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Scheda:
Orfeo Bartolini
Capetown-Bellaria
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Lo Zambesi di Orfeo Bartolini
Le rapide dello Zambesi si dividono in due gruppi: quelle a monte, relativamente
tranquille (le visitero' in canoa, domani), e quelle a valle, che ho conosciuto
nell'agosto del '95. Hanno nomi curiosi, e vagamente inquietanti: la Pentola
del Diavolo, la Lavatrice, Annie e le Sorelle... Sono selvagge, violente,
affascinanti e pericolose come femmine di razza. Esaltanti da cavalcare.
Eravamo almeno un centinaio di persone, divisi in una decina di gommoni.
Il mattino, alle sette, il capo spedizione ci tiene un breve discorso
preparatorio, sul tema "Coraggio, miei prodi, so che vi batterete con
ardimento". Poi la vestizione: calzature adatte,
calzoncini, maglietta, giubbotto di salvataggio stretto come una "presa"
di lotta libera, casco con imbottitura e sottogola. In piu', per me, occhiali
da vista fissati con un cordino e macchina fotografica impermeabile, legata
solidamente al corsetto. Infine, grido collettivo di guerra, imbarco e
partenza. (...)
Improvvisamente, e mi venga un colpo se so come diavolo e' successo, mi
trovo sott'acqua. E' stranissimo: mi sento come una pallina da ping-pong
in un frullatore, e tutto intorno a me e' turbine, acqua e bollicine,
ma sono tranquillo e lucido come un ragioniere alla scrivania. Dunque,
facciamo mente locale. E' inutile tentare di nuotare verso la superficie:
primo, non ho la piu' pallida idea di dove sia. Secondo, non serve che
mi sforzi: il giubbotto lavora per me, per non parlare del mio lardo personale.
Tanto vale risparmiare le energie, quindi l'aria.
Il problema e' che mi sono trovato in acqua all'improvviso, senza poter
gonfiare al massimo i polmoni. Avro' quindi poca autonomia. In ogni caso
e' inutile che mi agiti: costa ossigeno, e non risolve nulla. Bene, aspettiamo.
La bocca sta per aprirmisi, per riflesso animale. Ordine dei polmoni ormai
vuoti. Urge respirare. Lo faccio o non lo faccio? No che non lo faccio,
accidenti, sono sott'acqua. Se dura ancora a lungo perdero' conoscenza.
Tanto peggio; succederebbe comunque. Tanto vale svenire coi polmoni asciutti.
Sara' meno difficile, per i miei soccorritori, farmi riprendere.
Okay, aspettiamo gli eventi.
Passa qualche decennio. Improvvisamente, rieccomi fuori. Non sono svenuto;
semplicemente, sono riemerso. Aspetto di avere la bocca bene fuori dall'acqua
prima di respirare; me la asciugo, in modo da eliminare ogni goccia (che
mi finirebbe nella trachea, e non mi va proprio di strangolarmi di tosse),
ma non appena
inspiro, anziche' l'uragano di aria fresca che mi aspettavo, entra solo
un filino ridicolo. Come un'arancia gettata nella stiva vuota di una nave.
Evidentemente ho la gola contratta dall'adrenalina. In piu', i gorghi
mi stanno tirando di nuovo sotto. Siamo punto e daccapo.
Pero' dura poco. Sono solo una spanna sotto la superficie, ed aspetto
con calma di riemergere. Quando tornero' su, dal momento che ho la gola
contratta respirero' con la tecnica degli attori: usero' il naso come
se dovessi identificare un odore, e anziche' allargare le costole abbassero'
il diaframma, comprimendo i visceri.
E' una tecnica che consente di immagazzinare molta aria in tempi brevissimi,
e senza affannarsi. Nel frattempo, prima di riemergere, mi prendero' il
naso fra le dita, cosi' appena fuori lo asciugo in un attimo.
Rieccomi a galla. Pulizia naso, inspirazione. Festa grossa nei polmoni,
din don di campane. E adesso tirami pure giu', bastardo.
Due, tre, sei mani mi riportano sul canotto.
- Grazie, ragazzi...
Non c'e' di che, ma manca il tempo per il minuetto delle formalita'. C'e'
sempre lo Zambesi incazzato. Un secondo dopo sono di nuovo al mio posto.
Tutta la faccenda e' durata si' e no venticinque secondi.
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