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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

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"I briganti e il Bambinello"

di Paolo Fabrizio Iacuzzi

"I briganti e il Bambinello" di Michele Ruele è il terzo racconto del libro Storie di frate Amodeo, pubblicato dall'editore Fara di Santarcangelo di Romagna nel 2001. Il giovane scrittore trentino rivela un maturo e forte talento narrativo, sia nella costruzione di un intrepido retablo fatto di quattro “cronache” scritte fra il 17 e il 26 dicembre dell'A.D. 1700, sia nell'orchestrazione sapiente dei registri fra realtà e fiaba, tra cui spicca la vena dell'ironia e del comico, sia nell'impasto dove l'italiano lingua d'Arcadia, sia a livello lessicale che sintattico, si mescola a termini dialettali, a calchi dal dialetto e a parole ormai in disuso.
Proprio il racconto selezionato spicca per un raro equilibrio fra italiano e latino, dialetto trentino e napoletano, fino a virtuosismi cangianti degni di un Gadda o di un Consolo, ma in parallelo con una scrittrice già affermata: Laura Pariani. Il viaggio nella tormenta di neve di un frate cappuccino da Rovereto a Trento per portare il Bambinello nel presepio della Cattedrale per la messa di Mezzanotte si trasforma, a metà strada, nell'incontro rocambolesco con i briganti che hanno fatto prigioniero il barone di un castello. Ed ecco la pantomima del sacro: un carosello irriverente di personaggi degni di un presepio napoletano.
Eppure in tutti i racconti di Ruele, fra oralità e scrittura, è proprio "LA scrittura, quella che conta storie" a rappresentare il bianco specchio dove tutto ruota e moltiplica all'infinito i pensieri del protagonista, che è pur sempre un "uomo di lettere" più simile – se mi si consente il parallelo in terra pistoiese – a uno Scipione de' Ricci che a un frate cappuccino, diviso fra le ragioni della fede e la fede nella ragione, come in un libro dove le pagine sono "gli specchi che si guarda(va)no uno nel niente dell'altro".
Insomma, Ruele dipinge un polittico soggettivo e corale, un "ordinato chaos" sul crinale che separa due epoche, tanto attuale quanto più getta un raggio di luce futura dentro la torbida tempesta del passato.

 

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