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Alex Celli
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Rapporto all’Alto Comando
Stefano Martello
Agli Eccellentissimi Esponenti dell’Alto Comando bla bla bla,
Vi scrivo dalla mia tana (per Voi bunker n. 348, settore 45 di quella
che un tempo era chiamata Italia) oramai devastata dai bombardamenti automatici.
La mia situazione, tutto sommato, è ottima: ho una riserva alimentare
di topi mutati che ho ucciso in questi giorni di tregua, che accompagno
ad una scorta di Macallan che ho rinvenuto in una solitaria scorribanda
dietro le linee nemiche. E proprio dietro le linee nemiche ho trovato
un testo che ritengo importante: il sacro libro che reca le gesta romanzate
del nostro grande Leader, quel Chicken
Breast che, si dice, sia scorrazzato nelle strade di una Regione denominata
Romagna nei primi anni del ventunesimo secolo. Quello stesso epico personaggio
che ha poi squarciato i rigidi paletti del tempo per approdare a questa
nostra epoca così disagiata (per me che mangio topi) e così
paracula (per voi che siete al sicuro nelle città sotterranee).
Ritengo importante metterVi a parte di tale scoperta perché la
stessa dimostra che i nostri eterni nemici non sono poi così cattivi
come la Propaganda afferma; di più, dimostra inequivocabilmente
che gli stessi hanno un gusto letterario ottimo.
Quel testo – da noi oramai dimenticato a vantaggio di un merchandising
mirato che pone l’effige del Nostro
su magliette, pigiami e tazze del cesso – è ancora una miniera
di informazioni utili per il nostro scopo supremo. Che per Voi è
quello di vincere la guerra mentre per me (e per tutti i coglioni dislocati
su questo fronte) è quello di tornare a fare un pasto decente (sarebbe
troppo dire “sotto un sole cocente” visto che il sole lo abbiamo
oscurato con tredici anni di lanci nucleari, ma consentitemi la poesia,
Vi prego).
Per una volta io – ufficiale di questo esercito in disuso –
ho deciso una azione autonoma che consentirà nell’uscire
da questo bunker con le mie riserve alimentari e senza le mie armi di
ordinanza. Mi recherò nella parte nemica non per disertare né
per ammettere importanti segreti, ma solo per parlare un po’ (in
fondo la mia dotazione militare consiste anche in un traduttore simultaneo
che, guardate un po’, non ho mai usato) con questi miei presunti
nemici. Parleremo delle nostre donne rimaste nelle fabbriche sotterranee
a costruire proiettili traccianti e di come abbiamo utilizzato male le
parole di C.B. e di altri come lui. Di come le abbiamo adattate ai nostri
scopi egoistici e di come abbiamo scordato la forza positiva delle parole;
il potenziale di una sana ironia che non vuole prendere in giro bensì
fare pensare. Tutti elementi che avevamo già e che abbiamo bellamente
buttato al cesso.
Con questo rapporto, pertanto, mi dimetto non solo da questo esercito
ma da tutti gli eserciti (e oggi ce ne sono molti) e mi arruolo –
come volontario – nell’esercito delle persone di buon senso.
Nella compagnia dei S.E.
forse non avrò un grado alto, ma almeno potrò parlare liberamente.
E se troverò un panino di Mc Donald sotto le macerie sarò
pure felice.
Baci abbracci e un preventivo calcio in culo a tutti Voi.
(Tratto da Il disagio del soldato in tempo di guerra –
Profili psicologici, 2096. Il testo è stato ritrovato
in un bunker abbandonato dieci giorni dopo la pace. Da studi fatti, risulta
che il soldato è effettivamente uscito allo scoperto senza essere
colpito da alcun proiettile. I soldati presenti nel bunker più
vicino hanno affermato che ha gironzolato per due minuti nel campo devastato
di battaglia, ha fatto pipì ed è saltato in aria su di una
mina. Il Tenente Alì, che lo teneva sotto mira con un fucile automatico,
ha affermato che per tutto il tempo il soldato ha sorriso, ma i Curatori
di questa sezione ritengono che Alì fosse sotto acido. Vatti a
fidare di questi zotici ignoranti!)
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