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Destini sospesi di volti in cammino - a cura di A. Ramberti e R. Sangiorgi

Scheda:

A. Ramberti-R. Sangiorgi
(a cura di)
Destini sospesi
di volti in cammino

da "Destinazione sconosciuta"
di Natalia Soloviova (Russia)

Mi sorride con la bocca sdentata di un bambino neonato. Il sorriso e' contagioso e semplice come possono avere solamente i bambini molto piccoli. Siamo seduti sul suo letto pieghevole da ospedale che e' diventato la sua casa; qui lei dorme, mangia e fa i suoi bisogni. Tengo nelle mie mani la mani di mia madre, ha la pelle
morbida di sempre anche se le braccia assomigliano a due secchi rametti.

Abbiamo appena fatto la nostra passeggiata, e' contenta e pronta a coricarsi sul lato sinistro, quello che le fa
meno male. Le passeggiate, quando lei si sente di farle, le facciamo sulla sedia a rotelle lungo il corridoio fino alla sala da pranzo. Le passeggiate sono sempre una grande festa, sono rare e le gode fino in fondo: dalla grande finestra del balcone della sala da pranzo c'e' una bella vista sul parco verde di una antica villa di fronte.

La faccia di mia madre si illumina quando vede i grandi alberi del parco spiccare nel cielo che da una volta
all'altra e' sempre diverso, come dice lei. Li' puo' guardare a lungo. Chi sa quali ricordi le passano per la mente, sembra che beva con gli occhi il paesaggio fino a quando la sua schiena comincia ad inclinarsi e chiede di essere portata ''a casa'', come dice lei, cioe' a letto. La portai qui due anni fa dopo aver saputo al telefono la diagnosi nefasta che spiegava i suoi ultimi forti dolori alla schiena: tumore delle ossa in stato avanzato. Il mondo crollo' ed io insieme ad esso.

La disperazione era talmente acuta che non riuscivo a distinguere chi aveva il tumore: mia madre o io. Ogni cognizione del tempo era persa, pensavo solamente di far in tempo a vederla ancora. Dall'altro lato, molto stranamente, qualche filo cosciente mi legava alla realta'
ed ero pienamente decisa di portarla in Italia: costi
quello che costi. Volai a Mosca in uno stato febbrile sopraffatta dal dolore. La mia amica e suo marito vennero a prendermi all'aeroporto di Sheremetievo. Era
la fine d'ottobre, gli ultimi giorni di un autunno nordico insolitamente soleggiato. Azzurro ed alto il cielo di Sheremetievo sembrava festeggiare una gesta a me sconosciuta e alla quale mi sentivo completamente estranea. Con la piccola automobile della mia amica attraversammo tutta Mosca.

L'incontro con gli amici e la conversazione in macchina erano tranquilli e pacati. Loro rispettavano il mio sgomento interiore ed io ero grata a loro per questa apparente serenita'.

- Siamo passati anche noi attraverso questo strazio - disse la mia amica riferendosi alla morte della suocera.
- Non sprecare forza, denaro ed energia inutilmente, non peregrinare dai medici ed ospedali, stai con lei fino alla fine e basta - disse il marito della mia amica.
Compresi ancora piu' profondamente che non c'era
alcuna speranza. Arrivammo a casa di mia madre. Il
viale era il solito, solo i pioppi erano diventati piu' alti e piu' larghi, la stessa entrata un po' buia, lo stesso ascensore, forse piu' malandato di prima. Tutto era lo stesso al di fuori di mia madre. Le era successo qualcosa di grande, un cambiamento tremendo, radicale: stava
per morire.

Si dice che si muore ogni giorno, cominciando dalla nascita. E l'unico modo di scapparci dalla morte e' di non pensare, tanto non cambia niente. E adesso la morte si era avvicinata all'improvviso, si era messa al centro della
nostra vita. Al dolore e disperazione che provavo per mia madre, si aggiungeva una immensa pieta' che lacerava il cuore. Sembrava che il mondo attorno a noi non fosse cambiato neanche di una virgola, anzi era diventato piu' robusto come quegli alberi.

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