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il
libro
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Da luoghi intravisti e Tela di bordo
di Vincenzo
D'Alessio
La raccolta poetica di Andrea Parato è risultata vincitrice alla
terza edizione del concorso di poesia, indetto da Fara Editore, Pubblica
con noi, realizzata nel 2004.
Colpisce la soluzione scelta dall'Autore per dare un titolo, una guida
certa al lettore che si pone in ascolto dei suoi versi: "luoghi intravisti".
Qualche punto dell'universo umano dal quale partire e tornare per un viaggio
tra sogno e "liquido confine" umano, tra passato e futuro.
La realtà è un brusio babelico. Sono contrapposizioni forti
che configurano l'idea di un gioco desueto perso tra umano e divino; oscillazioni
di un pendolo che continua la sua frenetica corsa alla coninua ricerca
dell'umanità perduta.
Il mistero irrisolto dell'esistenza; la soluzione critica di fronte alle
sofferenze personali e altrui; la necessità di "spezzarsi"
e ricomporsi alla fina per divenire/risorgere uomo.
Quanta bellezza criptica nascondono i versi di Parato. Bellezza di una
lingua perduta e ritrovata. Musica che si agita tra necessità di
fuggire la vita e ritrovarla nei sensi nascoti dell'Io universale.
Il poeta resta un navigante. La vita diviene un mare in tempesta.
I versi, scritti affinché la speranza permanga nel genere umano,
partono da luoghi appena scorti, appena riconosciuti, ancora incerti,
luoghi intravisti del paesaggio interiore, dell'edulcorato dolore dell'essere,
per giungere in fine all'essere / alla passione del verbo /all'umore del
bimbo che tutto scopre e perde nel Tempo.
La nuova raccolta di poesie di Ramberti disposta a chiusura dei lavori
di B. Rosenberg e A. Parato rappresenta più di una indicazione,
quasi una rosa dei venti.
I versi seguono la ricerca intrapresa per quel misterioso viaggio che
è l'esitenza: "la nota / fessura da cuj la mia canzone si
è inizjata". Meraviglia del viaggiare. Sospensione del tempo
e dei luoghi in una sorta di tela "irretita" al lettore pur
di separare il fragile guscio che intrappola l'energia potente della parola.
Pantarein! Tutto scorre verso il mare in cui il naufragio diviene alla
fian "dolce".
Parola in sommovimento. Il dettato di codici alfabetici rivisitato, ricomposto
per offrire al viaggiatore le direzioni del suo viaggiare fino a che la
speranza non decodifichi l'antico linguaggio che permette il passaggio
nell'altra dimensione concettuale.
"Non kjedermi le strofe di un antico poeta" è la bella
ripresa di "Non chiederci la parola" di Eugenio Montale, quasi
a delineare la tautologia avanzata nei versi della poesia "Io sono
in vari modi" (p. 102).
Il poeta che tesse, a bordo del suo vascello, "rotte stellari da
assaggjare" come una tela da sfilare prima che venga la notte dei
tempi. Un nuovo disegno, come la Penelope dell'Odissea, capace di calmare
l'ansia dell'assenza di qualcosa o qualcuno, e tenere a bada quella "porta
unica" del nostro copro che ci lega inesorabilmente all'esistenza
reale. Ma senza carne non cìè anma e lo scrivere diventa
l'unica aram per sconfiggere/contenere il Tempo.
Gli stratagemmi della scrittura, con i simboli fonetici variati alla ricerca
di quel meccanismo prolifero della conoscenza, richiamano alla mente i
versi che lo stesso autore ha utilizzato per la precedente raccolta In
cerca: "La vita è un fine / che non si può risolvere
/ – un temporeggiare / l'ansia nascosta del respiro".
marzo 2005
via Sala 33 - S. Felice
83025 - Montoro Inferiore (AV)
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