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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

Messaggio di Alessio Brandolini:

Cara Vera
è arrivato un paio di giorni fa Verrà l'anno e mi è piaciuto molto. Un piccolo libro che contiene grandi cose. Dal taglio originale per via di quel surrealismo dimesso, fatto di versi quasi sussurrati, privi di toni retorici e declamatori. Dai testi di questo poemetto che si proietta verso il futuro - ma legatissimo al passato e alla memoria - emerge un mondo fiabesco e altamente lirico, legato alla purezza, al candore, alle portentose visioni dell'infanzia:

c'era un vento leggero
lo sentivo sul tetto
sfregarsi alle tegole
strusciarsi pare
avesse preso gusto
ad annusarle.


un abbraccio, alessio
www.alessiobrandolini.it
www.filidaquilone.it

Verrà l'anno

recensione di Narda Fattori

Le poesie di questo libro mi sono venute incontro con la freschezza di un racconto infantile. Hanno una voce limpida, quasi ingenua, suonano timbri chiari, si lasciano accogliere come doni innocenti.
Facile per un lettore distratto cadere nell’inganno: questa poesia dice di memorie e di dolori, come sanno farlo le fiabe, in maniera quasi trasognata: “ci possono stare i malati / quelli a cui duole la testa / forte e poi si sdraiano e poi / dormono e il letto li avvolge / e il dolore li insegue nei sogni / e loro si svegliano credendo/ di non aver dormito.”
Accanto a questa svagatezza che stonda l’asprezza del messaggio, mai consolatorio, la poetessa mette in scena tutta la sua maestria elusiva, dice sottotraccia, dice a chi ha orecchi per intendere e non si perde nel facile ascolto del verso rotondo, ben calibrato, musicale.
Si legga: “ nella mia casa adesso entrano i ghiri / anch’io sono un ghiro e così ci riconosciamo /(…) /lenti sentiamo il respirare piano / la notte di ognuno di noi.”
È ancora: “(…) la mamma ci cullava piano / il babbo non voleva dormire / il suo era un altro sonno.” dove la de Oliveira ci dice il dramma della morte con le parole di un racconto per piccoli bambini, per innocenti creature.
In questo libretto che censisce persone e avvenimenti, persone care e avvenimenti piccoli, si cela una riflessione esistenziale di alto spessore che volutamente fa della leggerezza il leit-motiv del procedere del tempo. Basta rovesciare le foto perché i defunti scivolino dalle cornici e tornino a vivere, dove le parole si impietosiscono della crudeltà che le abitano e se ne vanno per porre un limite alla sofferenza. Torneranno quando si sarà assorbito anche l’ultima tumefazione.
La cognizione del dolore e dell’impurità che è interna all’esistere stesso, trova un dettato originale e tenue in questi versi di raro spessore di lucidità: “poi ne avevo un’altra che lustravo / i vetri luccicavano i pavimenti / la casa doveva essere sempre / ripulita non so da cosa ma il / fatto è che era sempre sporca.”
Le tematiche che affronta la poetessa non sono diverse da quelle che sono affrontate dai più e dai “grandi”; pur tuttavia essa sa distinguersi attraverso una personale affabulazione che utilizza i dati di una memoria infantile per dire e anche semplicemente affermare, come il primo o l’ultimo degli innocenti, che ella non ne conosce origine e causa, né tanto meno soluzioni, ma niente sfugge ad un’attenzione centrata soprattutto sul particolare e che dal particolare trae lezioni d’universale: “c’è una goccia in cucina / che misura i secondi / non uno va via / senza che io lo conti.

grafica Kaleidon © copyright fara editore