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LA CONFESSIONE
DI UN VECCHIO POETA – 2
Guerra dopo la guerra
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LA CONFESSIONE DI UN VECCHIO
POETA – 1
Londra, dicembre 1993
Dal capitolo VIII del romanzo I SOGNI NON HANNO PREZZO. Dedicato a un
caro amico, il poeta Stevan Isakov.
di Drazan Gunjaca
Ho ancora un amico... Non è poca cosa avere due amici, che
ne pensi? Ricordi Isakov? Il vecchio poeta di Ivanic Grad, con cui scambiavo
lettere ogni tanto. Ricordi le sue poesie? Non so come abbia avuto il
mio presente indirizzo ma stamattina ho ricevuto una sua lettera che vale
la pena leggere. Eccotene una versione ridotta. Se ti riconosci da qualche
parte o intravedi il tuo futuro, non incolpare nessuno. È solo
il destino e niente di più.
Caro amico,
Sento che te ne sei andato da questi luoghi maledetti e che ora stai soffrendo
di nostalgia da qualche parte lontano. Un poeta nasce per soffrire. Stasera
aspetto che arrivi il 75mo anno a bussare alla porta della mia vita che
già da tanto non riesco a chiudere a chiave. Arriverà mentre
finisco questa lettera. E mentre sta arrivando io fuggo nella Vojvodina,
in Serbia, nella mia infanzia, su di un monte vicino a Vrsac, alto circa
800 m, dove a tredici anni ho fatto il mio primo volo da pilota sportivo.
Nella vita ho speso talmente tanta energia ed entusiasmo per il volo.
Tanti sforzi per raggiungere il cielo. E mi sovviene il luglio 1968 a
Belgrado, il movimento degli studenti, nuove speranze e nuove persecuzioni.
Le speranze e le persecuzioni vanno bene insieme. Le speranze tradite
perseguono quelli che speravano, mentre le speranze perseguono quelli
che le hanno distrutte.
Fuggo in Cecoslovacchia dove all’alba del 21 agosto dello stesso
anno mi svegliarono i carri armati russi. Ancora una volta, mi associo
ad un’altra speranza. Assieme a Milos Forman, Vera Capkova, Karel
Hlasterka e gli altri disegnammo stelle col gesso su quei carri armati,
con un svastica nel centro. Mio Dio, l’ingenuità umana non
conosce limiti? Tutti i carri armati sono uguali. Lasciano tutti le stesse
tracce. Fuggo dalla Cecoslovacchia... Poi la Germania, e poi...
E così tra qualche ora arriva anche il 75mo anno, a prescindere
da dove mi trovi. Cos’è un uomo di 75 anni? La superfluità
dell’esistenza ti corrode dall’interno. Come un acido ad azione
rallentata. Ma con un risultato certo. Rimane così poca nobiltà
per la vecchiaia. Se mai è esistita. Gli Eskimesi risolvono la
cosa senza la nostra ipocrisia perfezionata lungo i secoli. Ti danno una
pagnotta, un pezzo di pelliccia d’orso e ti portano con le slitte
nel cimitero vivente, più precisamente nel luogo dove gli orsi
polari affamati si azzufferanno per te. Qual è la differenza tra
i nostri vermi e gli orsi polari?
Neanch’io ho più a chi scrivere, così mi sono ricordato
di te. Non per condividere con te la mia tristezza, ma per ricordarti
che respiriamo tristezza e ne siamo circondati, come disse Cecov. E così,
aspettando il 75mo compleanno, ritorno ai numerosi fallimenti, cercandovi
un pezzettino d’innocenza... della mia innocenza. Ritornano le guerre,
le donne... Non vale la pena consumare parole sulle guerre, neanche di
questa qua. Tutto di loro è così noiosamente prevedibile,
mentre il lato terribile di questa prevedibilità non mi eccita
più come una volta. Gli anni hanno avuto la meglio. Sono tutte
maratone che non portano da nessuna parte.
Donne! La nostra perenne ossessione. Puoi dimenticare e reprimere le cose
brutte soltanto con una donna. Che ci piaccia o no, è a loro che
in buona parte dobbiamo sia il bene che il male. Fin da piccoli. Dal primo
incontro con la mamma... Ieri sono andato al cimitero sulla tomba della
mia Laura alla quale ho dedicato tante poesie... E mi sono chiesto: io
ero suo o era lei che era mia? Se io ero suo, a chi appartengo adesso
che non c’è più, e se lei era mia, cosa ho adesso
che lei non c’è più?
Oltre al mio 75mo compleanno arriva anche l’Anno nuovo, 1994. Anni
nuovi, anni vecchi, che differenza c’è? Non sono loro che
cambiano, ma noi. Il tempo è immobile. Sta fermo nell’eternità.
Siamo solo noi ad andare via. Senza bagagli e biglietti di ritorno. Definitivamente.
Senza alcun diritto al ritorno. Ed è giusto che sia così.
Non voglio ritornare per passare ancora una volta tutto questo. Una vita
basta, persino avanza se sei nato nei Balcani.
Cosa ti auguro per l’Anno nuovo? Di vivere abbastanza a lungo da
capire quello che volevo dirti. E, la cosa più importante, di riuscire
a mantenere vivi i tuoi sogni in questa tua lunga vita. Almeno una parte
di loro, perché con la maggior parte sicuramente non ci riuscirai.
Affinché i sogni si avverino devi averli. Averne cura. E questo
è difficile, tremendamente difficile. Hanno talmente tanti nemici
che la sola quantità enorme di odio ti può ingannare e farti
pensare che sopravviverai più facilmente senza sogni. La maggior
parte dei sogni esausti finiscono così. Questi sono i nostri sbagli
più grandi e irrimediabili. Non permetterti di arrivare alla fine
senza alcun sogno. Perché solo i sogni sono tuoi e non ti rinnegeranno
mai, se non sarai tu a rinnegarli. Non farlo. Mai e a nessun prezzo. I
sogni non hanno prezzo.
Troppe cose ho capito troppo tardi nella vita... Troppe risposte non significano
più niente. Troppi sogni che ho condiviso con le persone sbagliate...
È mezzanotte. Arriva il 75mo anno, in silenzio, stanco, ci riesce
a malapena a penetrare il mio mondo di vecchio... Sembra lo faccia contro
voglia... Va tutto bene. Ancora un po' e sognerò il mio ultimo,
piccolo sogno, insignificante per tutto il mondo. Potrò di nuovo
scrivere poesie per Laura, sussurrargliele all’orecchio, tenere
la mano sulla sua coscia calda... Eh, se non fosse per questo sogno, non
ce la farei nemmeno a morire.
Abbi cura di te mio giovane amico. Abbi cura dei sogni che ti rimangono
e fai molta attenzione con chi li condividi. È molto difficile
creare dei sogni dal nulla. Per questo quelli che hai non hanno prezzo.
Tuo S. Isakov
Drazan Gunjaca www.drazangunjaca.net
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