Patrizia
Rigoni
Andature
(silloge contenuta in
3 x2)
recensione di Vincenzo
D'Alessio
La raccolta poetica di Patrizia Rigoni, mi consenta il lettore di definirla
“carme” rivolto alla natura nella sua complessità e
all’umanità nella sua naturalezza, è suddivisa in
tre movimenti poetici che si possono identificare come in una partitura
musicale: Rosaiguarana (intro), Fioriture (fast). Giù,
in un giorno di pane (slow, ad libitum).
Che la creazione risulti una imperfetta ma meravigliosa realtà
l’hanno cantato milioni di voci. L’esistenza è la meraviglia
dell’universo ce lo dimostrano i versi stupendi dell'autrice che
annota nell'introduzione a Rosaiguarana: "Quella musica
faticante del vivere che è sempre andare, ancora più sotto,
ancora più lontano, forse semplicemente indietro." (p. 192)
L'armonia che regna nei versi prende spunto da tutta la più bella
poesia del nostro Novecento – Montale, Luzi, Quasimodo, Ungaretti,
Sbarbaro, Pascoli – aiutata però dall'attualità dell'incontro
con una parola "alta" sorvegliata, dipanata dal labirinto della
forma, come nei versi che seguono:
"Mi inondo di un'altezza / di orizzonte." (p. 194)
Al lettore vorrei dire che non è il recupero della versatilità
novecentista che rende forte e sublime il crescendo nei versi della nostra
poetessa, bensì la continua richiesta dell'io umano dei nostri
giorni – con le sue violente contraddizioni sociali – della
vita che fluisce, che sgorga, che non si nega, che lotta per respirare
e far respirare la vita stessa. Ascoltiamo ancora la poesia:
"io vorrei invecchiare controvento / sola / la matita tesa al maestrale
/ (…) / un io obbediente e mesto / per tovaglie da cerimonie familiare."
(p. 203)
"io vorrei che nel bicchiere / succhiasse eternità / lo stelo
cannuccia di brio. / (…) / e io mi stringo / alla mia treccia di
nonna / truccata d'Africa" (p. 205).
I versi accordano armonie di: meditazione, morale, felicità, serenità,
dolore, onestà, tutto quanto la terra ci rivela e ci dona, tutto
quello che l'uomo del nostro nuovo secolo ha perduto e perde nel sangue
della povera gente che si sperde nel tempo ogni giorno.
Così scrive la Rigoni:
"Datemi un parto di risveglio / oltre il dondolio biblico del dolore"
(p. 206).
La poesia ritorna quella che abbiamo sempre desiderato che fosse:
"Allora la passerella incendiaria / tra ardire del vivere / e ardore
del poetare / si fa unica paesaggio possibile / spazio di ferita da inspirare
/ allora è inutile capire, si scriva / (o sì, viva)."
(p. 214)
A questo punto, caro lettore, suppongo di avere abusato troppo della
tua pazienza iniettandoti tanti versi scorporati dal "carme"
generato in uno con la solennità della natura, dell'esistenza,
della vita, dove anche le più infette ferite si purificano nel
ventre della madre terra.
Emblematico resta, come è stato per il grande genio leonardesco,
il desiderio sublime del "volo" quale fonte suprema del delirio
umano di godere della sua parte, negata, di naturalità: avere le
ali per librarsi nel cielo dell'anima e sul pianeta azzurro che è
la nostra terra.
Amo la poesia che inventa la vita!
(gennaio, 2007)
per contatti:
Vincenzo D'Alessio
via Sala 29 - frazione S. Felice
83025 Montoro Inferiore (AV)
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