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Renato Serra - Il senso del silenzio

Scheda:

Renato Serra
Il senso del silenzio

Riflessioni di Renato Serra

Che cosa e' che cambiera' su questa terra stanca, dopo che avra' bevuto il sangue di tanta strage: quando i
morti e i feriti, i torturati e gli abbandonati dormiranno insieme sotto le zolle, e l'erba sopra sara' tenera lucida nuova, piena di silenzio e di lusso al sole della primavera che e' sempre la stessa?

Io non faccio il profeta. Guardo le cose come sono. Guardo questa terra che porta il colore disseccato dell'inverno. Il silenzio fuma in un vapore violetto dagli avanzi del mondo dimenticato al freddo degli spazi. Le nuvole dormono senza moto sopra le creste dei monti accavallati e ristretti; e sotto il cielo vuoto si sente solo
la stanchezza delle vecchie strade bianche e consumate giacere in mezzo alla pianura fosca.

Non vedo le tracce degli uomini. Le case sono piccole e disperse come macerie; un verde opaco e muto ha uguagliato i solchi e i sentieri nella monotonia del campo: e non c'e' ne' voce ne' suono se non di caligine che cresce e di cielo che s'abbassa; le lente onde di bruma sono spente in cenere fredda.

E la vita continua, attaccata a queste macerie, incisa in questi solchi, appiattita fra queste rughe, indistruttibile. Non si vedono gli uomini e non si sente il loro formicolare: sono piccoli perduti nello squallore della terra: e' tanto tempo che ci sono, che oramai sono tutt'una cosa con la terra. I secoli si sono succeduti ai secoli; e sempre questi branchi di uomini sono rimasti nelle stesse valli, fra gli stessi monti: ognuno al suo posto, con una agitazione e un rimescolio interminabile che si e' fermato sempre agli stessi confini. Popoli razze nazioni da quasi duemila anni sono accampate fra le pieghe di questa crosta indurita: flussi e riflussi, sovrapposizioni e allagamenti improvvisi hanno a volta a volta sommerso i limiti, spazzate le plaghe, sconvolto, distrutto, cambiato. Ma cosi' poco, cosi' brevemente. Le orme dei movimenti e dei passaggi si sono logorate nel confuso calpestio delle strade; e intorno, nei campi, nei solchi, fra i sassi, la vita ha continuato uguale; e' ripullulata dalle semenze nascoste, con la stessa forma, con lo stesso suono di linguaggi e con gli stessi oscuri vincoli, che fanno di tanti piccoli esseri divisi, dentro un cerchio indefinibile e preciso, una cosa sola; la razza,
che rinnova attraverso cento generazioni diverse la forma dei crani che giacciono ignoti sotto gli strati del terreno millenario, e l'accento, e la legge non scritta.

Che cos'e' una guerra in mezzo a queste creature innumerevoli e tenaci, che seguitano a scavare ognuna il suo solco, a pestare il suo sentiero, a far dei figli sulla zolla che copre i morti; interrotti, ricominciano: scacciati, ritornano?

La guerra e' passata, devastando e sgominando; e milioni di uomini non se ne sono accorti. Son caduti, fuggiti gli individui; ma la vita e' rimasta, irriducibile nella sua animalita' istintiva e primordiale, per cui la vicenda del sole e delle stagioni ha piu' importanza alla fine che tutte le guerre, romori fugaci, percosse sorde che si confondono con tutto il resto del travaglio e del dolore fatale nel vivere.

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