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Il libro
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Dieci grazie - Quando volo - Verso Loreto
di Gianfranco Lauretano
Verso Loreto
Si accorciano le ombre sul mio viaggio
il treno porta a mezzogiorno
si apre la vista a una stazione
si apre la visione
la pianura fino ai monti e al mare
Cesena resta indietro, fila di lampioni
scolte di una notte morente
poi Rimini di punti arancioni
ci ingoia con la sua periferia
e dopo ancora via, gli abitanti sotto quelle luci
case e strade allo sfumare dal sonno
in viaggio come noi ma senza treno
una notte ostinata ci accomuna
la pochezza delle luci e l'attesa
della luce che venga su dal mare
con un chiarore primo anticipata
la lusinga della solitudine mentre il mondo scorre
i suoi destini addormentati alle banchine.
Ma già la mia bambina esplora la carrozza
scalpitante di approdare
alla terraferma di una stazione
e Sabina alterna nei suoi occhi
il mio volto e il finestrino
e ha lo sguardo materno del mattino.
È un’alba faticosa, ma è un’alba.
Alba d’amore perciò di conoscenza.
Una casa portata dagli Angeli
ci aspetta su un colle marchigiano
teatro dell’incontro tra un angelo e una donna
annuncio che la avvinse alla sua alba
casa che troneggia sul mio nome
e lo lega ai fratelli che fuggono
senza morire dentro al paesaggio
che muta con le immagini dal vetro…
Gianfranco… Gherri… Lauretano…
i suoi tratti non sono in grado di fissare
variano gli alberi, si alternano le lingue
cambia il marmo alle facciate
le basiliche si alzano e consumano.
Ma ho ancora gli occhi giovani
e non invecchia quella casa
dove ho dimorato tutto il viaggio
dove vegliano i fratelli
scolte di una notte morente.
(dall'autopresentazione)
Sono sempre più incuriosito dai poeti che hanno uno stretto rapporto
con il proprio popolo e il proprio tempo. Ungaretti diceva: “Sono
un poeta / un grido unanime” in una poesia intitolata all’Italia;
e per Roma occupata ritorna al modo dei salmi, cioè il prototipo
di poesia che sorge da un sentire comune (si sa che il salmi, attribuiti
al Re Davide, furono invece scritti da tanti autori, tanto intimamente
connaturati al popolo ebraico da ritenere non necessario firmare le loro
poesie ed attribuirle tutte al Re, che è in realtà una specie
di nome comune). Mandel’shtam andava in quella direzione. E Betocchi.
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