. Han già cominciato, e pare ne siano davvero capaci. Scrive e legge per passione: scrive perché ama leggere, e provando a non essere influenzato da quello che legge. Giudizio «È un testo estremamente controllato e scritto con notevole precisione e con un ritmo interno molto forte che procura nel lettore la sensazione di una necessità e lo spinge in avanti. Canto del bosco Masticato si inserisce perfettamente in quello spazio poroso che è il confine tra la prosa e la poesia. La forza linguistica, tuttavia, non è la sola caratteristica di questa prosapoesia: essa, infatti, è anche una misteriosa meditazione sulla decadenza del bosco-mondo e sulla masticazione che lo spazio sacro della Natura subisce pezzo dopo pezzo. Il protagonista attraversa un bosco e in questa sua camminata vede ed è visto, sente gli sguardi delle varie entità naturali che lo circondano, avverte i suoni, percepisce le luci, incontra un vecchio che appare e dispare, e dialoga con un mondo che rappresenta un “oltre” puro che sta per essere “digerito”. Le potenti metafore dell’attraversamento e della vita “masticata” dal Male rendono questo racconto attuale e affascinante.» (Alessandro Polcri) IV classificatoLa dimensione di HausdorffChe cosa è questa strada che non ha più pietre?
Sono tornato nel luogo dove le ombre cercano un orizzonte e una giustificazione
(…) Massimo Zerbini, scrittore e poeta, vive e lavora a Cremona. Ha pubblicato alcune poesie in raccolte di autori contemporanei curate da Libroitaliano e il romanzo Manoscritto trovato a Santiago con Prospettiva Editrice nella collana “Il Treno dei Desideri”. Attualmente sta completando l'editing di un secondo romanzo thriller. Giudizi «Un testo che mi ha catturato l’attenzione già dal titolo. Pensando alla dimensione di Hausdorff e restando a leggere attentamente le righe di questo testo, sono stato travolto dagli spazi che si protraggono nel tempo e nel significato. Ogni segmento di questo brano ha una sistemazione, ha un percorso tutto suo sovrapponibile all’altro, ma con la possibilità di essere anche visto in solitaria. Credo che l’autore abbia lavorato molto nella scelta delle frasi, delle immagini e dei sentimenti. La lettura è scorrevole. Apprezzato lo stile.» (Guido Passini) «C’è un andamento narrativo eppure musicale del dettato, che forse si sposta però talvolta troppo nel territorio della poesia, marcando un confine che tende a circoscrivere leggermente la "terra di nessuno".» (Chiara De Luca) V classificatoL'uomo che fischiadi Niva Ragazzi Sto seduto. Sto sempre seduto io
Io vedo.
È quello che mi dicono sempre, quelli là, quelli dietro la scrivania, quelli alti, quelli con il camice bianco: domani vedrai, ti ricorderai tutto, improvvisamente, vedrai.
(…) Nata a Poggio Rusco in provincia di Mantova il 20 dicembre 1952, Niva Ragazzi vive a lungo a Milano, città in cui la famiglia si trasferì. Dopo gli studi superiori, entra nel mondo del lavoro, pur continuando a scrivere in modo amatoriale. Scrive racconti e poesie per riviste amatoriali di fantasy e fantascienza. Ha pubblicato con la casa editrice EDIGIO’ un libro per bambini dal titolo: Il conto di Sergio. Ha vinto il premio speciale ORTICADONNA – Premio Città di Forlì, V edizione, con il racconto “Francesca di Sera”; ha vinto il secondo premio alla V edizione del premio Le Donne Raccontano – EUROPADONNA, con il racconto “L’indomita”. Giudizi «C’è un uomo che non sa raccontare ma che ricorda una vita attraverso colori, sensazioni; attraverso il calore del sole. Senza voce, ma con un’anima piena di emozioni.
“Io vedo. / Domani saprò parlare /e dire / e spiegare. / Domani, certo.”
«Raccontare il silenzio dipanando i pensieri nella luce degli occhi: questa la sfida accolta dall’autore che incide una poesia sulle rocce dure dell’ enigmatico racconto.» (Emilia Dente) «Viene inscenata la condizione del recluso attraverso un soliloquio-monologo incalzante e coinvolgente che lascia libero il lettore di immaginarsi una vicenda dall'esito drammatico: delitto e castigo, colpa e incendio della mente fanno da scenario al rovello interiore di un io in bilico tra coscienza e incoscienza, di un centro, pare, definitivamente perduto.» (Roberto Cogo) VI classificatoIl café Alhambra e la città del ventoSpecchi sprofondati Qualcuno potrebbe dire che questa città ha un portamento da regina ferita; altri, che è dolce e bugiarda; altri, ancora, che lievita su sette strati, come la città perduta che sorgeva su di un mare lontano, e ogni strato corrisponde ad un desiderio – a un orrore – a una trasmutazione.
Alcuni luoghi sono innocenti – altri meno. Per esempio, nonostante il nome e l'esistenza che vi si conduce, è innocente il Barrio de Sangre, crocicchio di razze, di crimini, di dolori miserabili; perché là tutte le cose sono chiare nella loro definitiva angoscia: la violenza, la sopraffazione, la morte. Ma ognuno dei novantun piani dell'elegante Torre del Vento racchiude un segreto di cui i vetri scintillanti, che non fanno trasparire alcunché, sembrano avere vergogna. Questo io so. Non è che un piccolo sapere, tuttavia; l'oscurità, intorno, è ben più sconfinata.
Per esempio, io non so se il mio nome è Minna – o Maëve – come non lo sanno gli altri, i clienti al bancone.
(…) Giovanna Passigato, nata e cresciuta nel veronese, ora vive a Medicina, nella Bassa emiliana che ama particolarmente. Ha pubblicato Rappresentazione per le feste di Natale in una città della pianura padana (Manni Editore, 2002), Una lettera dalla nebbia (Perdisa, 2004, premio Arcangela Todaro-Faranda 2004) e L’albero che non voleva morire (R.E.R. 2005), Nel 2006, per la Bononia University Press, Il viaggio del Re Morto, romanzo che ha vinto il premio Arcangela Todaro-Faranda 2006. Nel 2007 ha pubblicato per la Bacchilega Editore Il paese infinito, finalista del premio Garda 2004, e Arcangela Todaro Faranda 2003. Giudizio «Le ombre e le luci, l’essenza e la forma, fluidi pensieri che tratteggiano il ritratto dell’essere sbiadito nel riflesso di prosa e poesia.» (Emilia Dente) VII classificatoDi buon'oradi Gianluca Pirozzi a Francesco Maria Battisti Da oltre quaranta anni Gianni si alza di buon’ora. Negli ultimi anni poi, proprio quando la notte cede il passo alla prima luce del mattino, lui ha preso l’abitudine di indossare abiti comodi, ficcare i piedi nelle scarpe lasciate all’ingresso e far scattare un paio di volte il gancio del guinzaglio di Full, quel tanto che serve a svegliare il suo cane, per uscire di casa. Giù in strada, lui e Full fanno quasi sempre lo stesso percorso: marciapiede di Via Ricasoli, portici intorno a Piazza Vittorio e, a meno che non piova al punto d’accorciare la passeggiata, arrivano a Via dello Statuto e, da lì, attraversando Via Merulana, raggiungono il Colle Oppio.
(…) Gianluca Pirozzi, classe 1964, nato e vissuto fino ai diciotto anni a Napoli in una famiglia di artisti, ha vissuto fino al 2000 a Roma ove, dopo un lungo periodo professionale all'estero, è tornato a risiedere nuovamente dal 2008. È funzionario della pubblica amministrazione e si occupa di relazioni internazionali e di organizzazione. Da sempre è stato un appassionato di letteratura italiana e straniera perciò ha frequentato i laboratori di scrittura creativa (Valeria Vigano, Francesco Piccolo, ecc.) e successivamente ha iniziato a scrivere racconti. Da quattro anni è membro di giuria nell'ambito di manifestazioni letterarie dedicate alla prosa e alla poesia e ha introdotto opere letterarie e di poesie. La sua prima raccolta di racconti Storie liquide è in corso di pubblicazione. Giudizi «Il ritmo di questo raccontare, è forte. Devi prendere un grosso respiro e poi, leggere tutto d’un fiato un brandello di vita di Gianni. È un brandello, una parte di tempo come strappato da un’intera giornata: “… quando la notte cede il passo alla prima luce del mattino…”, ma forse, anzi quasi sicuramente, il momento in cui i pensieri si illuminano, proprio come il giorno, rischiarato dalle prime luci dell’alba. Lui, Gianni e il suo cane, lui e la solitudine di un amore prima saggiato e poi, violentemente fuggito. Non una banale descrizione del dolore, quanto la precisione di una solitudine grande, spessa e profonda, da toccare con il cuore, da sentire con l’anima.» (Laura Bonalumi) «Racconto meritevole di nota descrive il percorso verso il suicidio finale del protagonista scandito dal suo progressivo mutismo. Come a dire che quando la parola si esaurisce anche la vita cessa. La lingua è semplice e piana.» (Alessandro Polcri)
VIII classificatoDiariol’opera non è l’ombra di un vivo. oggi non so dire di più. se soffri per una forma, come se fosse VIVA [come se fosse donna; figlia] – non è una grazia? su una forma, oggi? ripeto: come se fosse viva. il pudore non ha detto «ti amo». perché? in questi giorni la realtà stessa (si tratta di persone) mi urla «non ti credo». io le rispondo: «taci. io continuo». ho scritto con il ritmo che può sconvolgere una mente rigorosa [è un’illusione, che ha]. lasciami stare, ho chiesto ad altri, poeti; perché io non sono un poeta l’acqua è sempre chiara e il vento è fresco e Roma è bella.
O questo. O niente.
(…) Massimo Sannelli è nato nel 1973 in quel di Albenga e vive a Genova. Saggista, poeta, attore e drammaturgo sta curando una nuova edizione della Commedia. Fra le pubblicazioni: Il prâgma. Testi per Amelia Rosselli, e-book, Dedalus, Napoli 2000. La femmina dell’impero. Scritti per un seminario sulla «vera, contemporanea poesia», EEditrice.com, Genova 2003. L’esperienza. Giudizio «Lontanissimo dagli esiti pervicacemente sentimentali o consolatori in cui spesso scivola il genere, questo singolare “diario” si presenta invece come testimonianza nuda, come martirio di una intelligenza (o di una umanità, qui è lo stesso), vissuto nel corpo e nella mente, dentro al mondo, attraverso il segno della scrittura: è un attraversamento che domanda di essere ascoltato, di essere sempre una relazione, perché la “pura presenza”, da sola, forse non sarebbe in grado di “confermare” né la voce né la durata. Il discorso è lucido, franto perché essenziale, continuamente aperto eppure sfrondato; così l’autore: “le parti nude/ significano: questa miseria è mirabile”.» (EC) IX classificatoUbabadi Silvia De Chirico Cap.1 – 30 maggio (…) Silvia De Chirico ha in preparazione uno spettacolo-installazione e un'opera di poesie “Le stanze del sole”. Giudizio «Il racconto, in cinque brevi “capitoli”, narra di una storia d’amore finita; tale storia d’amore conserva però il pregio di aver avuto inizio, insolitamente, entrando dalla finestra. Interessante allora è la freschezza di alcune descrizioni, che conferiscono una nota di originalità all’intero testo; il modo di tradurre le maglie del sentimento, restituito a tratti da immagini di notevole impatto (“ho gli occhi abbattuti di una gialla maddalena sotto la croce”; “la croce è l’orologio fermo sempre alle 19:23”;); l’uso di espressioni e modi immediati, che pescano (felicemente) dalle situazioni e dal registro più quotidiani (“la cosa m’inteneriva a morte”; “piccolo cane morboso da condominio”). Si tratta di una scrittura che dà il meglio di sé nella brevità, nel momento minimo capace di ricreare, o creare, un piccolo mondo privato. Non c’è tragedia, alla fine: permane invece un carattere, singolare e bello nel suo accento femminile, di levità.» (Erika Crosara) X classificatoProse di OlimpiaLamento i tempi d’Olimpia, i giorni passati al mare, gli aghi di pino tra le pieghe delle vesti, a sera, lo scorrere del tempo percepito come la crescita inaudita di una pianta, non come un sequent toil ma come un immobile riordinamento di granelli di sabbia, in una omogeneità. Ed io seduto al bar posso guardare Olimpia sulla spiaggia, e lo spazio tra noi, e il tempo che le ci vorrebbe per raggiungermi, qualora volesse, qualora smettesse di giocare coi ragazzi e chiacchierare o solo di essere distratta da risacche, il tempo che le ci vorrebbe per raggiungermi, stirred by la sabbia che scotta le fette, sono già riempiti dalla loro stessa sostanza, ossia dall’aria tra me, al bar, che bevo e saluto i transessuali, e Olimpia in riva al mare, che non ci pensa neanche a tornare. § Questo tempo e spazio, brevi, sono come una membrana, sono già riempiti, sono già il movimento che rendono possibile, il mio toccare Olimpia, qualora (…) Lorenzo Carlucci, nato a Roma nel 1976, è Ricercatore presso il Dipartimento di Informatica dell'Università La Sapienza di Roma. In poesia ha pubblicato La Comunità Assoluta (ed. Lampi di Stampa, collana festival, 2008), e Ciclo di Giuda e altre poesie (ed. Arcolaio, 2008). Nel 2009 ha ricevuto il "Premio Speciale" Ceppo di Pistoia, con Carlo Carabba e Valentino Ronchi. Giudizio «Il testo percorre una trama trasparente – dominata dagli elementi acqueo ed etereo – dalla quale emergono coordinate spazio-temporali e tracciati concreti, delineati da una misura mobile che ridefinisce e reinventa le distanze; i personaggi e le figure si muovono infatti dentro un metro di volta in volta antropomorfo (“braccio teso”; “braccio troppo corto”), geografico (le “highways”), o commisto ( il “sorriso”-“radar”; la “palpebra rialzata”-“mare”-“lago”). Della mescolanza sempre inedita in cui risultano accadere il reale e l’esperienza, la scrittura riesce a restituire una prospettiva coerente anche dal punto di vista dello stile, e il verso lungo sceglie infatti una misura; puntualmente, l’autore indica “un tessuto/ di segnali” che “battono come i tasti/ di una macchina da scrivere”.» (Erika Crosara) XI classificatoIrraggiungibiliHo pensato a lungo a quale fosse il senso del mio essere, al perché di certi pianti spossanti, profondi fino alle viscere, alla ragione della rabbia che chiude lo stomaco e dà una forza violenta agli arti. Ho cercato di capire perché dovessi incolparmi di ogni cosa, sentirmi spesso inadeguata, al perché questo mondo corra così in fretta.
(…) Sara Passerini è nata il 15 ottobre 1982 in Trentino Alto Adige, si è laureata in Arti dell’Immagine, della Musica e dello Spettacolo presso l’Università degli Studi di Ferrara e si considera un’esploratrice di gesti, di strade, di parole. Coltiva tre grandi passioni: il teatro, la scrittura e i lunghi viaggi ed è alla costante ricerca di un qualcosa che le muta tra le mani appena crede di possederlo. Rischia spesso di perdersi in questa ricerca, ma fortunatamente è circondata da persone preziose che come un bussola non le fanno perdere di vista la direzione che porta all’essenziale. Gudizio «Il testo è impostato in modo particolare rispetto a una classica narrativa. È basato su un dialogo tra autore e antagonista, o lettore come se fossero uno di fronte all’altro. Un messaggio che mostra un’altra facciata della terra di nessuno. A volte il testo rischia di inciampare in alcuni punti dove è più orale che scritto, ma premierei questa prova, che a mio avviso è ricca di similitudini interessanti.» (Guido Passini) XIII classificatoLa cagnaL’importante è imparare a sedersi comodi. Postura. Stazione. L’atteggiamento giusto per trovare le parole da scrivere. Nella mente. Perché progettare è complicato. Figuriamoci un pensiero. Struttura e senso. Sembra uno scherzo. Cercare la posizione. (…) Cristiana Morroni è nata a Roma e vive ai Castelli Romani. Le canzoni del silenzio (Ragusa Editore, 1990) è il titolo della sua prima pubblicazione e come autrice è presente in varie antologie poetiche. Nel 2006 ha vinto il Premio di poesia "Logos" ed è stata finalista per "Io-scrivo". Altro: Ci fosse il vento (Giulio Perrone Editore, 2006), Smile Again (Giulio Perrone Editore, 2007). Ha curato una postfazione poetica al libro di carattere scientifico Lo spettro autistico Pizzamiglio-Zotti (Franco Angeli Editore, 2008). In settembre è prevista l'uscita del suo ultimo lavoro Omen Nomen (silloge poetica, ed. PerroneLab) Giudizio |
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