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Il libro
Intervista di G. Artusi in Libri
Nuovi
Delegato
internazionale
per la Croazia
Tutti
gli uomini sono fratelli
Antologia
virtuale della poesia
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Intervista a Drazan Gunjaca
autore della Roulette Balcanica
Cosa ti ha spinto e ti spinge a scrivere?
La cosa più semplice sarebbe dire che scrivere mi piace. Ma come
succede per tutte le altre cose della vita, la risposta è molto
più complessa. Infatti, una ventina d'anni fa, ho scritto il mio
primo romanzo A metà strada dal paradiso, e poi la vita
ha preso un altro corso. Ero prima un ufficiale, poi un avvocato, e lo
scrivere si è semplicemente "perso" nel lavoro di ogni
giorno dove le cose da fare sono sempre troppe e uno non riesce mai a
selezionarle ma vi diventa schiavo, finché qualche dramma nella
vita non ci costringe a fare delle scelte. Nel mio caso questo dramma
è stata la guerra che ha devastato questi territori negli anni
Novanta segnando profondamente la mia e le vite di molte altre persone.
Come tutte le guerre, anche questa ha lasciato molte domande senza risposta
e moltissimi dilemmi, ed io semplicemente dovevo scrivere qualcosa, liberare
quello che questa guerra mi ha lasciato dentro. Così ho ricominciato
a scrivere.
Il mondo è governato da clichè. Specialmente quando si tratta
dei Balcani e dei popoli che ci vivono e dei loro rapporti. Nessuno ha
voglia né tempo di entrare nel vivo dei problemi degli altri, specialmente
se questi problemi si trovano lontano dalla propria casa. Sono infatti
questi approcci unilaterali e in definitiva completamente sbagliati a
questa gente e ai suoi problemi a formare buona parte della responsabilità
per le proporzioni di questa guerra (anche se la più grande responsabilità
ce l'hanno sempre i diretti protagonisti). Io ho vissuto tutta una vita
con gente di tutte le etnie dei Balcani e non potevo non dire quello che
ho detto, mostrare quest'altra faccia, di solito ben nascosta, dei nostri
rapporti. Dovevo dire che qui vivevano e vivono anche altri uomini, quelli
che non volevano la guerra e che non erano, per questo, meno Croati, meno
Serbi o altro, anzi... Prima o poi arriva il momento in cui un uomo deve
dire delle cose per poter rimanere uomo.
A quali autori ti senti particolarmente vicino?
La mia inclinazione per un certo tipo di letteratura è data in
buona parte dalle mie origini. Sono nato ed ho vissuto nei Balcani dove
i miti e la realtà sono spesso talmente intrecciati che non è
possibile distinguerli. Dovete sapere che questo è uno dei rari
territori sul nostro pianeta in cui nessuna generazione ha vissuto senza
qualche guerra. E ognuno ha le proprie storie, le proprie verità,
le proprie battaglie che vengono tramandate da generazione in generazione.
È naturale che in un tale ambiente uno sviluppi una certa sensibilità
per storie ed autori che descrivono proprio queste tragedie umane e popolari,
a partire dai tragediografi greci fino a Remarque e i suoi Tre camerati.
Un'inclinazione per questo tipo di letteratura è rimasta anche
più tardi. Anche oggi è molto bello ed anche istruttivo
leggere autori come Remarque, Leon Uris, Irwin Shaw, J. Heller e altri.
Naturalmente, leggo con grande piacere anche un Hesse o altri, ma rimango
sempre più vicino ai primi.
Qual è la situazione della letteratura nei Balcani e che ruolo
possono svolgere gli scrittori nella attuale situazione politica?
Sarebbe belissimo poter rispondere qualcosa di bello a questa domanda.
Qualcosa di positivo. Sfortunatamente, per dirla in poche parole, nei
Balcani non puoi vivere di letteratura neanche se fossi un triplo premio
Nobel. Specialmente se Dio non ti ha dato una certa ispirazione nazionalista
e tu fossi più incline al multiculturalismo e alla tolleranza.
La più grande disgrazia dei popoli balcanici sta nel fatto che
la guerra e la devastante economia del dopoguerra hanno eliminato la cosidetta
classe media, la classe degli intellettuali che, per logica di cose, sono
quelli che leggono di più. In un paese (paesi) dove qualsiasi prezzo
di un libro è troppo alto, dove i professori in pensione hanno
difficoltà a pagare la quota mensile nella biblioteca civica (e
sono ben lontani dal poter comperare libri), difficilmente si può
parlare dell'influenza della letteratura sull'attualità. L'opinione
pubblica viene plasmata dai media su misura di chi al momento si trova
al potere; se di opinione pubblica, in senso occidentale, si può
parlare. Si tratta più di una massa manipolata che ha in gran parte
capito quello che è successo, ma che nel frattempo si è
impoverita ed è diventata disinteressata e apatica (e lo sappiamo
tutti che l'apatia è la cosa peggiore per qualsiasi nazione). Eppure,
se nessuno dice niente, non riesco neanche a immaginare le proporzioni
di questo silenzio terrificante che cerca di prendere il sopravvento su
questi territori.
Hai in mente un lettore tipo quando scrivi?
No. Penso che nei miei libri (specialmente nei romanzi) chiunque possa
trovare una parte di sé e del mondo che lo circonda, anche se non
è di questi parti. Si tratta di questioni universali, di multiculturalismo,
nazionalismo, (in)tolleranza; questioni che in questo momento preoccupano
molte persone sul nostro pianeta. I Balcani sono soltanto un piccolo mosaico
della stessa storia a livello globale. So solo che mi trovano sicuramente
inaccettabile tutti quelli che alla sola parola tolleranza si mettono
a cercare armi dimenticate in qualche guerra passata.
D'altra parte, rimango stupefatto ogni volta che mi ricordo del periodo
prima della guerra e dei miei pensieri su una possibile guerra nei Balcani.
Né io né gli altri intorno a me potevamo ipoteticamente
accettare una tale possibilità. Eppure è successo. All'improvviso.
Con incredibile facilità. La guerra è semplicemente scoppiata.
Come se fosse stata lì pronta da anni, aspettando che qualcuno
accenda il fuoco. E nessuno di noi era cosciente di questa fiammella che
bruciava di nascosto. Per questo scrivo. Al giorno d'oggi non c'è
un solo paese al mondo dove non ci sia una simile fiammella, la questione
è solo quanto la fiammella è forte e se è stata riconosciuta.
Questa è la cosa più terrificante che ho capito in questa
guerra e che oggi mi porto dentro. La coscienza del fatto che la pace
non è cosa garantita in nessuna parte del mondo se non facciamo
sforzi per mantenerla ogni giorno. Non è sicuramente garantita
nei Balcani dove la pace è solo un momento di pausa fino ad una
nuova guerra. E i guerrieri non lasciano l'arena, sono lì ancora
oggi, spettando che qualcuno dia il via.
Come definiresti il tuo stile?
Io scrivo di avvenimenti reali (naturalmente, tenendo conto della "licenza
poetica"), per cui la lingua e lo stile che uso devono riflettere
questa realtà così com'era veramente (come la vedevo io).
Per questa ragione lo stile è quello che è, a mezza strada
tra il naturalismo ed il realismo. Potrei usare di più una lingua
diversa, più poetica per esempio, ma penso che sarebbe in contrasto
con la realtà del mondo che descrivo. Ed è questo che ho
cercato di evitare. Fare un'opera sterile che sarebbe piaciuta a due critici
e che ne facciamo dei lettori? Per come stanno le cose qui, il
fatto che le cose che ho scritto vengono lette da moltissime persone in
tutti gli stati dell'ex Jugoslavia dimostra che ho scelto l'approccio
giusto. È un dato di fatto che Banja Luka (nella Republika Srpska
in Bosnia ed Erzegovina) ha pubblicato solo il mio romanzo I congedi
balcanici fra tutte le opere di scrittori Croati.
Nel mio stile prevale il dialogo fatto di ironia e grottesco (anche nei
romanzi), perché sento questo stile scome il più vicino.
Ma come si fa a scrivere oggi quando i giovani traggono tutto quello che
sanno su grandi opere letterarie dalle videoteche, a patto che ci siano
dei film fatti sui classici?
Cosa vorresti dire ai tuoi lettori in Italia?
Proprio quello che ho detto poco fa. Per quanto possa sembrare incredibile,
in ogni paese brucia la fiammella di un possibile scontro. Dopo aver letto
le mie opere, cerchino di capire che può accadere anche a loro,
per cui devono fare tutto il possibile perché non succeda. Non
devono ignorare o minimalizzare i movimenti nazionalisti, perché
i loro leader non lo faranno di certo se un giorno andranno al potere.
Ancora un "piccolo dettaglio". Più il paese e il potere
sono grandi, più grande è la responsabilità, e più
grande e devastante sarebbe una guerra se ci si arriva. I Balcani in un
modo o nell'altro si sono placati (per il momento), senza che il conflitto
si estendesse oltre i confini, ma ognuno di noi ripensi solo al passato
recente e a tutte le vittime che ci sono volute a porre fine ad alcuni
dittatori. Pensate che dittatori del genere oggi non ci siano più?
Ci sono dappertutto, ma vengono riconosciuti solo dopo un certo numero
di persone morte, ferite, rifugiate o altrimenti distrutte.
(Fara Editore, febbraio 2003)
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