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FARANEWS
ISSN 15908585
MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE
a cura di Fara Editore
1. Gennaio 2000
Uno strumento
2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa
3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee
4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?
5. Maggio 2000
Il viaggio...
6. Giugno 2000
La realtà della realtà
7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale
8. Agosto 2000
Progetti di pace
9. Settembre 2000
Il racconto fantastico
10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi
11. Novembre 2000
Il mese del ricordo
12. Dicembre 2000
La strada dell'anima
13. Gennaio 2001
Fare il punto
14. Febbraio 2001
Tessere storie
15. Marzo 2001
La densità della parola
16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro
17. Maggio 2001
Specchi senza volto?
18. Giugno 2001
Chi ha più fede?
19. Luglio 2001
Il silenzio
20. Agosto 2001
Sensi rivelati
21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?
22. Ottobre 2001
Parole amicali
23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.
24. Dicembre 2001
Lettere e visioni
25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.
26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere
27. Marzo 2002
Le affinità elettive
28. Aprile 2002
I verbi del guardare
29. Maggio 2002
Le impronte delle parole
30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza
31. Luglio 2002
La terapia della scrittura
32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.
33. Settembre 2002
Parola e identità
34. Ottobre 2002
Tracce ed orme
35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano
36. Dicembre 2002
Finis terrae
37. Gennaio 2003
Quodlibet?
38. Febbraio 2003
No man's land
39. Marzo 2003
Autori e amici
40. Aprile 2003
Futuro presente
41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.
42. Giugno 2003
Poetica
43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?
44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM
45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi
46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario
47. Novembre 2003
Lettere vive
48. Dicembre 2003
Scelte di vita
49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro
51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia
52. Aprile 2004
Preghiere
53. Maggio 2004
La strada ascetica
54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?
55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004
56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso
57. Settembre2004
La politica non è solo economia
58. Ottobre 2004
Varia umanità
59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM
60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali
61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004
62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato
63. Marzo 2005
Concerto semplice
64. Aprile 2005
Stanze e passi
65. Maggio 2005
Il mare di Giona
65.bis Maggio 2005
Una presenza
66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica
67. Luglio 2005
Risvolti vitali
68. Agosto 2005
Letteratura globale
69. Settembre 2005
Parole in volo
70. Ottobre 2005
Un tappo universale
71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare
72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri
73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi
74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada
75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole
76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"
78. Giugno 2006
Varco vitale
79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero
tempo, stabilità, “memoria”
79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006
80. Agosto 2006
Personaggi o autori?
81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?
82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo
83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica
84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?
85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)
86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare
87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”
88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio
89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007
90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”
91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)
92. Agosto 2007
Versi accidentali
93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?
94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…
95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo
96. Dicembre 2007
Il tragico del comico
97. Gennaio 2008
Open year
98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo
99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore
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Numero 64
Aprile 2005
Editoriale:
Stanze e passi
Ci sono parole sufficienti alla vita? Certo alcuno sono
necessarie come il passi, anchi piccoli, sono indispensabili al cammino.
Così progrediamo valorizzando le soste (o "stanze")
del nostro andare di cui troviamo in questo Faranews alcune interessanti
esemplificazioni: In questa stanza senza più ricordi
di Christian Sinicco, Sono la notte
di Annalisa Federici, Fede di Francesca
Ganzerla, Ci camminiamo a fianco come vecchi amici
di Narda Fattori, Smettetela di Enrica
Musio, Sulla Madonna di Civitavecchia di Mario
Pulimanti, Bambini di Luca Ariano,
e tre recensioni (su Acquaforte,
Da
luoghi intravisti, Stati
di nebbia) di Vincenzo D'Alessio. Buona lettura!
In
questa stanza senza più ricordi
di Christian
Sinicco
In questa stanza senza più ricordi
hai seguito la cronaca di oggi - il sangue a Jenin
può solo
versare
sopra i tetti le rondini, a Tel Aviv esplodere
uno di questi ragazzi. Si contano con le dita
come mattoni
le case,
il cane abbaia, la confidenza è rossa
e ieri respiravamo senza le parole di sempre,
senza aprire le labbra
al non ancora
lanciato in avanti. Il potere è il domino, le sonorità
che non sai e non puoi tornare com‚eri, perché
l‚architettura non è
il riflesso dell‚inevitabile
perché se si aprissero le case e lo spazio fosse la nostra capriola
si vedrebbe la profondità.
I chilometri del nero sopra gli uomini e tra le stelle
dall‚altra parte della strada hanno grida,
il padre
bestemmia
ai suoi figli,
al piano di sopra
hanno grida
a cui hanno strappato
il silenzio,
a cui hanno calpestato
la polvere, a cui hanno abbattuto
le porte.
Christian Sinicco, nato a Trieste
il 19 giugno 1975, è di professione giornalista. Nel 1999 fonda
l'Associazione Culturale "Gli Ammutinati", grazie alla quale
organizza letture, reading, performance, spettacoli di teatro, manifestazioni.
È stato pubblicato in diverse antologie; segnaliamo soltanto
la prima, Gli Ammutinati (Edizioni Italo Svevo, Trieste,
2000), e l'ultima, Di sale, sole, e altre parole.
La nuova generazione di poesia in Trieste (ZTT EST, Trieste,
2004), in attesa di vederlo solcare nuovamente i mari burrascosi delle
antologizzazioni, nonché apparire e sparire su riviste, siti
web, giornali, settimanali, scuole di poesia. Ha partecipato in Italia
a manifestazioni di ogni genere; ha organizzato a Trieste la manifestazione
"Pianeta oesia" (settembre 2002, Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, Provincia di Trieste, Comune di Trieste,
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia); ha partecipato come relatore
a convegni, tavole rotonde, tesi di laurea. È stato caporedattore
di Fucine Mute Webmagazine. Ha scritto
alcuni testi di teatro e collaborato a parte della sceneggiatura del
cortometraggio "L'assassinio di via Belpoggio" di Alberto
Guiducci, tratto da un racconto di Italo Svevo. passando
per New York (Lietocolle, 2005; v. anche l'articolo in Fucine
mute) è la sua prima raccolta pubblicata; la prefazione è
di Cristina Benussi.
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Sono
la notte
di Annalisa Federici
La gente si sta addormentando inerme,
ed io sono la notte.
Ma voi non ditelo.
Sono la stella pallida che stenta a brillare.
Sono il bagliore che sfuma al mattino.
Il fuoco non mi brucia,
perché ho un segreto sacro dentro.
So dov’è nato il confine.
Ma voi non ditelo.
È nato dove è nata la vita.
Ma voi non ditelo.
Sono un ricercato, un clandestino.
Un corpo stanco che danza morbido
insieme alle stelle.
E di chi sono le stelle?
Sono della terra che calpesto.
La terra di nessuno.
La terra di tutti.
Ma voi non ditelo.
Sono un corpo stanco che scappa.
Sono la notte, il buio.
La strada che hai paura di imboccare.
La decisione che non sai se prendere.
Sono il destino burlone
all’angolo che ti aspetta.
Lascio scivolare in terra le mie lacrime
per proteggere lo strato intatto di ragione umana
che via via ci sta abbandonando.
Sono un partigiano, un immigrato.
La ragione dove c’è il torto.
La vita che insegue la morte.
Ma voi non ditelo chi sono e dove vado,
perché sono la notte.
E la mia terra è il cielo ed io ve la concedo.
Sono il senso del non senso di una guerra.
Sono il sorriso di chi ha ancora fantasia.
Sono il borbottio della pancia di un bambino
che morirà di fame.
Sono l’ultimo boccone, quello che strozza,
l’opulenza occidentale.
Ma voi non ditelo,
perché brillerò tutte le notti.
Sono il silenzio che ti racconta muto la libertà.
Sono il fiore macchiato di rosso sangue che rigermoglierà.
Ma voi non ditelo,
e la notte vi sorprenderà.
Annalisa Federici
è nata a Bra, cittadina del cuneese, l'8 novembre 1978. Attualmente
vive e lavora ad Imola - Bologna.
È appassionata di fotografia e si occupa di poesia visiva e poesia
sonora. Ha pubblicato Inchiostro ad Intermittenza (Prospettiva
editrice 2002) e Usami come desiderio (Campanotto 2004).
Attualmente sta lavorando al suo primo romanzo.
Per maggiori informazioni vedere www.annalisafederici.tk
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Fede
di Francesca
Ganzerla
Ammirazione
Lo scarabeo ancestrale ha morsicato il mondo
e le fauci del disastro stridono appena
sul panorama di notte che serviamo freddo,
questa sera.
- Con le stelle in contumacia -
E un desiderio di bocche spalancate innanzi al feretro di Amore
a condividere i mali del tempo
che nevica copiose onde di altri mondi.
Io vesto di azzurro, perché così mi impone
il lutto
e il lustrascarpe disonesto che ho conosciuto
immantinente mi spezza il cranio con eteree carezze.
Poi tutto si acquieta come dopo il fuoco d’un tramonto
o dopo che si è passati da un argine all’altro
senza lasciare la briglia dei ricordi o l’alito vermiglio della
ragione.
La strada la conosco. È quella di sempre. Quella
del ritorno.
Premonizioni
Il cuore ristette un attimo esausto.
Ti batte troppo forte il cuore.
Ho una lugubre premonizione.
Ti vorrei dire, se potessi ascoltarmi,
abbi fede in me
apriti al canto
alle mie acque stagnanti
con l’idea di fare rifiorire l’argento
che netta la materia inerte.
Io ti sto chiamando da ore da mesi da anni ininterrottamente
tu mi senti ma tremi d’una paura che ti avvelena.
Se solo tu agissi come pensi
e si liberasse la natura che tieni racchiusa come malva oscura dentro
uno scrigno di debiti e santi,
conosceresti la vita vera.
T’ho amato ancora poco.
Ancora imprecisamente
in maniera imperfetta
lontana da me
ma più vicina d’un tanto al mio cuore
che nell’ordinaria ansietà delitto che m’orrora.
Fratello chiaro
Così mi chiami
fratello chiaro
lungo la penombra d’un verso
eliminando il bianco del pigmento malato
con il tuo vetero calore
Hai occhi immensi come
dilatati da un funambolico grido
gatto o uomo
demone o semidio
creatura senza rischio e speranza
vaghi tra la bruma del consonante editto della saggezza
lento
come chi sa stare con sé e non si tradisce mai.
Piacere
Sai non so più ricavare piacere dalla vita
solo danno
e scevro dolore
solo veleni
e ansie rovinose
con te in un altro ciclo di vita
ho dischiuso un fiore dimenticato
ho riesumato una memoria
di purissimo piacere in essenza.
Sogni
Hai detto che mi hai sognato
creatura che m’assomigli
nelle paure e nello spirito
e il tuo sogno era chiaro
e vivido
descriveva l’esatto me
nel mio luogo di cura e di memoria
nel mio luogo intatto e dedito alla vita
lungo la mia strada
di panorami terrestri
ecumenicamente grondante di foreste
ed erbe corali d’una pienezza verde.
Sai, io ho mani unguento
che curano le malattie della vita
e le dispongono sul piano del cuore
così da poterle vedere ed espellere dalla nuova dimora
finalmente in asse con il tempo
finalmente calda
come accogliente ombra buona.
Fede
Da un raccolto fortunato
Conobbi fede
Che è il figlio e siede alla destra del padre
La madre era solo un punto fisso tra le tenebre e la luce
perché sapeva di sapere
ma non riusciva nella prassi ordinaria
La fede servì ad ella per curare l’eterna ferita
la ferita nell’essere
nell’ente che agisce.
Le persone sanno. Tutto quello che so me lo dicono loro. Quando riesco
ad ascoltare.
I grandi pensatori elaborano un pensiero debole. Volatile al tatto
Consegnano alla carta bianca parole apocrife.
Il passante è molto più saggio essendo sé parla
come mangia.
Naturalmente.
Graffi
Parli di graffi
e alterchi presenti
sbarrati da luce
troppa
irriverente
senza ritegno
grassa
stroppia sulla mia vista che guarda nel solo buio
In ritorno. In pace. In livida attesa
d’una calda presenza attenta.
E gli occhi pesano come serrande rotte
rimaste arrotolate per in non uso
atrofizzate dall’incostanza
erranti come eremita distante per troppi dolori dal mondo
in presa fugace sul monte verde di rugiada assente.
Da qui, da questa vetta con la forza grande d’un nucleo purissimo,
io vivifico il seme che sarà nutrito da una nuova casa d’impasto
da un colore vero e cordiale
dalla dolcezza del pane…
dall’ odore di buono…
Chi sei tu?
Chi sei tu?
Che sembri un guerriero arabo
o una sindone
che hai preso per mano la morte e non l’hai avvertita.
Davvero sei capace di sentire atterrare gli aironi nel piacere di un
lago esteso come un bacino?
Io ho versato i miei occhi nei tuoi,
come petrolio eletto dal cuore.
Mi chiedo se riuscirò mai a formulare le giuste domande.
Ritrovare
Il buio era la forma del tuo profilo
Una forma calda, morbidamente intonacata di blu…
… Io uso le mani per non sbattere sulle pareti
perché ancora bene non vedo
ed operano altri sensi
e direzioni solo abbozzate…
Fuggo con questo squarcio di cielo in un deserto
che parla di chiaroscuri e vegetali austeri.
Il mio ritmo è un diritambo di parole che rombano
su di una strada fitta di luci e uccelli serali.
(In altri pianeti esistono sirene acuminate che sollevano
oceani e brandiscono spade d’argento).
Con occhi che spandono mari tu mi guardi ed io esisto la tentazione.
Vecchio
Caro nonno
come l’uomo tartaruga
che vedo rilucere in te
in ogni passo vecchio come la mia stanza dei giochi.
Rugoso e pieno di pieghe come un dolore mai svolto
assorto nel tuo unico modo di pensare…
Antico come muro di pietra
denso della storia dei vivi
affacciato su di una nuova creatura trasparente come una bolla d’acqua
e zucchero…
Io ti incontro nel piano d’un gesto
o nell’atto del sentire
una straniera eco lontana.
Francesca Ganzerla
è nata a Modena il 17-02-1969. Lavora come impiegata tecnica
in una azienda di Castelfranco Emilia. È madre di un bimbo di
12 anni. Vive con lui a giorni alterni visto che è separata.
Ha fatto diverse esperienze teatrali e ha studiato contact-dance con
Anna Albertarelli (dal 1998 al 2001). L’anno scorso ha conseguito
il diploma di drammaterapeuta presso la scuola di Lecco di Arteterapia,
rappresentando una performance-tesi dal titolo “Salotti”.
Scrive poesie dal 1998.
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Ci
camminiamo a fianco come vecchi amici
di Narda
Fattori
Ci camminiamo a fianco come vecchi amici
la stessa confidenza – trarsi un po’ in disparte
al sopraggiungere del tram – guidare i passi
con un breve tocco di gomito vedi come si possa nella corsa tonda del
tempo
cogliere astri e margherite- aprire le finestre al sole
sorridere ancora - contare storie e sperare
in un volo di farfalle o di parole che tengono
tutto questo male in un fiato bianco
che si distende sul foglio e placa ogni terrestre peso
grandezza del poco e immensità del niente
mentre mi guidi con tocchi brevi oltre l’incrocio.
Vorrei fossi tu anche domani ad osservarmi
riflesso nello specchio con un sorriso buono
come un pane appena sfornato
E mi respira il cielo come se fosse marzo
dentro un azzurro quieto.
Narda
Fattori ha pubblicato con noi Verso
Occidente.
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Smettetela
di Enrica
Musio
Smettetela!
dimenticate,
sputate
sulle rime
e sulle arie e
sul cespuglio
di rose
e sulle
altre malinconiucce
degli arsenali
delle arti.
Non vi sono più sciocchi,
ad attendere
come una folla di
ciondoloni
che esca la parola dalle
labbra di un maestro,
compagni;
date un’arte nuova
tale
che tragga
la Repubblica,
dal fango.
Mi sto trasformando,
mangio
scrivo
maligno
come un diavolo,
mansueto
a colomba,
tutto si
tramuta.
I sentimenti,
via via come una squama
però la gioia
non si prosciuga,
a lungo io
parlerò
semplicemente
e parlo
nei miei
versi.
Io sono arguta,
ho una voce squillante
abbaglio con le belle parole
ed io
sono
infatti.
Amare significa,
correre
in fondo ad
un cortile
sino
nella
notte
corvina.
L’amore,
annunzia ronzando
che di nuovo
è stato messo
in marcia
il motore
raffreddato
dal cuore.
Non ho bisogno di te,
non voglio
tanto lo so
fra breve
io creperò.
Sfuma il cielo,
immemore del suo azzurro colore,
le nuvole come dei profughi
grigi,
le dipingerò
con le tinte
del mio ultimo
amore,
vivido
come l’incarnato
di un tisico.
Se un sorriso si simpatia,
fiorisca
sulla tua bocca
per un torero
in ginocchio,
nel tuo palco
getterò come un occhio
del toro
della mia gelosia.
(Dedicata a Gianluca)
Il mio verso,
giungerà
a fatica
e apparirà
ponderabile,
ruvido,
lampante,
come nei
nostri
giorni.
Enrica Paola Musio
è nata a Santarcangelo di Romagna. La passione della poesia c’è
sempre stata, ma in seguito all’invito di un amico, è diventata
impegno costante. È stata segnalata e premiata in numerosi concorsi,
fra cui il nostro Pubblica
con noi.
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Sulla
madonna di Civitavecchia
di Mario
Pulimanti
Sono trascorsi dieci anni da quando a Civitavecchia, in
un giardino della famiglia Gregori (2-6 febbraio 1995) e poi nelle mani
del vescovo diocesano Girolamo Grillo (15 marzo 1995), si sono susseguite
14 lacrimazioni di sangue in una statuetta della Madonna di Medjugorje.
In questi anni la statuetta - oggi esposta nella Chiesetta della borgata
di Pantano dedicata a Sant’Agostino - è stata sottoposta
a varie Tac e le lacrime sono state esaminate da eminenti studiosi di
ematologia. Ed ora, nel 2005, si è tornati a parlare della statua
della Madonna di Civitavecchia. Infatti alcuni giornali hanno recentemente
anticipato un dossier della diocesi di Civitavecchia, presieduta da
Mons. Girolamo Grillo, che contiene relazioni e documenti dai quali
emerge che non c'è spiegazione umana per il fenomeno, tanto che
il vescovo stesso è diventato lo strenuo difensore del prodigio;
lui che all’inizio, secondo alcune interviste, era un po' scettico
al riguardo. Io, senza voler fare un discorso integralista e pur cercando,
comunque, di volare basso, non posso - da cattolico nonché ex
allievo salesiano - non considerare che è un dato di fatto che
la storia del culto mariano in ogni epoca registra alcune manifestazioni
straordinarie delle immagini della Madonna. Le Chiese particolari dove
sono avvenuti questi fatti hanno agito con prudenza, a volte con estrema
severità, senza chiudersi però al mistero e al soprannaturale.
Hanno verificato i fatti, guidato e sostenuto la pietà dei fedeli.
A interessarsi di questi eventi sono stati vescovi e cardinali, pontefici
e Santi. Non erano creduloni o esaltati visionari, ma attenti pastori
e maestri nella fede cattolica. A testimoniarlo sono centinaia di santuari
in Italia e all’estero, che continuano a registrare un ininterrotto
pellegrinaggio di fedeli; e il fitto materiale di una ricchissima bibliografia
mariana. Si tratta di fenomeni che sono stati presi in esame dall’autorità
ecclesiastica del tempo, in processi ordinari e che, in alcuni casi,
hanno coinvolto l’attenzione di intere regioni o nazioni. Rileggendo
la storia di questi fenomeni non è difficile giustificare l’atteggiamento
di iniziale scetticismo, poi prudenza, ricerca di consiglio e attenta
verifica, uniti all’invito alla preghiera, in una saggia apertura
al mistero, che si sono riscontrati nelle vicende della Madonna di Civitavecchia.
Ma, davanti alla folla pellegrinante a Pantano, non è difficile
comprendere, che probabilmente il popolo cristiano ha già espresso
il suo sì all’evento soprannaturale, di cui molti sono
stati testimoni; ha già detto sì a quelle lacrime di sangue,
sulle quali si puntano le critiche degli scettici, convinti solo delle
prove scientifiche. A mio parere, la scelta più attendibile in
tali questioni è quella di evitare le posizioni estreme. Evitare,
da una parte, il fanatismo febbrile di quanti vanno continuamente alla
caccia di fenomeni soprannaturali o comunque straordinari; evitare,
dall’altra parte, l’ostilità preconcetta di quanti
rifiutano di ammettere qualsiasi evento, che trascende la realtà
e sfugge alla percezione della ragione umana. La negazione sistematica
del fatto soprannaturale, che deriva da questo atteggiamento, cessa
di essere frutto di una scelta razionale e finisce per passare al campo
opposto: diventa cioè irrazionale. Del resto, per realizzare
una critica intelligente e costruttiva, occorre osservare i fenomeni,
sui quali si indaga, con prudenza e cautela, evitando i pregiudizi.
E questo atteggiamento vale in campo scientifico, ma anche in campo
teologico. La critica preconcetta, che nega sistematicamente l’esistenza
del soprannaturale, si oppone alla fede irrazionale; ma crea altre fedi,
altrettanto irrazionali: quella del negativo, quella delle capacità
infinite della mente umana, quella della necessità di vedere
e toccare con mano. A questo punto occorre tenere presente che la Chiesa,
di fronte al fatto soprannaturale, si è espressa sempre, o quasi
sempre, con grande cautela. (Lido di Ostia, Roma)
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Bambini
di Luca
Ariano
Bambini pedalano ai primi rossori,
gli ultimi rimasti sulla via
e tu ritrovi quei pochi minuti di ricreazione
in cortile: l’immensa fantasia
di giochi tra terra ed erba
ora sono visi eroinati nel parcheggio
del cimitero s’una vecchia peugeot.
Si rasano i prati spulciati da merli
e i tuoi capelli cadono sulle zampe
d’un cane che assalta il tremore
delle ginocchia:
in un altro iper di sabato pomeriggio
confondi il luccichio delle vetrate
al trillo d’una tasca, ai nuovi corpi
già spogliati di primavera.
L’Andrea si strafogherà in qualche bettola
di bestemmie per un’altra mano calata male
“Diu bel!” e il confronto tra Dio e Destino
nella preghiera delle sue pupille
“Se avrei vinto…” mentre ancora ansimi
per respirarlo
sbattendo le imposte.
Luca Ariano è
nato nel 1979 a Mortara (PV).Nel 1986 si è trasferito a Vigevano,
città in cui ha conseguito la maturità classica. Si è
laureato in Conservazione dei Beni Culturali a Parma con una tesi su
Ugo Guanda. Vive tra Vigevano e Parma. Ha pubblicato nel 1999 la raccolta
di poesie Bagliori
crepuscolari nel buio presso Cardano di Pavia. Sue poesie sono apparse
su riviste tra cui Tam Tam,
La Clessidra,
Il
Foglio Clandestino, Ciminiera,
siti letterari (Frontiere,
Orizzonti, Faranews,
Porpore, Nuovi
Scrittori, FuoriCasa.Poesia)
e nelle antologie Poesie
del nuovo millennio vol II ed Orizzonti
di guerra. Tra un fiore colto e l’altro donato di Aletti editore,
Oltre il tempo/Undici
poeti per una Metavanguardia, curata da Gian Ruggero Manzoni per
le Edizioni Diabasis. Diploma di merito al premio letterario “Ignazio
Silone-Parma” (2003-2004), ha collaborato con la rivista on-line
Porpore, collabora con i siti
Pagine Zero, Il
Foglio Clandestino, La
Clessidra ed è tra i redattori della rivista Ciminiera.
Ha partecipato a reading di poesia a vari festival.
Su
Acquaforte, Da Luoghi intravisti, Stati di nebbia
di Vincenzo
D'Alessio
Acquaforte
La raccolta di versi di Gladys
Basagoitia resta un sentiero impervio proposto al lettore nel quale
è facile smarrire il punto del comporre che è la vita.
L'esistenza con i suoi dolori, amori, nostalgie. Diaframma di poesie
suddiviso in quattro sezioni che assumono la parola quale elemento fuso
nel calore del crogiuolo del comporre. Ne scaturisce una musicalità
potente e dirompente dove la forza del silenzio diviene "un tango
di fuoco" inteso a descrivere "la sacralità del vuoto".
Pochissime sono le occasioni, in questo intenso poema di idee, in cui
compare l'Io narrante. Lo sguardo compositivo è accampato sul
mondo e sulle eterne sofferenze che lo dilaniano. Il dilemma vita/morte
e l'incapacità degli umani di soccorrere la speranza degli ultimi.
Unica occasione in cui il pronome "io" compare è nella
composizione ispirata dalla nipotina dove l'attrito lascia per un istante
lo spazio all'alleanza con il futuro, quando si ferma nel cuore della
nonn il male di vivere.
Fiducioso rimane il canto poetico che rivendica la vita quale impegno
privilegiato di ogni essere vivente: "… schiva poesia / ermetici
sogni / valori ormai desueti / nel cuore di molti relitti di speranza…
" (p. 87)
Da luoghi intravisti
La raccolta poetica di Andrea
Parato è risultata vincitrice alla terza edizione del concorso
di poesia, indetto da Fara Editore, Pubblica con
noi, realizzata nel 2004.
Colpisce la soluzione scelta dall'Autore per dare un titolo, una guida
certa al lettore che si pone in ascolto dei suoi versi: "luoghi
intravisti". Qualche punto dell'universo umano dal quale partire
e tornare per un viaggio tra sogno e "liquido confine" umano,
tra passato e futuro.
La realtà è un brusio babelico. Sono contrapposizioni
forti che configurano l'idea di un gioco desueto perso tra umano e divino;
oscillazioni di un pendolo che continua la sua frenetica corsa alla
coninua ricerca dell'umanità perduta.
Il mistero irrisolto dell'esistenza; la soluzione critica di fronte
alle sofferenze personali e altrui; la necessità di "spezzarsi"
e ricomporsi alla fina per divenire/risorgere uomo.
Quanta bellezza criptica nascondono i versi di Parato. Bellezza di una
lingua perduta e ritrovata. Musica che si agita tra necessità
di fuggire la vita e ritrovarla nei sensi nascoti dell'Io universale.
Il poeta resta un navigante. La vita diviene un mare in tempesta.
I versi, scritti affinché la speranza permanga nel genere umano,
partono da luoghi appena scorti, appena riconosciuti, ancora incerti,
luoghi intravisti del paesaggio interiore, dell'edulcorato dolore dell'essere,
per giungere in fine all'essere / alla passione del verbo /all'umore
del bimbo che tutto scopre e perde nel Tempo.
Stati di nebbia
I racconti servono a ridarci il tempo che non abbiamo
vissuto in altre dimensioni, luoghi e forse un tempo al quale aspiriamo
senza neanche dircelo con convinzione.
I racconti che vanno dagli Stati
di nebbia alla "Pita" sono di una energia volvente che
attira il lettore in un circuito spiritato annunciato in ogni
passaggio di parole, luoghi e personaggi che fanno invidia al migliore
Landolfi, specialmente nel racconto "La gelosia" che molto
si accosta a quegli animali misteriosi, con un’indole quasi umana,
pronti a contendere all’uomo-vittima spazi e circostanze esitenziali
(vedi le Lambrene landolfiane):
Un racconto tira l’altro e siamo alla fine: una scrittura rilucente
e ricca di arguzie letterarie.
Una sequenza ineludibile di buon uòore dal fondo sarcastico.
Le lotte sempre presenti fra ricchi e poveri, furbi e malcapitati, vicendo
che si affermano in un ritmo atemporale, fuori dal tempo ordinario,
in qualche modo vicini a quel racconto che ha ideato il film Non ci
resta che piangere, con i bravi attori Troisi e Benigni.
Personaggi e luoghi chiamati per nome ma che si possono collocare non
solo nella Bassa Padania ma in molti altri luoghi della nostra penisola.
La nebbia che stimola rivelazioni e l’istinto che prende il sopravvento
trascinando il lettore in tour dove si "naviga a vista".
Personalmente l’idea di una grande orchestra che si esibisca sui
prati, di fronte ad un pubblico improvvisato e trasmetta "tutta
la musica del mondo" mi piace, anzi me è sempre piaciuta
perché la musica è un balsamo insostituibile per l’anima
del mondo, specialmente per quelle anime che ricevono ogni giorno sofferenze,
delitti, privazioni, miserie, castighi e morte.
Per un momento la scrittura del Conti mi ha richiamato alla mente, nella
figura di Spaventapàser, quella del Viggianese del poeta
Pietro Paolo Parzanese, irpino di nascita, apprezzato in Italia e in
Europa per i suoi bellissimi versi ispirati da questi cantastorie, da
questi girovaghi della musica, che suonavano ad orecchio e diffondevano
notizie ed accadimenti a chilometri di distanza, in epoche in cui né
la radio né la televisione né i giornali attraversavano
passi appenninici, fiumi in piena, aperte campagne, plaghe assolate.
Emerge anche la figura del fisarmonicista del romanzo Padre Padrone
di Gavino Ledda ("Per lunghi giorni, nella solitudine del pascolo,
esaminò", ecc., p. 36).
Un insieme di racconti ragguardevoli, un buon esempio di scrittura per
questo nuovo secolo.
Ottime le descrizioni dei luoghi, dei personaggi e degli avvenimenti,
ricche di particolari senza appesantire la mente di chi legge. Un frantoio
dove macinare antiche e nuove semenze umane.
Bello anche il racconto della "Pita" che in qualche modo richiama,
con il suo simbolismo, il romanzo di Giosè Rimanelli Tiro al
piccione: diverse angolature pur legate a quel simbolo che nel gioco
delle care piacentine è rappresentato da un aquilotto che per
Rimanelli fu il piccione la quale tiravano i partigiani della seconda
guerra mondiale.
Vecchio e nuovo mondo a confronto. Fatti della vita che ritornano: come
il fallimento delle fabbriche in aree depresse che bene si ancorano
alle vicende irpine di questi anni.
Insomma in questi racconti c’è molto della nostra letteratura
appena consumatasi nel corso del ventesimo secolo e già si aprono,
in quel fenomeno insuperato della nebbia, gli spiragli di un solare
terzo millennio per gli uomini e la loro esistenza.
Vincenzo
d'Alessio, è nato a Solofra (AV) nel 1950. Vive a Montoro
Inferiore (AV) – Via Sala, 33/A
Ha pubblicato diversi libri, e di poesia: La valigia del meridionale
1975, Un caso del Sud 1976, Oltre il verde
1989, Lo scoglio 1990, Quando sarai lontana
1991, l'Altra faccia della luna 1994, Cost'Amalfi
1995, La mia terra 1996, Ippocampo
1998, Elementi
2003.
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