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Il
libro
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Intervista a Stefano Martello
coautore di Santi, Poeti e Comunicatori
Chi è Stefano Martello, di cosa si interessa, quali sono
state le letture che ritieni ti abbiano dato di più?
È sempre un problema autodefinirsi, preferisci sempre far parlare
quelli che ti stanno attorno: è più sicuro. Diciamo che
Stefano Martello è uno che cerca, ogni giorno, di campare scrivendo
o di scrivere campando, le due cose non sono così diverse nella
mia visione. Perché in questo modo ho avuto la possibilità
di approfondire tante cose, di incontrare tante persone valide e, più
in generale, di tenere sempre allenata la testa. La curiosità e
lo spirito di osservazione sono armi straordinarie. Riguardandomi indietro
mi accorgo di aver scritto un po’ di tutto – politica, sport,
cultura, recensioni, diritto – e se da una parte la cosa può
essere interpretata come una indecisione rispetto a degli obiettivi professionali,
io continuo a vederla come una grande vittoria personale.
Rispetto alle letture devo ammettere che sono un drogato di libri e sono
sempre poco obiettivo perché cerco di trovare elementi positivi
anche nel testo che elementi positivi non ne ha proprio. Diciamo che il
libro che mi ha più segnato è Siddharta di Hermann
Hesse che ha contribuito pesantemente soprattutto nella formazione professionale.
Trovo molto stimolante la visione del Der Suchende che cerca di vivere
intensamente la propria vita passando di esperienza in esperienza, e nel
mio piccolo cerco di applicare questa teoria alla mia vita personale e
professionale. Poi ci sono i libri del Maestro canadese Mordecai Richler
che riescono a farti ridere e piangere nello stesso momento, forti di
una ironia malinconica e nel contempo spensierata e lieve che non ho mai
trovato in nessun altro Autore.
Cosa vi ha spinto, in questi giorni di disincanto dal mondo della
politica e specialmente della comunicazione politica a scrivere un libro
come questo?
Anche prima di avere l’età per votare mi sono sempre interessato
di politica, diciamo fin dal primo anno alle superiori. Questo vuol dire
che ho passato metà della mia vita a seguire/gioire/parlare/incazzarmi/scrivere
di politica. Sempre da cittadino, sia chiaro, mai con un ruolo politico.
È altrettanto chiaro che un po’ di disincanto è legittimo,
per come sono andate le cose in questi ultimi quindici anni. Non mi sembra
che vi siano stati importanti progressi soprattutto per quanto riguarda
il modo di fare politica sempre più improntato ad elementi estetico
persuasivi piuttosto che contenutistici. Personalmente credo che l’idea
di scrivere un libro come questo – improntato su di una legge che
regola la comunicazione pubblica e politica – nasca dal fatto per
cui oggi la comunicazione "orienta" la politica e non viceversa.
Il mondo della politica – al pari dell’universo pubblico –
è divenuto schiavo di certi atteggiamenti e paradossalmente ha
smarrito quel poco di identità che ancora gli rimaneva; si preferisce
la frase a effetto che impressiona ma non vuol dire nulla rispetto alla
spiegazione che può anche annoiare ma rimane l’unico strumento
per comprendere realmente cosa succede. Anche per questo abbiamo deciso
di scrivere un libro con un linguaggio semplice e per nulla accademico
o tecnico: per farci capire da tutti, per poterci confrontare con tutti,
per farci apprezzare da tutti e per farci mandare a quel paese da tutti.
Non mi importa molto di come accoglieranno il libro, ma spero che i giudizi
– positivi o negativi che siano – possano essere consapevoli.
A chi pensi il libro possa risultare particolarmente utile e
interessante?
Innanzitutto a tutti quelli che si occupano di comunicazione pubblica
e politica, a qualsiasi titolo. Poi, penso, a tutti coloro che si vogliono
avvicinare a questa realtà non solo come lavoro, ma anche come
passione. Mi vengono in mente solo queste due tipologie, anche perché
quando scrivo penso prima a me e poi eventualmente a quelli che mi leggeranno
(se mi leggeranno). Ritengo che sia meglio così: il libro viene
sincero al massimo e la sorpresa nel constatare che qualcuno ti legge
assomiglia lievemente al nirvana.
Come valuti l’evolversi della comunicazione pubblica in
Italia?
Nel libro ho evitato di rispondere a questa domanda, cavandomela con
una battuta. Bisogna vedere come evolverà il dibattito sul sistema
pubblico. Più prenderà piede la visione del marketing pubblico
più la comunicazione diventerà un’arma fondamentale
quanto impropria perché non regalerà al Cittadino trasparenza,
efficienza ed efficacia quanto illusioni e visioni fittizie. Ci sarà
sicuramente una evoluzione positiva negli strumenti, forse anche nella
formazione degli operatori, ma personalmente credo che ci sarà
anche una disastrosa involuzione nel raggiungimento dei risultati e nella
percezione da parte della Cittadinanza. Anche perché i Cittadini
non sono stupidi e certi giochini li capiscono perfettamente. Ho parlato
recentemente con una amica che non ha mai aperto un libro di comunicazione
in vita sua in merito all’incidente che è avvenuto all’Olimpico
in occasione di una partita della Roma. Si era diffusa la voce per cui
un bambino era rimasto gravemente ferito – o addirittura ucciso,
ora non ricordo – e i tifosi erano addirittura scesi in campo per
convincere i giocatori ad uscire dal campo. Il giorno dopo sui giornali
vi erano dichiarazioni di Sindaci di altre città italiane dove
si sono verificati incidenti analoghi. Il leit motiv era che Roma ora
avrebbe avuto il primato di città più pericolosa –
calcisticamente parlando – togliendo l’ambito titolo ad altre
città. Nessuno si è preoccupato di dire che – visto
che il problema era comune – si poteva trovare una soluzione che
interessasse tutte le città colpite dal fenomeno. La mia amica
ha detto che – sia pure in piccolo – questo era il risultato
di un pensiero per cui le principali città sono in competizione
per un primato che non esiste. Perché se Roma o Milano o Napoli
o Firenze perdono credibilità, non perde solo il commerciante/ristoratore
romano/milanese/napoletano/toscano, perde anche l’idraulico umbro
o il pescatore genovese. E calcolate che la mia amica si occupa di contabilità
in una società!
Hai già in cantiere altri progetti?
No, almeno nell’immediato. Cercherò di fare una buona promozione
al libro insieme a Gennaro e Isabella. C’è solo una idea
per una storia a metà tra la fantascienza, la storia alternativa
– due generi che amo molto – e la politica, ma è veramente
solo una idea che mi ronza per la testa quando non ho niente da fare.
Ho iniziato a documentarmi un po’ per gioco, vedremo cosa ne esce
fuori…
Cosa ti affascina e cosa ti lascia perplesso del mondo letterario?
Il paradosso per cui pochi leggono – almeno a quanto dicono i dati,
le statistiche bla bla bla – a fronte di molti che scrivono o vorrebbero
scrivere. Sarà anche perché il diario, l’esperienza
vissuta sono divenuti con il tempo veri e propri generi letterari e tutti
si sentono autorizzati a scrivere in merito alle loro esperienze sulle
tazze del cesso. Per esempio conosco due tipi che hanno scritto un bestiario
sulla comunicazione pubblica e politica che è la fine del mondo.
Ecco, non è bello che certi soggetti entrino nel circuito editoriale
perché rischiano di oscurare Autori che hanno qualcosa di valido
da dire.
(Fara Editore, novembre 2004)
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