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RUELE: scrivo per fuggire il caos
«Aiuta a interpretare la vita, perché
giornalismo e politica sono inadeguati»
Libri. «Sogni d'emergenza» l'ultima
fatica dello scrittore roveretano
(di Anna Maria Eccli in «Trentino»
del 5-12-02)
Ad un anno esatto dal suo Storie
di Frate Amodeo (finalista del premio "Ceppo proposte 2001",
mille copie vendute), suo primo cimento letterario, Michele Ruele torna
all'attacco con Sogni
d'emergenza (Fara editore, 166 pag. 14 Euro), uscito poco prima di
Natale. Tre anni per scriverlo eppure, come dice, «è un lavoro
già lontano». È ambientato, anche questo, in Vallagarina,
a Rovereto che viene chiamato Sanguineto, in Vallarsa, a Calliano, che
diventa Cabbiano...
Luoghi di visioni, e visionari, che gravitano attorno a una questione
di malapolitica e di mal-giornalismo. Esperienze vissute sulla propria
pelle, quella della politica e del giornalismo, ma Ruele è perentorio:
non c'è nulla di autobiografico nel libro.
La sua storia veleggia lontano: a un soffio dai 40 anni, insegnante di
lettere è innamorato pazzo di Sofia, 3 anni, ed Adele di appena
un mese, le sue bimbe. Romanzo non certo realista, il suo, percorso anche
da una certa sperimentazione linguistica, ruota attorno alla metafora
del viaggio come salvezza da vacuità e stereotipi. E siccome voleva
«creare un ambiente realistico, con nomi, strade, scorci veri da
trasformare in finzione, per un paese di visioni», in appendice
si scusa e ringrazia tutti i Potrich del Trentino (cognome scelto per
il personaggio negativo) che non se la prenderanno. Esigenze di copione,
si sa.
Professor Ruele, partiamo da Sanguineto-Rovereto...
Sanguineto significa, come Rovereto, "bosco di querce", me l'ha
rivelato Edoardo Sanguineti. Certo, nel romanzo c'è anche l'idea
del sangue, non nel senso di sacrificio, ma di origine, di anima del posto
in cui si vive. Non è un caso se nelle pagine c'è molto
paesaggio e molto tempo atmosferico: il posto in cui si è nati
è l'anima dei sensi e il protagonista, Amos Errante, cerca di appropriarsene
annusando l'aria, guardando le cose con attenzione. Lui è "errante"
di fatto e di nome e per lui ogni approdo è impossibile, la sua
diventa un'Odissea paradossale.
È un romanzo filosofico?
Tutti i romanzi lo sono, nella misura in cui servono per guardarsi intorno;
se ha ancora senso scrivere un romanzo tradizionale, come questo, lo scopo
è proprio quello di elaborare una realtà complessa. Però
"filosofico" non so se è la parola giusta... forse lo
è, ma in senso molto ampio.
A tratti ha un respiro persino orientale...
Contiene alcuni nuclei di riflessione; mi piace parlare di caos e di ordine,
di tempo, dell'amicizia, dell'amore e del morire. Però sono temi
elaborati in senso letterario più che filosofico, stanno a indicare
"situazioni" in cui vivono i personaggi, più che idee
astratte.
Filosofia e letteratura sono molto vicine.
Sì, narrare è una forma di conoscenza.
Sogni d'emergenza
ha una struttura piuttosto complessa, inizia con una partita di calcio,
prosegue nel giallo politico, s'interroga su Kairós e le uscite
di emergenza...
Mi interessa molto il rapporto tra caos e forma e lo esemplifico col gioco
del calcio: tutti sembrano muoversi a caso, sul campo. Poi, improvvisamente,
il giocatore più consapevole vede una certa forma nel gioco, solo
allora questa diventa chiara anche per gli altri. Le forme sono molte,
l'importante è che ci si metta insieme per vederle. Ci si può
perdere nel bianco d'una nevicata che ha coperto le cose. Ma le forme
restano sotto, basta saperle vedere.
E lo scrittore lo può fare.
Sì, e le indica agli altri. Flaubert diceva che lo scrittore è
come un dio invisibile che guarda al tempo, al passato, con lo sguardo
gelido di chi demistifica. Altro ruolo fondamentale del romanzo è
quello di demistificare. Nel mio romanzo è assunto da Amos.
Chi è?
Il personaggio principale, un perdente, tutto sommato, perché chi
ha questo sguardo gelido dev'essere disposto a pagare.
Quanto c'è di autobiografico?
Nulla. Scrivere mi ha divertito, ma Amos non sono io. Io non riesco a
staccarmi dalle cose che faccio. Lui è sempre capace di demistificare,
mi fa rabbia. Non ha reazioni, vive, non si pone il problema di interpretare.
Amos è lo specchio passivo di tutto, è Ulisse che non parte
e che resiste alle Sirene. La sua forza sta proprio in ciò che
di lui irrita.
Però lei esplora campi che conosce bene, dal giornalismo alla
politica.
Sì, ma li ho inseriti nella storia semplicemente perché
entrambi presuppongono una certa comprensione della realtà. Amos
sarà sconfitto dall'«uso» che, invece, politica e giornalismo
fanno della realtà... Oggi questi due mestieri sono strumenti consunti,
da rinnovare.
Un personaggio chiave, il professor Tartarotti, sembra somigliare a Luigi
Serravalli, da poco scomparso.
Tartarotti è un'anima laica, libera, giocosa, che richiama alla
mente le figure di alcuni grandi vecchi, come Valentino Chiocchetti e
Luigi Serravalli, appunto. Sono le voci inattuali, inascoltate, le anime
eleganti e antiche di Rovereto, che mi è piaciuto fare rivivere.
Nella trama, a un certo punto, appare anche una sorta di clone del
papa...
Quella è una parodia dei thriller politici... è vero, il
romanzo ha molte digressioni.
C'è persino Chet Baker.
È la sua colonna sonora. Chet Baker ha davvero suonato alla Rocca
di Calliano e mi piace pensare che il suo fantasma sia rimasto qua a dare
ritmo a una città che non sempre ce l'ha. Anche l'idea di base
del jazz sembra caotica, invece è costituita da un'infinità
di variazioni. Anche il mio romanzo è jazz.
A un certo punto partono tutti...
Sono alla ricerca di bellezza. Nel nostro mondo è degradata, commerciale.
L'unico sviluppo possibile è il viaggio, l'andare dove è
ancora possibile trovare una verità: a Nairobi, tra i baraccati
di Alex Zanotelli. Da noi non sono più possibili né bellezza
né verità. Diciamo che le trovi solo se riesci a togliere
il velo dell'inganno. La forza di Amos è propria quella di resistere
alle blandizie.
Quali sono le sue personali "uscite d'emergenza"?
Fare bene il mio lavoro, di padre e di insegnante.
Un'ultima curiosità: perché, alla fine del romanzo cita
fonti?
Non sono tributi. Ho solo voglia di condividere col lettore ciò
che ho amato e che invito ad andare a visitare.
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