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Il libro
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William Stabile
Contrappunti e tre poesie creole
recensione di Teresa Armenti
Nell’agile e leggero florilegio, formato tascabile, è racchiuso
l’universo intero, con le sue convulsioni aritmiche, le sue miserie,
i suoi disagi, i suoi innumerevoli contrasti tra i quattro punti cardinali.
In un semplice e tenue grafo sulla copertina, è inciso il tracciato
complesso ed intenso della raccolta.
La solitaria palma è altera, magnetica ed antalgica. Invita il
viandante a sostare, dopo un lungo e faticoso viaggio nell’arido
e desolante deserto. Può ricevere protezione dalle sue larghe e
verdi foglie lucide disposte ad ombrello; appoggiandosi all’esile
e nobile fusto, può ascoltare le vibrazioni interne della pianta,
intenta a raccontare la sua antica storia sacra, che l’ha vista
donatrice di frutti, evocatrice di trionfi e di resurrezione; può
prendere appunti sul suo taccuino; leniti gli affanni, riprese le energie,
può continuare la sua “peregrinatio”.
Il viaggiatore è William Stabile, il giovane autore di Contrappunti
e tre poesie Creole, che può ben dire di attraversare le “stagioni
in pochi minuti”, di “rimboccare le coperte alla Terra”,
di “trafiggere le ventiquattro ore saltando i dodici fusi”.
William
ha lasciato le sue
certezze zebrate, si è congedato dal capitalismo, dalle convenzioni
sociali e si è lanciato alla scoperta di sé e del mondo,
lasciandosi trafiggere “da aghi di pino”, lasciandosi “bruciare
la pelle dalla salsedine”, trasformando, variando suoni e melodie
e mischiando umori.
Si è lasciato afferrare dall’amore, che “ha diviso
il sole dall’ombra”, ma ha ritagliato solo i contorni slabbrati
di un quadro; alla fine si è accorto di essere “deposito
di sale ai bordi di una pozza d’acqua marina”. Nel canale
di Corinto svaniti i ricordi, è rimasto a guardare “il canale,
la costa e il solco di mare bianco”.
Nel suo continuo peregrinare, sempre con sguardo attento e indagatore,
si è adattato alle più svariate circostanze, si è
sottoposto a duri lavori, ha fuso i linguaggi ed è diventato Creolo.
In questa sua ricerca affannosa e spasmodica, la vita gli si rivela “fulminea
nell’incontro di rari occhi amici”, l’Uomo, nonostante
i suoi programmi, è “goccia d’acqua su un filo che
scorre via”; la ribellione contro l’ingiustizia scatta in
lui in modo istintivo e violento, perché si mette sempre dalla
parte dei deboli.
In questo annaspare nel vuoto, il ricordo del nonno lo rincuora, anche
se è consapevole che andrà incontro ad altri dolori. Si
afferra a Leonardo Sinisgalli, il poeta lucano, che ha saputo ben coniugare
tecnica e poesia, e a Luis Cardosa y Aragon: i due pilastri che lo sostengono
nella lotta della vita e lo spingono a credere che risorgerà
“tra le righe del non detto”, perché la POESIA, come
diceva Ugo Foscolo nel carme dei Sepolcri, è eternatrice;
come afferma il Cardosa, “è l’unica prova concreta
dell’esistenza dell’uomo”. Il poeta è, dunque,
comandante del Tempo, interprete del Tempo, che può cavalcare,
spaziando nell’infinito.
La poesia di William
Stabile è originale, autentica, vera.
I versi partono improvvisi dal cuore e, come un razzo, raggiungono le
corde dell’animo.
Gli accostamenti di parole idiomatiche, di usanze e di città diverse
liberano il lettore dai rigidi schemi mentali e gli permettono di viaggiare
insieme al poeta, cercando la verità nei contrappunti, magari ballando
una bachata intorno alla palma, unica regina del movimento.
A William
auguro di incontrarsi, nel suo girovagare per il mondo, con Qualcuno che
lo farà dissetare a sorgenti d’acqua viva e riuscirà
a placare quell’inquietudine interna, che lo spinge ad andare in
cerca di…
(dicembre 2006)
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