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La lettura di In
cerca è stata una bellissima esperienza. Poche volte i versi
delle poesie entrano dentro in questo modo, ti fanno soffrire e star bene
nello stesso tempo. Per questo mi rammarico di non avere quella vastità
e proprietà di linguaggio atta ad esprimere ciò che sento
quando li leggo. Leggo molto, ci sono altri autori che mi piacciono ma
in loro c’è soprattutto mestiere, qui si sente che dietro
c’è un “Poeta”, c’è una bella persona.
Ringrazio Caterina che me
lo ha fatto conoscere (le sue belle poesie hanno su me lo stesso effetto)
e ringrazio Alessandro
Ramberti della dedica e lo saluto caramente
Carla De Angelis
settembre 2005
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Su In Cerca
di Domenico Settevendemie
Sono rimasto davvero colpito dal "programma" di scrittura che
caratterizza tutta l'opera, fortemente ispirata a quei valori di onestà
e di disvelamento senza reticenze, che contraddistinguono solo i lavori
laddove l'autore si faccia carico di tutto il portato di responsabilità
(voluto o non) derivante dal proprio messaggio. In effetti, mi pare tu
non ti nasconda dietro la
facile retorica di una dolorosa operazione di scavo dell'io, per dare
così forma a dei versi compiaciuti di questo "sacrificio",
ma che al contrario rigetti tale insidia costringendo la parola a darsi/farsi
sostanza entro
architetture variegate e molto differenti le une con le altre, al fine
di raggiungere quel senso di verità e pienezza delle intenzioni
(anche le più oscure) maggiormente difficili da ottenere con la
scelta di un solo registro compositivo. E perciò mi meraviglia
non tanto il fatto che Baldi, che citi e di cui ho letto la nota, abbia
contestato una certa proverbialità o reticenza (perché è
ovvio che ognuno vede con i suoi occhi) ma piuttosto
che tu, almeno mi pare di aver capito, possa averne condiviso il giudizio,
giudizio che trovo sia quanto di più lontano dal vero.
Qualcuno dei presenti al Bonci
ha contestato il tono a loro dire (riporto fedelmente) eccessivamente
deistico, scoutistico dei versi letti e contenuti in In
cerca, per la presenza di un'abbondante simbologia in tema di viaggio,
di ascensione e così via (dati che se presenti sarebbero a mio
modo di vedere comunque non centrali
per definire in tal senso la natura del verso), ma nessuno credo possa
legittimamente argomentare, nemmeno tu Alessandro, circa una presunta
mancanza di azione della tua poesia che, ripeto, vibra perché sviluppata
su molteplici corde ciascuna con una propria chiave di ispirazione prima,
di lettura poi.
In quest'ottica di riconosciuta dal sottoscritto, presenza di molteplicità
di forme espressive, mi rendo conto (non sapendo se ciò possa apparirti
riduttivo per la definizione di una corretta e completa analisi della
tua poesia) che l'interesse che ricevo dalla parte in versi del tuo scrivere
non riesce a prescindere da quella parte di tua produzione che si realizza
in prosa.
Ti ho già detto che La
simmetria imperfetta ha destato in me un interesse immediato per una
serie di motivi, dal più banale consistente in cosa ti avesse spinto
a scrivere sotto uno pseudonimo (penso a me che talvolta evoco il desiderio
di cimentarmi in tale veste, alla fine rinunciandovi – con disappunto
– perché non mi sembra di avere sufficienti valide motivazioni
per provarvi, ma è poi così necessario averne?, mi chiedo
subito dopo), alla considerazione della netta sensazione ricevuta ancora
prima di averne terminato la lettura, di essere davvero di fronte ad un
testo di autore straniero, e che quella lingua che leggevo era realmente
il risultato di un'opera di traduzione. Domanda: c'è al fondo della
ricerca lirica di In cerca
la necessità magari inconscia od indiretta di riscattare l'Alessandro
capace di fingersi così bene islandese, di simularsi così
bene altro da sé, per collocarlo in una dimensione, quella in poesia
appunto, ritenuta dall'altro Alessandro, possibile unicamente entro una
concezione assolutamente piena del concetto di vero, della propria più
intima identità al limite della confessione?
(Domenico Settevendemie,
poeta, cirtico e operatore culturale, ha pubblicato presso Manni Editore
Grazie
nel 1999 e Metti
le mani nel 2003)
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