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Gentile dottor Gunjaca,
Abbiamo il piacere di comunicarLe che la nostra Commissione di Lettura
Internazionale, composta da Leo Rebello, Kazuyosi Ikeda, Joy Rainey King
e Laura Liberati, considerata la qualità e il valore artistico-umanitario
del testo, Le conferisce la Targa e il prestigioso Diploma «LIBRO
D'ORO».
Congratulandoci con Lei per essere presente nella rosa delle opere meritevoli
con il titolo La roulette
balcanica, qui di seguito Le spediamo la recensione che motiva la
premiazione.
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La ROULETTE BALCANICA di Drazan
Gunjaca
un sipario aperto sulla fatica
del vivere, incastonata nell'impervia storia del composito mondo slavo
Prof. Laura Liberati
Incisivo e denso di implicazioni, è l'incipit della prefazione
stilata da Mr. sc. Srdja Orbanic: "Godot è arrivato".
Contrariamente a quanto avviene nel dramma di Samuel Beckett, ove i personaggi
Vladimir ed Estragon sono in aspettativa di un misterioso ed oscuro Godot,
attesa sempre procrastinata sine die, in questa opera dalla spiccata tipologia
teatrale, i capitani Petar e Mario, l'uno capitano serbo, l'altro croato,
sperimentano il farsi di una tragedia programmata, obliquata verso il
suicidio.
Lo attesta, fra i tanti interrogativi capitali, quella frase: "Mi
sparo in divisa o in borghese?" del protagonista in assoluto.
Si desiste peraltro a lucide argomentazioni di Petar, sulle modalità
da adottare al momento dell'estremo gesto.
Concorrono alla drammatica scelta, come si evince dallo snodarsi del lavoro,
una serie di cause e concause che, se non la giustificano a pieno, contribuiscono
alla comprensione del contesto.
Un groviglio di pensieri, di passioni, con un fondale storico ben delineato:
ora, mezzanotte; mese, settembre; anno, 1991; luogo, Pola. L'unità
di tempo, di luogo dell'azione ingenera il dialogo serrato fra i due amici;
stringe l'astante (o il lettore) sommovendone il piano emozionale, sì
che egli non ha via di fuga, come si verificava nel V secolo, a.C., assistendo
alle tragedie di Eschilo (ferme restando le articolazioni della tragedia
antica).
La tematica del suicidio non è nuova nella letteratura di ogni
tempo ed è humus culturale.
Io privilegio il rimando ad una significativa "Operetta morale"
di Giacomo Leopardi: "Il dialogo fra Plotino e Porfirio". Il
colpo d'ala riceve impulso dalle luminose parole rivolte a Plotino: "Viviamo
Porfirio mio e confortiamoci insieme /.../ per compiere nel miglior modo
possibile questa fatica della vita".../ E quando la morte verrà
non ci dorremo /.../ ci rallegrerà il pensiero.../ che poiché
saremo spenti".../ (amici e compagni) "molti ci ricorderanno
e ci ameranno ancora...".
È da osservare tuttavia la natura dello scritto leopardiano essere
teorico-pedagogico, lo specifico del teatro è invece la ribalta
emblematica della vita stessa; qui subentra il fatto interpretativo e
creativo; ininterrotta la tensione fra parole e rappresentazione.
Mancando poi il canonico Prologo, si entra nella vicenda in medias res.
Drazan Gunjaca, dopo circa trentacinque pagine di una sorta di stringente
contraddittorio, mentre sembra aprire uno spazio di distensione psicologica,
non lascia alcuna tregua. La sezione è solo in apparenza 'farsesca'
scorrendo in un alveo tragico. Quella sorta di intermezzo (pagg. 55-60)
quando affluiscono sulla ipotetica scena, avvicendandosi convulsamente
alcuni comprimari, ben caratterizzati quanto ai gradi dell'esercito, assolve
il ruolo di approntare ogni dato utile per la catabasi.
Anche gli oggetti, come il telefono, sono bruttati dalle macchie del sangue
di Petar. II sipario cala sulle lacrime dell'amico, mentre l'autore sorprende
l'astante: la voce di Mario, coprotagonista, esalta il silenzio di una
creatura ormai immateriale. In un vicino futuro, provenendo da aree insondabili,
il silenzio di Petar potrà comunicare Verità. Il Gunjaca
denota una sottile e consumata perizia artistica; esemplificativo, il
fatto che la differenza fra la roulette russa e quella "Balcanica"
sia dichiarata nelle ultime battute.
Alla domanda smarrita di Mario: "Cos'è la roulette balcanica?"
l'altro di rimando: "È come quella russa, solo che si fa con
la pistola che ho in mano".
Vorrei ora soffermarmi sugli elementi fondanti dell'opera.
Una nota dominante è la denuncia contro la guerra che "dagli
albori del mondo continua ad insanguinare la Terra". Per quanto è
vibrato il grido sulla guerra, miserrimi gli uomini di potere, capaci
di cambiare casacca, intorno ai quali ruotano gregari, repressi, o peggio,
il cui unico scopo è quello di ostentare l'investitura di vassallo.
Petar, il protagonista, come ho già asserito, è dilacerato
per l'improvvisa fuga della moglie Ana, croata, che ha portato con sé
i figli in Dalmzia. È uno stato di fibrillazione, come padre (argomento
di folgorante attualità) tormentato dalla prospettiva che i figli
perdano l'estimativa verso di lui e che non siano educati all'amore.
Le sorti della famiglia s'intersecano con la ragione di Stato.
Per tradizione, come Serbo, in quest'ultimo ha sempre creduto, come alla
patria; ora non vede che epurazioni e biechi nazionalismi ed ha una crisi
d'identità.
Da voci fuoricampo, da fatti episodici si avverte lo sfascio dell'esercito
ed il caos generale: alterne vicissitudini che hanno attraversato, per
un lungo spazio di secoli, i popoli di ceppo slavo. Scorrono a balzi sequenze
di momenti epocali, e nell'ambito politico-sociale ed in quello ideologico.
Cosicché non mancano riferimenti a Josif Broz, ossia Tito, schegge
del primo e del secondo conflitto mondiale.
Nei fumi dell'alcol il capitano Petar pretende che il suo amico
fedele gli sia vicino, mentre è alla disperata ricerca delle radici
e del retaggio culturale comune. Non a caso viene citato il poeta Ratanic
(1750-1825) dal filone realistico-psicologico; il principe vescovo montenegrino,
Njegos dai componimenti di carattere popolare.
Si scopre che nelle fasi di solitudine profonda, Petar sia stato toccato
dalla fede: lo prova il riferimento alla Sacra Bibbia la cui lettura lo
poteva avvicinare e riconciliarlo alla cara moglie Ana.
La fede in Colui che guarda al cuore dell'uomo e non fa distinzione
fra un serbo ed una croata.
La fusione con l'amico Mario, stremato nel vedere il fallimento
della sua impresa, durata per tutto il corso del dialogo, culmina nel
momento struggente allorché i fratelli, amici, cantano e ascoltano
i rispettivi inni nazionali.
Un prodotto creativo che scuote chi legge: mantiene un registro alto di
valori, non intaccato dal linguaggio realistico, attagliato alle congiunture
ambientali. Le tinte contrastanti, per parlare sotto metafora, potrebbero
riflettere una sorta di luce caravaggesca, gemmata non da precisa fonte
come nelle pitture fiamminghe, ma scaturita dall'interno dei soggetti
trattati e dal sapiente uso del colore.
Membro dell'Alta Commissione di Lettura Internazionale di Edizioni
Universum
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Porgiamo sin d'ora i nostri più sinceri auguri per la Sua attività
letteraria che contribuisce ad arricchire il patrimonio umanistico mondiale.
Cordiali saluti
La segreteria del Premio
Libro d'Oro
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