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L'acqua scende a valle - Stefano Cammelli

Il libro

Il digiuno aiuta il destino
di Domenico Settevendemie

Sarà un bagno rapido della fortuna
la luce alla vigilia del giorno,
scopre le fiamme per colarvi il pensiero
della foresta natale,
e sul bianco dell’alta falesia si arresta
il basso raggio tra i pericoli della notte
per timore di calpestare lordure vere,
di qui scappano cani idrofobi
per ogni uomo che viene in questo mondo
vestito a festa nella postura corretta
con la magnitudine giusta della testa,
in concorrenza, rovistando trova un braccio solo
ad indicare la fuga dallo splendore del trono,
prima di mettere piede nell’approdo perfetto
non ha più luci materiali come il sole o le lampade
né guaiti da svezzare
imbattendosi nel proprio corpo abbandonato.

 

(dall'autopresentazione)

Vorrei veder riconosciuto il diritto in capo a chi lo voglia, di poter fare ancora un tratto di strada in compagnia di chi ci ha lasciato. Potermi intrattenere con costoro, naviganti forse senza mare, in discorsi sugli argomenti innumerevoli che riempirono le nostre vacanze che furono i giorni trascorsi insieme. Rido, se penso che queste mani, riducibili allo stato di pure articolazioni tenute semplicemente alla funzione del servire, si ostinano a sparigliare in collage di parole, pensieri di cui altri individui prima di me battezzarono l’esistenza entro fortezze millenarie di senso e fede. Muoiono amici un po’ dappertutto, di alcuni ricordiamo il nome e l’assenza. È questo che, al fondo, ci fa stare veramente male. Similmente la poesia è quel vuoto fisico, che la parola acconsente di riempire di memoria psichica incoerente. Ma non demordo. I cinque scritti che pongo all’attenzione, sono una dichiarazione di guerra nei confronti di un non definibile aggressore che ha già sferrato l’attacco. Rappresentano quindi un paradosso nel metodo, di principio. Sono temporalmente superate, eppure valgono proprio per questo, per la loro originaria inadeguatezza, intempestività e non possono aspirare ad altro che ad una disciplina della forma monca, zoppicante. L’unica possibile. Vale l’esercizio della prova disperata, del volenteroso tentativo di risorgenza. La chiave della comprensione di cui l’uomo ritiene di essere in possesso, la si deve in realtà ad una falsa rappresentazione della verità, di natura patteggiata, mediata, perché raggiunta a tempo scaduto, ad eventi già scatenati e conclusi.

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