La sorte risanata
di Caterina Camporesi
all’opra di buon’ora
la morte è
padrona esigente
neppure a Dio riuscì
la prima volta
l’uomo è ancora intento
alla correzione
bambina smarrita
spaurita inadeguata
ancora t’affacci
sul mondo spaurito
inadeguato smarrito
come ragni ogni giorno
officianti di sacri riti
tessiamo il continuo
rammendando l’altrove
sulla tela si svela
negli spazi del silenzio
planando taciute innocenze
fraintese maschere
escono da interiori scavi
scolpiamo pietre
per le nostre epigrafi
(dall'autopresentazione)
Sono felice quando ho la possibilità di conoscere il volto e il
corpo dei poeti: mi aiuta a dare un’identità al testo che
il più delle volte non è “mai nato abbastanza per
potersi staccare dal corpo-psiche”, come afferma da qualche parte
Zanzotto. Alla base del mio atto poetico c’è sempre una domanda
di comprensione, scambio, incontro, fusione con il lettore: lavoro tanto
a lungo sul testo anche per raggiungere una forma di comunicabilità
soddisfacente.
Ogni percorso poetico segue, a mio parere, le tappe della vita. È
l’esperienza l’elemento fondante dell’elaborazione poetica
e come afferma Ingeborg Bachmann: “La realtà acquista un
linguaggio nuovo ogni qualvolta si verifica uno scatto morale, conoscitivo,
e non quando si tenta di rinnovare la lingua in sé, come se essa
fosse in grado di fare emergere conoscenze e annunciare esperienze che
il soggetto non ha mai posseduto.”
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