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I giudizi dei giurati
della VI edizione del concorso Pubblica
con noi.
Recensioni e segnalazioni
Panoramica
di Narda Fattori
Carla
De Angelis su Padri della terra
Maria
Giovanna Vitale su Padri della terra
Paolo Saggese in Ottopagine
su Vincenzo D'Alessio
La
Sicilia 15-7-08 (Antonio Pecoraro su Giuseppe Acconcia)
Teresa
Armenti su Padri della terra
Armando
Santoro su Vincenzo D'Alessio
Luigi
Metropoli su Turra Zan
e su Vincenzo
D'Alessio
Michele
Luongo su Padri della terra
Narda
Fattori su Padri della terra
Guglielmin
su Turra Zan
Viadellebelledonne
(su Turra Zan)
Su
Il paradiso è un cul del sac (Michela Pezzani ne L'Arena
di Verona)
Assaggi
La
poesia e lo spirito (Francesco Accattoli)
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Sette Autori
Pubblica con noi 2007
racconti e poesie vincenti
€ 15,00 pp. 378 (Sia cosa che)
ISBN 88-95139-08-9
La raccolta Padri della terra ha vinto il Prata
Poesia 2008
Questo libro contiene le opere vincitrici della VI edizione del concorso
Pubblica con
noi. I giurati
Mary Leela Peverelli, Marco Bottoni e Stefano Martello per la sezione
Racconto; Antonella Pizzo, Angelo Leva, Massimo Pasqualone e Massimo Sannelli
per la sezione Poesia;
Alessandro Ramberti in qualità di segretario hanno così
deliberato:
Per la sezione racconto
1° Il paradiso è un cul-de-sac
di Camilla
Jagna Ugolini Mecca: “La storia: una ferita che viene
rimarginata in quello che è un primo sguardo.” (M.L.
Peverelli)
(foto Joe Oppedisano)
Camminare per le strade di Parigi è un privilegio
assoluto. Toni ne fa buon uso, senza saperlo. Così gli accade che
ai suoi passi si accompagnino memorie dense, fi siche, riconsiderate dopo
anni sulla spinta degli sguardi rinnovati di Nicole. Ma ogni ricordo riemerso
prevede uno scambio. Lui lo onora lasciandole in dono le proprie domande.
E la narrazione scova lei mentre, accolto l’invito, sa imparare
a trasformarle in uno specchio. Il racconto non è che un modo per
accompagnare il tempo in cui due esseri si trovano ad essere ancora prossimi.
Se è vero che la scrittura se la intende con l’utopia, la
visione che vorrebbe farsi avanti è quella in cui un incontro autentico
fra i generi possa realizzarsi e ne sia matrice un luogo vasto, ibrido,
che renda evidente quanto l’esistenza sia fatta di materie difformi,
che possono convivere senza elidersi. Un luogo che resta rispettosamente
sullo sfondo, maternamente vigile, a guardare cosa accade quando si prova
a dare nome e respiro alle cose. (Camilla
Jagna Ugolini Mecca)
2° La misura quotidiana delle parole di
Oreste
Bonvicini: “… una attenzione decisa per ogni
singola parola.” (S. Martello); “… appunti di viaggio
che svelano la migranza in ognuno di noi…” (M.L.
Peverelli)
La misura quotidiana delle parole, ovvero letteratura di confine.
Ma il confi ne è insito nel viaggio: non per forza di nazioni o
di continenti, bensì di terre e mari, di fiumi che dividono, di
monti che separano, di giorni che non potranno ritornare, che non si potranno
più riattraversare: il tempo. Ci illudiamo, viaggiando, di portare
con noi idee e pensieri originali. Di rieducare il nostro pensiero su
schemi nuovi, diversi, lontani e per questo sconosciuti, favoriti dal
contatto con realtà non abituali. In realtà scrivere è
di per sé esercizio che richiede il superamento
di ogni possibile confine, imposto o apparentemente invalicabile affi
nché sia valicato e valicato ancora. Ma illudendoci dell’esclusività,
che diremo della ripetitività del pensiero? (Oreste
Bonvicini)
3° Un inverno di due giorni e altri racconti
di Giuseppe
Acconcia: “Una scrittura complessa e fluida al contempo
che esplora temi sociali, riportando un quotidiano (troppo invasivo per
essere ricordato o per ragionarci sopra) ad una dimensione di disagio
e di dequalificazione della dignità…” (S. Martello)
Un inverno di due giorni e altri racconti è parte di una raccolta
di testi sul presente dove la Tecnica vince sull’uomo, migranti
e lavoratori vivono da oppressi, le cause degli eventi vengono confuse,
il movimento nello spazio disorienta, il tempo inghiotte e si acuiscono
i disturbi di relazione. Nella Roma dello 06 chi scrive incontra il disagio
dell’apolidia e la rabbia della conservazione. Raccoglie le parole
di ragazzi giunti dall’Africa a Lampedusa e li confonde con i suoi
pensieri. Individua i momenti dell’esistenza. Impara dai suoi errori
a definire il carattere dei giorni. I piccoli testi indicano pensieri
riprodotti
perché il tempo costringe chi scrive a formare nuovi intrecci ed
a capire vere necessità. La rappresentazione in immagini tormenta
la sua coscienza che vorrebbe essere libera da legami innaturali e vicina
a quella di uomini e donne primitivi. Perché Sisifo è minuscolo,
bugiardo, ma ancora vivo! (Giuseppe
Acconcia)
Per la sezione poesia
1° Il lavoro del luogo di Giovanni
Turra Zan: “… un libro su cui il respiro si può
esercitare: scritto bene, come deve essere; e realistico, ma senza impennate
troppo eroiche e crolli neocrepuscolari…” (M. Sannelli); “Una
scrittura aspra, a tratti rabbiosa, scrittura di singulti e spasimi, urgente.”
(A. Pizzo)
(foto di Alessandra Conte)
In queste poesie-sequenze, in cui scena e giudizio si fissano
e bruciano come in un fuoco rituale, si consuma una memoria che fi nalmente
ha trovato la sua lingua e che si muove a partire da un gorgo/giogo fortemente
emotivo, un’incandescenza che volutamente si stempera in superficie,
sino a fissarsi in una bellezza tutta orizzontale. Ne esce una poesia
la cui crosta splende di cristalli e concrezioni levigate pur mostrando,
nel suo interno e in trasparenza, il magma mobilissimo di un dolore immedicabile.
Tra i cristalli e il magma vige tuttavia un mutuo soccorso, una reciprocità
salutare, che li tiene nell’aperto del “luogo”, che
qui ha preso le sembianze della festa pagana, di quel “macello”
umano dove eros a morte s’accompagna e il cui lavorio sotterraneo
si fa garante dell’ispirazione autentica. (Stefano
Guglielmin)
2° Padri della terra di Vincenzo
D’Alessio: “Un omaggio al Sud e agli uomini che
lo abitano” (A. Pizzo); “… chi ha scritto Padri
della terra ha in cuore (e nelle mani)
soprattutto un «pensiero meridionale».” (M.
Sannelli)
L’Italia – terra di piccole patrie – ha anche le
sue piccole
retoriche (paesaggi veri e in pericolo, che stimolano le parole troppo
vere): le nebbie padane e il sole a Sud, i ciottoli liguri e le acque
adriatiche, i pastori abruzzesi, ecc. Ma Vincenzo pensa un vero «pensiero
meridionale». Averlo vissuto non gli basta, perché la vita
eccede la pazienza, da troppo tempo. (…) (Massimo
Sannelli)
3' classificati ex aequo
– Un tramonto sommario di Francesco
Accattoli: “… una estroiettazione catartica che
attraversa le liriche, materializzando sulla pagina luoghi e tempi dell’anima”
(M. Pasqualone)
È uno tiro mancino dell’ironia quello di autoprensentarsi,
un gioco sottile che mai deve abbandonarsi all’autocelebrazione,
né tantomeno somministrare le soluzioni finali, le chiavi, per
così dire, per aprire, senza scasso, i significati o, meglio ancora,
le ragioni di ogni singola poesia. Pochi accenni quindi, il più
possibile fuorvianti, mio caro lettore, ma in maniera goliardica, s’intende:
un capire dubbioso, un vagare nebbioso, un fallace ci sono! Eppure, lo
confesso, ho spesso sognato che qualcuno, in verità uno del mestiere,
mi chiedesse della mia poesia, dei suoi ambienti, senza star sempre dietro
a rime, versi, computo di consonanti e di apostrofi . È un’occasione
rara, un dono che non posso e non voglio rifiutare. Qualche anno fa usciva
un libello, intitolato Come acqua che riposa…, tessuto
con trame post-adolescenziali e spiccata venerazione per l’io poetante,
edonistico e risoluto nei pensieri, quasi categorico. A quelle rifl essioni,
poi, ne sono sopraggiunte altre più nitide e coinvolte, sono arrivati
i viaggi, i volti, il mondo fuori, il lavoro, le parole dette con altre
lingue.(…) (Francesco
Accattoli)
– Schegge di fuoco di Rita Giurastante:
“… la poesia settaria di chi esprime una passione.”
(A. Leva)
Scrivo quando i sentimenti sono più forti, quando un particolare
mi colpisce, una situazione si impadronisce del mio cuore e mi costringe
a viverla come se fossi presente. E talvolta, quando il dolore brucia,
l’unico lenimento è dargli voce con la poesia. In questa
silloge, gli argomenti spaziano dalle emozioni vissute in montagna, che
sono la maggioranza, o davanti all’immensità del mare. Talvolta
invece il cuore si sofferma davanti alla foto di un bimbo in un paese
in guerra, o al miracolo della natura, con le strategie necessarie alla
sopravvivenza, oppure si lascia andare ad un canto di gioia o al pensiero
della morte. Pennellate senza pretese, con l’unico dato in comune:
essere traboccate dalla pienezza del cuore. (Rita
Giurastante)
Il libro contiene anche una gustosa autoironica postfazione sul “mestiere”
di giurato scritta da Stefano
Martello.
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