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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

Dello stesso autore
La simmetria imperfetta

Altra Critica di Anna Maria Tamburini

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di Anna Maria Tamburini

Almeno due gli aspetti che immediatamente colpiscono nel libro: la scelta dell’ 'apparente' tono minore nell’enunciazione della quête, non del solo titolo; e la responsabilità della parola, usata con assoluta parsimonia, se non con reticenza.
Eppure, sottostante, una sapienza linguistica si coglie in tutto il suo spessore. Il lavoro di scrematura e lima è stato esigente; a volte sembrano condivisibili le perplessità di Martino Baldi quando invita l’autore alla misura più distesa: e infatti se il verso della medaglia è positivo perché al lettore si distillano le acquisizioni migliori del proprio percorso, il retro di necessità scopre una valenza gnomica, più ardua da sostenere quando ci si prefigge di restare in cammino o in cerca. Ma in questa babele di versi stampati a profusione, quale è oggi la realtà di gran parte del mondo della poesia, è persino encomiabile la sobrietà, persino doverosa; d’altra parte, più che gnomica in questo caso la forma essenziale sembrerebbe un allenamento alla sola parola necessaria, come ogni atto e ogni rito nello zen: nel descrivere, di un trekking, i modi e le tappe, la misura breve diventa come il tiro con l’arco, come la freccia che scocca e colpisce in un attimo, lungo pure quanto l’eternità nella perfezione del gesto che in punto concentra spazio e tempo.
Così, icastica deve essere la parola, cui non manca per altro l’arguzia del doppio senso: Salici – al tempo spesso sostantivo e verbo – vale tanto per il nome dell’albero quanto per le pendici del monte: Come si chiamano gli alberi / del colore delle foglie di ulivo (…)? (…) sul bel profilo (…) del Sasso Simone. // “Salici”, mi han detto (in “Alto Montefeltro”, p. 46). All’arco è fatto ricorso non a caso subito nel testo seguente, “Bersaglio incerto,” e poco oltre, in “Appunti”: Vorrei abbracciarti come San Bernardo / in quest’arco di tempo così teso / in cerca del bersaglio (p. 54) – in senso metaforico, appunto. Ma è un vezzo antico questo del doppio senso, che si deve non semplicemente alla natura della poesia, bensì all’autore stesso: nelLa Simmetria imperfetta che Alessandro Ramberti ha pubblicato nel 1996 con lo pseudonimo di Johan Thor Johansson, l’ultima nota al testo, settima nell’ordine, viene giocata come nota musicale; e non è scherzo nell’economia cifrata dei racconti (di vita come viaggio: scalate esplorazioni permanenze visite).
Se il libro trova una propria coesione attorno al titolo, per cui sento puntuali le considerazioni di Adeodato Piazza Nicolai, che si sintonizzano con le riflessioni autoriali stesse, a me non dispiace pensare che l’autoctono in cerca, ferme restando le forme più illustri ampiamente rievocate, echeggia modi più semplici, più popolari – “Come va la cerca?” chiede Agnese a frà Galdino – perché l’altrove, cui tutti si aspira, è nutrimento come il pane (o come le noci che Lucia dona generosamente al questuante perché faccia ritorno presto al convento e non dimentichi per strada il messaggio consegnatogli: a ognuno la sua questua). Per la gente semplice era 'la cerca', la questua; non un’opera eroica bensì umilissima.
E ferme restando tutte le precedenti considerazioni linguistiche, autoriali e ad opera dei recensori, in questa itineranza non sembra fuori luogo sottolineare quegli aspetti più personali che attestano nell’autore un impegno di vita come può essere l’adesione a un progetto educativo nell’associazionismo di base, cui non è affatto estranea questa metafora della strada (nella nota introduttiva l’autore ringrazia “i fratelli e le sorelle scout incontrati lungo la strada”), nella consapevolezza, beninteso, che non si tratta di un fine ma di un mezzo: può sempre venire nella vita il momento in cui si pensi che È giunta l’ora di tumulare / le nostre associazioni: / c’è solo una Presenza / che ci salva (p. 54). Quanto della vita viene escluso da questa esperienza poetica? O, quanto questa esperienza poetica non deve alle vicende esistenziali?
In cerca non è meno dignitoso di quest o di quête perché il nostro cercare, che l’inquietudine – e dentro a questa radice semantica della ricerca siamo ontologicamente fondati – spinge alla volta di spazi più ampi, ed esotici, certamente per la natura essenziale dei nostri più veri bisogni potrebbe ugualmente compiersi in una cella claustrale e resteremmo in cerca in modo ugualmente adeguato. Segnali imperfetti dal fondo dell’anima, una nebbia impronunciabile /costellata di alfabeti fuoricorso… un assenso li conforma /senza orecchi che lo sappiano / capire (p. 29). Quand’anche ci fosse donato l’attimo dell’illuminazione, non appartiene a questo mondo la conquista stabile di una gioia pure pregustata; e resteremmo in cerca. Ma per questa strada nulla si spreca, nell’attenzione (in senso weiliano, direi) I luoghi visitati mi hanno inciso / fino a farne la mia topografia (p. 54).
L’organizzazione testuale dei componimenti all’interno della raccolta aggrega nuclei narrativi coerenti riferiti ad un’esperienza di fede che, contemplando momenti di spessore anche simbolico della storia della salvezza, insieme all’autore coinvolge i lettori perché le tappe del percorso, queste luci di paesaggi dalle latitudini più svariate, nella condivisione di orizzonti culturali che vengono ad identificarsi con la vita stessa, rappresentano momenti comuni ad ogni esperienza spirituale; e la storia esemplare dei nomi biblici entra nella nostra storia umana, individuale e dell’intero genere.
Così si annodano “Sotto il sole” (Le ombra ci stanno attaccate (…) vorremmo una forte corrente – p. 31) ad “Alveolo” (rimuginiamo sempre su quello / a cui pensiamo…/ vorremmo decantarlo – p. 32) a “Samuele” (Non solo te ho chiamato, / io chiamo molti / ma il suono del mio spirito / ricerca orecchi attenti – e si noti il riferimento al nome, al tempo stesso etimologico e di simbolo: il tuo nome [p. 33]; così in “Israele” – p. 53) a “Hinnenì” (Il divino è prossimo ma / non so riconoscerlo… ho ancora/ timore di perdermi: eccomi! – p. 34) a “Lo squarcio” (Con che occhi guardare / il torturatore, / il male diabolico e ottuso /(…) La croce si alza sul monte / superbo, l’agnello si sgozza / e il suo sangue anticipa / la nostra scomparsa, / la nostra salvezza. – p. 35). E allo stesso modo costruisce un discorso coerente la sequenza “Gabriele”, “Le tue parole affondino”, “Rivelazione”.
Altre volte, la successione dei componimenti segue un criterio puramente analogico: l’ultimo verso di “Piramidi casuali”, muri dilapidati, induce l’immagine del testo seguente, “Sassi”: Le pietre adatte alla lapidazione / sono la nostra gravità (p. 81). La meditazione del testo biblico è tanto più profonda quanto più apparentemente lieve è l’accenno (rivendichiamo il nostro merito e un premio: / ma il ricino è un dono nel tempo donato – p. 82).
Le trasfigurazioni sono possibili anche semplicemente, a volte: Sediamoci, ascoltiamo il lato interno / del corpo, contempliamolo così, / senza fretta, attenti alle sue risposte: / è lì, proprio lì dentro il vero germe / della nostra esistenza che desidera / vedere il suo Signore faccia a faccia, in “Tabor” (p. 42): ogni passaggio centellina le parole con una limpidità in apparenza semplicissima – così, / senza fretta – eppure sapiente perché di capitale importanza per il nostro tempo. L’ultimo componimento argutamente in explicit reca un titolo incipitario e giovanneo, “In Principio sembrava inspiegabile”: Ed in questo momento provare / non ci sono altri modi sussulti / tattili (…) così accumuliamo / le conoscenze se non le virtù / dizionari che a fatica riscaldano le ossa…/ piuttosto amare / questioni sospendere / al confine aporetico / del Campo presente.
A questo punto si avverte apertamente che il libro accoglie testi scritti in tempi diversi, anche distanti tra loro: sul piano delle scelte stilistiche, in rapporto all’incipit, l’explicit della raccolta appartiene ad una fase più recente di scrittura sebbene recuperi passaggi importanti di precedenti tappe. Attinge, invero, ad un testo poetico già incluso nelLa Simmetria imperfetta: “Ancora sommersa, sopra l’onde” deve rappresentare una fase letteraria importante se anche gli ultimi versi rifluiscono all’interno di In cerca (a chiusura di un altro componimento, “Guscio”: e intanto invecchia il nostro mallo/ pur continuando a pensarci in nuce – p. 57). L’autore resta fedele a se stesso in una coerenza ermeneutica per la quale la memoria stessa, lontano da ogni sentimentale sbavatura, aderisce a percorsi nuovi / segue il ritmo della storia (…) mentre fuori accadono altre cose / e scorre un altro adesso (p. 19).
Appartiene alla metafora della strada il tema dell’orma, traccia, impronta…; e ritorna: ho lasciato poche tracce del passaggio in “Alea” (p. 13); resterà solo il sentiero / di chi mi ha accompagnato in “Simbolo” (p. 30); Quando il futuro è gravido / vorremmo una forte corrente / che ci trasportasse via / smacchiando il nostro zaino di vita / dai soliti errori, rendendolo / fulgente per qualche bel gesto (p. 31); il “Privilegio della scelta”, a se stesso: Potrai lasciare orme / scegliendo la libertà / che zavorra con dolcezza (p. 39); “Relazioni”: Riconoscersi significa scoprirsi / comporre i passi in un cammino / che lascerà magari tracce / ma per altri (p. 55). Ma come in senso ecologico, più è lieve la nostra impronta nel presente e più significativo sarà lo spazio di vita che resta alle generazioni a venire, così in senso spirituale, se ci sono momenti – in "Agenda" – che spostano date (p. 49), e di solito si devono ad incontri, questi momenti sperimentano l’ 'insostenibile leggerezza dell’essere', che zavorra con dolcezza (ancora di memoria evangelica), come la libertà.
Ma la macchia di un cumulo bianco / attraversa l’azzurro in sordina rimanda sembianze poetiche realiane: per i “cumuli bianchi”, per l’ “ironia sorniona delle cose” e degli astri (in Agostino Venanzio Reali) e più ancora per la sintonia nella percezione della realtà fenomenica come Proiezione celeste (p. 44).
L’ "Indice dell’autore" (il titolo si accorda innegabilmente agli inventari o cataloghi di questa fase della poesia; e d’altra parte lo stesso In cerca si attesta in un clima culturale che scopre analogie ad esempio con un libro, pur diversissimo, come In vano) trova concorde chi legge perché il nostro non sembra più il tempo dei grandi poeti, o dei vati; nel nostro tempo storicamente tragico e carico di angosce cos’è il poeta se non suoni dai rimandi variegati, / speranze rammendate, / stati d’animo cullati dagli eventi (…) profeta misterioso / nascosto tra i cipressi / della ragione / in attesa di un’illuminazione / semplice come il bianco / che circonda queste lettere (p. 62)?

 

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