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GUERRA ANCHE DOPO LA GUERRA
Drazan Gunjaca
È estate, il caldo è soffocante ed il mare vicino –
la soluzione sembra ovvia. Basterebbero pochi passi per immergere lo spirito
stanco, in un corpo ancora più esausto, tra le onde fresche; in
qualcosa che la maggior parte del mondo civilizzato chiama vacanza. Ma
non è tanto semplice. Bisogna saper riposare.
Ricordo vagamente com'era prima dell'ultima guerra durata cinque anni
che rombando ha attraversato questi luoghi ai quali sono stato condannato
da Dio e dal mio incomprensibile amore verso questa terra. Ricordo i tempi
in cui per questi luoghi camminava l'uomo. E poi è arrivata la
guerra. All'improvviso, intollerabilmente arrogante come qualsiasi ospite
indesiderato che non accetta di venir respinto. Anzi. E poi da un giorno
all'altro sono sparite delle persone con le quali usavo divertirmi, poi
ne sono venute delle altre il cui modo di divertirsi non riuscivo proprio
a capirlo, per quanto mi sforzassi. Per non sentirmi isolato, ho chiesto
gentilmene ai nuovi venuti di spiegarmi le ragioni della loro allegria
al che loro, con mia grande sorpresa, sono rimasti di stucco. Uno dovrebbe
pur sapere perché è allegro, no? Dopo un po' di tempo alcuni
di loro sono diventati per me un altro io, e gli altri hanno iniziato
ad evitarmi.
Avete mai visto come riposano i guerrieri? In nessun modo. Quando non
sparano, bevono per dimenticare a chi e perché hanno sparato. Nel
primo anno di guerra è sembrata anche a me la migliore soluzione
– ma la mia guerra non è terminata in tempo. Come nessuna
guerra finisce mai in tempo, indipendentemente da quanto è durata.
Dopo alcune sbornie terrificanti, ho capito che tutto questo non aveva
niente a che fare con il riposo.
Dicono che tutte le guerre devono finire prima o poi. Ne siete sicuri?
Se è così, perché i guerrieri continuano a "riposarsi"
allo stesso modo anche dopo la guerra?
Lasciamo perdere i guerrieri nel loro mondo che non capiscono nemmeno
loro stessi, e che tanto meno possono capire gli altri. I guerrieri non
potranno mai capire perché col passare del tempo da eroi sono diventati
dei lebbrosi moderni dai quali tutti scappano, mentre tutti quelli che
scappano non capiranno mai perché fino a poco tempo prima pensavano
che quei lebbrosi fossero degli eroi.
È così difficile essere un piccolo uomo comune in guerra,
dovunque essa ti sorprenda. La storia si interessa solo di quelli che
ritiene di levatura adeguata. Non degli uomini comuni.
Forse si riuscirebbe in qualche modo a trovare un equilibrio e a raggiungere
un livello sopportabile di coesistenza se non ci fossero i terzi; quelli
che avevano bisogno di questa guerra finché è durata, ma
che ne hanno bisogno ancora di più ora che è "finita".
Le iene della guerra. Non capiscono né i guerrieri né i
sofferenti, e tanto meno hanno il bisogno di capire. Hanno bisogno della
guerra come il meccanico ha bisogno della macchina guasta – per
guadagnarsi da vivere. Se non ci sono macchine guaste, tanto peggio per
loro. Si deve pur vivere di qualcosa. Ed è per questo che sono
loro ad avere più successo nelle loro "missioni". In
ogni senso. Per questo la guerra non può finire finché loro
si trovano in scena, dove si sentono perfetti, dove con insopportabile
facilità trasformano nuovamente in guerriero qualche poveraccio
perso, mentre dei sofferenti impauriti fanno degli struzzi che per troppa
paura sotto la sabbia non mettono solo la testa ma ci finiscono interi.
Per non far inciampare per caso qualcuno di loro.
Cosa succederà se nonostante tutto alzi la testa e loro ti notano?
Forse non spareranno perché la guerra è formalmente finita.
Ma useranno tutta la loro forza per spingerti a tornare indietro, nella
sabbia rovente, inzuppata di sangue e di lacrime. Con gli occhi aperti.
Per non dimenticare più la lezione. Se poi riesci a rimanere in
superficie, saranno gli altri a non vederti. Loro non glielo permetteranno.
Se per caso gli altri sofferenti riescono a scorgerti lo stesso, allora
è il momento di andartene o colmare in fretta le lacune nella tua
educazione religiosa.
Non ci credete? Fate pure. È un vostro diritto. Ma poi, per ogni
eventualità, ripassatevi le varie preghiere; forse ne avrete bisogno.
Pensate che le vostre iene siano più civili? Più garbate?
Forse retoricamente non le riconoscete? Tutto ciò non cambia la
sostanza.
Bene, potete tentare qualcosa di più facile. Per esempio, provate
a fare i turisti nell'appena "liberato" Iraq. Passate lì
le vostre vacanze. Perché no? Non è stato liberato? Fate
amicizia con i liberati. Condividete con loro la gioia della liberazione.
Una sensazione unica, credetemi sulla parola.
Ma quando ritornate dall'Iraq non chiedetevi mai: cos'è la libertà?
Perché questa domanda vi dirige in una sola direzione - direttamente
al manicomio. Conosco molte persone impazzite a causa della "libertà".
Se ci penso meglio, la cosa migliore che potreste fare sarebbe dimenticare
quello che ho scritto e godervi la vita finché potete. Non potete
comunque cambiare niente, eccetto...
Drazan Gunjaca www.drazangunjaca.net
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