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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

 

Antologia Pubblica

di Vincenzo D'Alessio

Storie di donne, i due racconti di Bottoni inclusi nell'Antologia Pubblica (con noi, terza edizione, indetto dalla casa editrice Fara, turbano il lettore per il modo costante e continuo di ripetere volutamente un frasario d'ordine, inteso a far confluire nella coscienza i resoconti con il quotidiano immaginario. La fonte psichica è forte e introduce all'origine dei drammi che sovente attraversano l'esistenza di molti esseri umani. Psicodrammi vicini alla paranoia. Vite al limite dei sensi.
Tutto: "Accade sempre così, quando si ricorda con l'anima, più che con la mente" sembra dire il protagonista del primo racconto quasi a disvelare il tema fondante della trama. Il tempo sfugge in questi semplici anfratti virtuali e le vicende si accavallano in un frangente atemporale.
Dal caso all'ordine, dall'immaginario alla fredda realtà, un salto d'immagine pericolos quasi quanto il ricordo del più famoso ritratto di "Dorian Gray".

Gli scritti di Alex Celli costituiscono vicissitudini che partono dal quotidiano e superano l'ironia; vicende croniche di un mondo decrepito, svisceratamente comico dalla parte del "deoble" che subisce. Sembra di assistere alle disavventure ironiche di un "paperino" disneyano, intento a difendersi dagli attacchi degli esseri che lo circondano, anche di quelli inanimati che sembrano avere una propria personalità.
Ironia dal fondo tragicomico. Avventure giovanili che si ripetono con forzata intensità nel mondo dei nostri giorni.
L'uso di un linguaggio "scurrile", dileggevole, al limite del parossismo è soltanto uno dei modi per raggiungere il lettore e provocarlo. C'è ben altro della vita in mezzo agli umani che fa male, non certo le parole divenute quasi usuali nei film e nei fumetti, ed anche attraverso le reti televisive, delle quali sono farciti i racconti che "tendono all'infinito" (… e oltre).

La lezione degli ermetici è alla base della poetica dell'autore Lo Prete, frammenti, schegge omogenee, intesi a formare il corpus delle composizioni. La parola assunta come "aquilone" trattenuto da un filo solido, costituito dalla ricerca linguistica, e aperto alle correnti del pensiero, quel "fare" che muove i meccanismi profondi dell'Essere e de suo divenire. Leggendo le poesie si scoprono tutti i "segni" angusti che formano la corazza difensiva del "Pettirosso" che si muove tra scene e scenari, in una terra dove anche il minimo errore corrisponde alla fine della propria vicenda poetica.
L'onomatopea dà maggiore vigore alla musicalità dei versi. Il racconto si insinua lentamente nel lettore coinvolgendolo in luoghi e personaggi talvolta noti, altre volte da scoprire: "Qualche volta medita, perdute nottate / Di rughe che conosco, risalire al fiume / Qualche volta. E più volte piangendo / Dell'Irno malato, un gabbiano che segue / lo sa e non lo sa (…); "A quei tempi Hitler non lo abbiamo mai visto / Brutto Mussolini, quando parlava faceva paura". Nella dinamica concettuale la poesia insegue e propone immagini calibrate, intense, compenetranti, nude, musicali, un concorso di ruoli che convergono nell'energia del comporre, delle scorrere nei versi, del dileguarsi tra luce ed ombre. Una realtà concepita e resa illuminante per permettere al pensiero di guadagnare "il guado" ad ogni alba.

Nella raccolta poetica della Musio c'è la voglia del cambiamento da "poetucola" a "poetessa". Un vuoto da colmare. Una fragilità interiore da rafforzare. La necessità di pedalare sopra una fantastica bicicletta con le ali. La rincorsa c'è: "un tassello al cervello da riempire."

I versi di Oselini si vestono di stupore per scoprire incessantemente il "calore" della vita. "Poeta gentile" l'autore si dispone all'ascolto di tutte le emozioni che la Natura lascia giungere al suo animo sovente "grigio" per mancanza di eternità. Il conflitto vive e si rigenera. C'è voglia e volontà d'incontrarsi con l'altra parte del mondo che sogna libera e sa volare oltre gli orizzonti piatti dell'esistere.

Leggermente fuori fuoco "per non perdere ciò che si è / in potenza": veramente grande e superbo il racconto che prende corpo dalla raccolta dei versi di Segantin, dolce e commovente, sdrucito e stropicciato, teneramente esaltante nei sentimenti che spesso l'umanità abbandona lungo la strada.
Veramente poesia del "fare", sicura nel suo comporsi come insicura è la strada dell'esistenza. In cerca "dell'anima e della volontà" per sopravvivere al freddo degli esseri umani, all'inverno del cuore.
I molti interrogativi posti in apertura delle composizioni sono la chiave migliore per i futuri raggiungimenti, per i prolegomeni della vera filosofia che tutto tende a scoprire e "vedere che non sono niente, se non / la condivisione di un sentimento". Quando questo sentimento diverrà universale Segantin avrà raggiunto la meta.

Montoro Inferiore, aprile 2005

 

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