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FARANEWS
ISSN 15908585
MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE
a cura di Fara Editore
1. Gennaio 2000
Uno strumento
2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa
3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee
4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?
5. Maggio 2000
Il viaggio...
6. Giugno 2000
La realtà della realtà
7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale
8. Agosto 2000
Progetti di pace
9. Settembre 2000
Il racconto fantastico
10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi
11. Novembre 2000
Il mese del ricordo
12. Dicembre 2000
La strada dell'anima
13. Gennaio 2001
Fare il punto
14. Febbraio 2001
Tessere storie
15. Marzo 2001
La densità della parola
16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro
17. Maggio 2001
Specchi senza volto?
18. Giugno 2001
Chi ha più fede?
19. Luglio 2001
Il silenzio
20. Agosto 2001
Sensi rivelati
21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?
22. Ottobre 2001
Parole amicali
23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.
24. Dicembre 2001
Lettere e visioni
25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.
26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere
27. Marzo 2002
Le affinità elettive
28. Aprile 2002
I verbi del guardare
29. Maggio 2002
Le impronte delle parole
30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza
31. Luglio 2002
La terapia della scrittura
32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.
33. Settembre 2002
Parola e identità
34. Ottobre 2002
Tracce ed orme
35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano
36. Dicembre 2002
Finis terrae
37. Gennaio 2003
Quodlibet?
38. Febbraio 2003
No man's land
39. Marzo 2003
Autori e amici
40. Aprile 2003
Futuro presente
41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.
42. Giugno 2003
Poetica
43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?
44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM
45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi
46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario
47. Novembre 2003
Lettere vive
48. Dicembre 2003
Scelte di vita
49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro
51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia
52. Aprile 2004
Preghiere
53. Maggio 2004
La strada ascetica
54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?
55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004
56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso
57. Settembre2004
La politica non è solo economia
58. Ottobre 2004
Varia umanità
59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM
60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali
61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004
62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato
63. Marzo 2005
Concerto semplice
64. Aprile 2005
Stanze e passi
65. Maggio 2005
Il mare di Giona
65.bis Maggio 2005
Una presenza
66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica
67. Luglio 2005
Risvolti vitali
68. Agosto 2005
Letteratura globale
69. Settembre 2005
Parole in volo
70. Ottobre 2005
Un tappo universale
71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare
72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri
73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi
74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada
75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole
76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"
78. Giugno 2006
Varco vitale
79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero
tempo, stabilità, “memoria”
79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006
80. Agosto 2006
Personaggi o autori?
81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?
82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo
83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica
84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?
85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)
86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare
87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”
88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio
89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007
90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”
91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)
92. Agosto 2007
Versi accidentali
93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?
94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…
95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo
96. Dicembre 2007
Il tragico del comico
97. Gennaio 2008
Open year
98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo
99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore
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Numero 17
Maggio 2001
Editoriale: Specchi senza volto?
Lo specchio e' un topos letterario antichissimo: apparenza,
identita', bellezza, obbiettivita', riflessione, autoanalisi, alterita',
visione sono solo alcuni dei sostantitivi che si possono abbinare a
questo strumento. A volte rischiamo di appiattirci sulla superficie
delle cose: per evitare questo rischio e' necessario che di fronte allo
specchio si riconosca un volto, una persona. Lo specchio ci rivela allora
qualcosa di noi e chi incontriamo puo' svolgere questa funzione in maniera
mirabile.
Luca Fantini ci ha inviato una omelia-meditazione che potrebbe essere
intitolata Lo specchio di Pilato (uno specchio che
interroga ciascuno di noi). Corrado Giamboni mette a nudo I
guai di William Canestro. Johan Thor Johansson ci immerge nel magico
mondo de La radice quadrata. Paola Turroni nel suo
reportage sul ciclo di incontri Avete mai visto l'inchiostro
prendere corpo? si rispecchia in altri scrittori.
Segnalati alcuni siti, presentiamo infine la recesione
di Alessandro Giovanardi al Paradosso
della memoria. Buona lettura.
INDICE
Lo specchio di Pilato (Luca Fantini)
I guai di William Canestro (Corrado Giamboni)
La radice quadrata (Johan Thor Johansson)
L'inchiostro prende corpo (Paola Turroni)
Siti interessanti
Recensioni
- Il paradosso della memoria
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Lo specchio di Pilato
Commento a Gv
18,28-19,16 (di Luca Fantini)
Pilato usci' incontro a loro.
Pilato e' il tipo di spirito libero che non si incaponisce, che non
fa pesare il suo potere e va incontro? Oppure e' semplicemente uno che
non ha voglia di tante rogne e per non trovar da dire con i Giudei che
non potevano entrare nel pretorio in quel giorno prepasquale va loro
incontro? Comunque Pilato esce. E' disponibile
ad allontanarsi dalla sedia segno del suo potere (una sedia che mette
soggezione, come lo studio di tanti personaggi pubblici... e preti?),
ad andare incontro, a fare il primo passo. Ma un primo passo verso chi?
Verso gli accusatori di Gesu', o, forse, dal punto di vista di Pilato,
verso i potenti, quelli che contano, quelli che bisogna tenersi buoni...
C'e' comunque una disponibilita' ad uscire che e' positiva. Uscire e'
sempre un po' abbandonare; come Abramo che abbandona la sua terra per
andare incontro ad una promessa piuttosto vaga (eppure precisa ed affascinante
in quanto rispondente al suo desiderio) di una terra nuova. Dunque chi
esce e' uno che si pone in atteggiamento di ricerca; uno che sa che
il mondo intero non gira attorno a lui (atteggiamento opposto, nel vangelo,
dimostra di avere Erode, che, pure nella malvagita', attende il ritorno
dei magi nel suo palazzo).
Che accusa portate? L'accusa cosi' intesa e' atto
ufficiale. A Pilato non interessano le dicerie, le invidie, i giochini
di sottintesi... Vuole andare al sodo. A differenza dei suoi interlocutori
che rimangono sul vago (Se non fosse un malfattore non te lo avremmo
presentato). Pilato non ci sta, non gioca al loro gioco e risponde:
Portatelo via voi e giudicatelo voi. Ma i Giudei hanno gia' giudicato
e serve loro solo la ratifica della condanna a morte di Gesu'. L'evidenza
di questo fatto da una parte relativizza l'importanza del ruolo di Pilato
nella vicenda della morte di Gesu' e dall'altra esalta l'incontro tra
Pilato e Gesu'. Incontro decisivo non tanto per Gesu' (la sua sorte
e' gia' decisa), quanto per Pilato che come persona e' costretto a fare
i conti con se' stesso, con la propria pretesa di essere giusto ed imparziale,
con il proprio potere di mettere a morte, con il proprio cammino di
ricerca della verita'. La vicenda dell'incontro di Gesu' con ciascuno
di noi e' decisiva anzitutto per noi, per la nostra vita e non solo
per quella futura, quanto piuttosto per quella presente di uomini e
di donne che vivono nel mondo, un mondo di affetti, di delusioni, di
speranze, di gioie, di utopie, di violenze e di soprusi. Pilato viene
punto sul vivo. Non e' forse lui il governatore? Non e' forse lui a
dover indagare sulla fondatezza delle accuse? E dunque nega ai Giudei
il suo assenso immediato e fa chiamare Gesu'. Vuole mettere a confronto
Gesu' e gli accusatori per poter alla fine giudicare. Sara' poi Gesu'
a non accettare questo tipo di confronto e a portare il dialogo ad un
livello piu' elevato dove in gioco sono la salvezza del mondo intero
(nella sua laicita' di mondo, con i valori laici della giustizia, dell'equita')
e quella personale di Pilato (anche qui intesa in senso laico di dignita'
umana, coerenza, passione, giustizia...). Comincia cosi' il dialogo
tra Gesu' e Pilato nel quale Pilato diventa profeta inconsapevole (consapevolissimo
e' invece Giovanni che scrive il vangelo).
Tu sei il re dei Giudei? Questa accusa rivolta
dai Giudei a Gesu', in bocca a Pilato suona come un riconoscimento,
un'acclamazione ed allo stesso tempo come il motivo della morte di Gesu':
il non essere stato riconosciuto per cio' che era.
Gesu' invece di rispondere invita Pilato a guardarsi dentro.
E' una tua opinione o sei manovrato da altri?
Ti fidi di loro? Quello di Pilato e' un giudizio gia' espresso o c'e'
spazio per cambiare le cose? L'uscire per andare incontro e' solo verso
i potenti oppure esprime realmente disponibilita' al dialogo, al confronto,
a cambiare opinione, a rivedere le proprie posizioni?
La tua gente ti ha consegnato a me, cosa hai fatto? La
curiosita' si accende in Pilato abituato, probabilmente, a trattare
con persone che nella situazione di Gesu' si sarebbero comportate ben
diversamente: negando od affermando con disprezzo.
Che cosa hai fatto? Gesu' non deve piu' rispondere
si' o no, e' cresciuta la disponibilita' all'ascolto da parte di Pilato
ed allora Gesu' comincia a parlare. Il mio regno
non e' di questo mondo... Da una parte Pilato e' rassicurato,
il regno di Gesu' non ha a che vedere con le varie questioni politiche
di alleanze, amicizie, ribellioni e dominazioni; dall'altra Pilato non
comprende, sono questioni lontane da lui, dai suoi problemi quotidiani,
dalla sua cultura ed allora vuole chiarire: Dunque
tu sei re? E' l'occasione per far proclamare solennemente a Gesu'
la sua regalita', la sua dignita' ed il suo ruolo all'interno della
storia della salvezza. Il regno di Gesu' consiste nel rendere servizio
alla verita': annunciare il volto misericordioso di Dio ed il suo disegno
di salvezza universale. Gesu' non sfugge le sue responsabilita', anche
questo fa parte del suo annuncio. Io sono re.
Ma Gesu' invita anche Pilato a fare un altro passo avanti: la verita'
e' svelata da Gesu', solo la sua parola e' capace di svelare agli uomini
il mistero della vita. Chi e' dalla verita' ascolta
la mia voce.
Ma Pilato non compie il salto. A lui interessa prima di tutto gestire
le cose della terra e dunque si richiama alla concretezza, a cio' che
si vede e si tocca con mano, a cio' che si dirige e si manipola. Cos'e'
la verita'? Non c'e' spazio per l'oltre in chi si lascia assorbire dall'ora.
Certo la prospettiva del dialogo con Gesu' potrebbe anche essere interessante,
ma prende una piega troppo impegnativa. Invece il problema di Pilato
e' pratico, urgente, pesante: l'elite della societa' ebraica si e' mobilitata;
come uscire da questa storia e' il problema piu' urgente e Gesu' sembra
disinteressarsene, quasi non avesse capito il problema e la sua urgenza,
e' un sognatore. Certo forse le cose andrebbero affrontate in profondita',
ma adesso non c'e' tempo. (E quando c'e' tempo? Qual e' il tempo propizio
per rientrare in noi stessi? Per curare lo spirito? Quali preoccupazioni
dovremo prima avere risolto? Quali difficolta' avere superato? Ma esiste
un tempo cosi' o quel tempo e' sempre domani?)
In realta' non e' Gesu' che non comprende e parla di altro, ma Pilato
che si illude di poter risolvere il caso Gesu' affrontandolo in altro
modo che scendendo dentro se' stesso e decidendo da che parte stare.
Ed allora Pilato esce di nuovo verso i
Giudei. Ma qui l'uscita e' un po' una fuga, da se' stesso, da una riflessione
seria sulla vita, dal prendere posizione, dall'assumersi le proprie
responsabilita'. Pilato esce dopo essere entrato in intimita' con Gesu'
e, forse, con la parte piu' vera di se': Pilato esce da se' stesso,
ma non si ritrova piu' e continua ad uscire fino a trovarsi fuori da
se' quando invece deve prendere decisioni importanti (decisive appunto)
anzitutto per la propria vita.
Deve risolvere il problema di salvare un innocente e di non perdere
la faccia davanti ai Giudei tenendoli buoni. Pilato prova a fare il
furbo e propone la liberazione di Gesu' in occasione della Pasqua, non
vorranno mica in liberta' quell'assassino di Barabba? In fondo Gesu'
e' un tipo pacifico, gli e' stato portato per altri motivi, non per
la sua pericolosita' nel fomentare ribellioni. Barabba invece e' conosciuto
e temuto dai capi dei Giudei (che odiano i Romani e che pure non hanno
interesse a cambiare in peggio le cose vista la relativa autonomia conquistata.
E da un punto di vista politico cio' che succede dopo la distruzione
del tempio conferma il loro ragionamento). Ma gli va male, Gesu' e'
piu' odiato e temuto di quello che pensava: Libera
Barabba! E cosi' Pilato si trova incastrato dal suo stesso espediente.
Per giustizia poteva liberare Gesu' (doveva!), e non per magnanimita'
o raggiro ed ora per farlo dovrebbe mettersi in contrasto ancora piu'
forte con i Giudei che sono ricorsi a lui. (E' necessario non fare diventare
carita' cio' che e' restituzione, cio' che dobbiamo agli altri non puo'
essere dono. Per rendere giustizia agli oppressi e' necessaria una nuova
mentalita' non pietista, che ragioni sulla giustizia e sulla verita'
in modo nuovo, guardando gli altri e il mondo con gli occhi di Dio).
Ed ora Pilato sa cosa e' giusto, ma ha paura. Non ha scelto la strada
maestra della giustizia quando poteva farlo piu' facilmente e tanto
meno si sente di farlo poi. E fa flagellare Gesu'. Una pena minore rispetto
alla morte, chissa' che possa essere sufficiente, chissa' che vedendo
la nullita' di Gesu' non lascino perdere. La flagellazione Pilato la
infligge non perche' vede Gesu' colpevole, ma perche' non vede in quale
altro modo uscire indenne da questo pasticcio.
E Pilato esce ancora una volta. Pilato
ha capito cosa succedera' a Gesu', gli sembra inevitabile. Andare contro
le decisioni del Sinedrio, non sia mai per un personaggio che nemmeno
conosce. Meglio la morte di un innocente. Assumetevi voi la responsabilita'
della morte di quest'uomo, per me non ha nessuna
colpa. Ma nessuno puo' vendere le proprie responsabilita' e tanto
meno regalarle. Pilato poteva fare e non ha fatto (ed oggi c'e' chi
fa finta di niente davanti ad uno stupro, come chi non vuole immischiarsi
in cio' che gli capita accanto: duro ed esigente e' il cammino di responsabilita'
che Dio ci ha affidato).
Ecco l'uomo. Pilato spera in un atto di
compassione che lo liberi dal peso della responsabilita' di condannare
un innocente, ma ancora una volta Pilato e' profeta: Gesu' e' l'uomo,
cosi' come Dio lo ha pensato, nella grandezza della coerenza di saper
lottare e soffrire per le proprie idee, per la verita', per la liberta'.
Ed allo stesso tempo ecco l'uomo cosi' fragile, debole, che sembra soccombere
davanti a cio' che la vita gli propone, cosi' piu' grande di lui, a
prima vista. Crocifiggilo. Crocifiggetelo voi,
non ha colpa. Io non voglio avere nulla a che fare con il sangue
di quest'uomo. Ma Pilato ha a che fare, per il suo ruolo, perche' Gesu'
ha attraversato la sua esistenza, perche' ne ha ascoltate le parole.
Secondo la nostra legge deve morire, si e' fatto
Figlio di Dio. E qui Pilato ha paura. Doppia paura sembra essere
quella di Pilato che non consegna Gesu' ai Giudei, ma torna a parlare
con lui: paura dei Giudei, paura di tumulti, paura dei suoi superiori,
paura di non riuscire a gestire la patata bollente Gesu'. Ma anche paura
per se' stesso: cosa sta facendo? Condannera' cosi' un innocente? Cedera'
alle pressioni esterne? Riuscira' poi ancora a guardare in uno specchio
senza sputarci sopra?
Ed allora entra di nuovo e chiede a Gesu':
Di dove sei? Ma Gesu' non risponde. Perche'
non risponde Gesu'? Perche' non serve piu'? Perche' Pilato ha gia' deciso
da che parte stare? Per aiutarlo a pensare maggiormente? Perche' Pilato
ha gia' in mano gli elementi per decidere?
Se non ti fosse stato dato dall'alto. C'e'
un disegno piu' grande. Pilato sente nelle sue mani la vita o la morte
di Gesu', ma Gesu' afferma che la propria salvezza e' nelle mani di
Dio e non di Pilato.
Una colpa piu' grande. Pilato non si e'
affidato alla verita'. Ha visto l'innocenza di Gesu', ma non si e' voluto
schierare apertamente dalla sua parte con la disponibilita' a rimetterci
qualcosa. Caifa e i Giudei che l'hanno consegnato a lui hanno invece
la colpa (piu' grande) di essersi apertamente schierati contro la verita',
per calcolo di potere e per convenienza (meglio
che un uomo muoia...)
Pilato cerca di liberare Gesu',
ha capito che sarebbe la cosa giusta da fare e vuole farla. Come? Il
vangelo non lo dice, ma cerca comunque di liberare Gesu' senza rimetterci
nulla, senza compromettere la propria posizione. (Quante volte vorremmo
sanare ingiustizie senza rimetterci nulla, senza mutare niente del nostro
stile di vita. Bella cosa la banca etica, ma i soldi rendono piu' altrove
e sono piu' sicuri. Bella cosa il commercio equo e solidale, il boicottaggio
delle ditte che calpestano i diritti umani, ma... Giusto non essere
razzisti, ma... Giusto difendere i diritti dei piu' deboli, ma... Giusto
donare del tempo agli altri facendo qualcosa di gratuito per il bene
di tutti, ma... Giusto pregare e partecipare alla messa, ma... Quante
volte i ma sono piu' forti della nostra voglia di giustizia e la sopprimono
come le spine soffocano il buon seme?)
Per Pilato non e' possibile liberare Gesu' senza compromettersi, il
gioco si fa duro e viene presa in mezzo l'intera sua vita, la sua fedelta'
all'imperatore.
Ecco il vostro re. Ma i Giudei non riconoscono
Gesu'. Pilato profetizza ancora; a favore di tutti coloro che vedono
in Gesu' la guida, la salvezza della propria vita. Non un re trionfante,
non corone e gioielli, ma sofferenza, dolore e sangue.
Mettero' in croce il vostro re? Non abbiamo altro
re all'infuori di Cesare. In nome della convenienza politica
i Giudei rinunciano ad uno dei punti fondamentali della propria fede:
l'attesa del messia. Per condannare Gesu' avevano addotto un motivo
politico e non religioso (Gesu' si fa re, turba l'ordine, si pone contro
Cesare) ed ora anche loro vengono incastrati da questo equivoco iniziale
e, pur di non far liberare Gesu' per il cadere delle accuse contro di
lui, sono disponibili a rinnegare una parte importante della propria
fede. Non hanno riconosciuto Gesu' come messia e si trovano a dire che
non ci sara' messia; certo, non ci sara' altro messia che Gesu', l'ironia
di Giovanni e' ancora all'opera. E' la vendetta morale di Pilato contro
i Giudei, loro lo hanno incastrato minacciando di denunciarlo all'imperatore
e lui li mette contro la loro stessa fede.
Pilato ha intuito che Gesu' e' salvezza ed e' consapevole di aver scelto
di essere altrove. Ma oramai la decisione e' presa e lo
consegna ai Giudei perche' sia crocifisso. Da una parte il Pilato
di Giovanni ne esce bene: ha fatto di tutto per liberare Gesu', ma non
c'e' riuscito. Dall'altra il giudizio e' pesantissimo: non e' stato
capace di rischiare, avrebbe potuto e non ha fatto; ha capito e si e'
tirato indietro. (Ed anche oggi i cristiani conoscono, discutono, pregano,
ma cosa fanno?).
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I guai di William Canestro
Ando' in bagno, dove constato' che il lavarsi i denti gli risultava
meno difficoltoso di quello che si sarebbe aspettato: in un certo senso
era come se avesse da sempre avuto 32 + 6 denti. "Sanissimo nella
dentatura, anche troppo... Finiro' col diventare un esportatore di avorio,
una specie protetta", si diceva risciacquandosi e sputando l'acqua
nel lavandino, mentre intanto si preparava al momento che temeva di
piu': esaminarsi allo specchio. Forse si era distratto un momento, ma
mentre sputava nel lavandino era andato giu' qualcosa, ne era sicuro.
Il lavandino era di quelli vecchio tipo, quadrato, grande, col buco
largo e protetto malamente da una griglia tonda appoggiata, il che favoriva
l'intrusione frequente di oggettini di ogni tipo come tappi di dentifricio,
pillole, anelli, capelli, lenti a contatto, bottoni, denti. Cosa c'era
finito dentro stavolta? Esamino' velocemente e sempre con la lingua
la situazione della sua dentatura. I denti nuovi erano cinque, ne mancava
uno. Un pedone era partito. Senza pensarci aperse la bocca davanti allo
specchio e fece per guardarsi. Rimase fermo con la bocca aperta nell'avere
una sorpresa che quasi lo spavento', e una conferma. La conferma era
che i denti erano adesso cinque, mancava il pedone di destra. La sorpresa
era invece data dal colore dei denti: quelli cresciuti durante la notte
erano tutti scuri, anzi decisamente neri. Quelli della volta prima invece
erano bianchi, o piu' esattamente avorio. Pur non conoscendo le regole
degli scacchi, sapeva che sono di due colori, i bianchi e i neri, esattamente
come nella dama, gioco che invece conosceva bene Ð era stato anche campione
d'istituto alle medie. Sinceramente se avesse potuto scegliere avrebbe
preferito farsi crescere delle pedine di dama in bocca piuttosto che
degli scacchi. Ma che cosa ne sappiamo noi dopotutto di quello che fabbrichiamo
all'interno del nostro corpo? Forse possiamo regolare la crescita di
qualcosa in noi?
(dal Virus
dell'elefante di Corrado
Giamboni)
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La radice quadrata
L'asciugamano penzolava in solitudine
sul braccio di metallo cromato a fianco della vitreous china destinata
alle abluzioni. I pomelli di ottone a tre punte luccicavano opacamente
solo la' dove non erano ricoperti dalle incrostazioni d'uso. Fra loro,
al centro, si arcuava il tubo che apportava l'acqua corrente al breve
tragitto fra pelle e deflusso. Lo specchio, modestamente piu' in alto,
era sprofondato in una cornice nera piu' ampia ai lati (divisi in ripiani
nascosti da semplici ante di plastica bianca), piu' sottile in basso
e alla sommita' (destinata a contenere la luce economica e tremolante
di un piccolo neon in via di esaurimento): il tutto era di dimensioni
piuttosto ridotte. A quello specchio si affacciava quasi sempre, negli
ultimi tre lustri, il solito volto. Durante il giorno l'unica anta della
finestra, sulla sinistra, introitava una luce smerigliata simile, nella
sua lattea corpuscolarita', alle particelle di talco che, una volta
usciti dal vano doccia, si appendono per qualche tempo alle evoluzioni
ascendenti del vapore piu' che alla pelle. Il water era accantucciato
in un angolo, circondato da qualche rotolo di carta igienica senza pretese
e da uno scopino in materiale plastico di un color caffe' acquisito.
La ciambella era invece di legno color avorio e risultava quasi pretenziosa
in quell'ambiente desolato, anche perche' era immediatamente sovrastata
da uno sciacquone in ghisa scrostato e arrugginito. Addossata alla parete
piu' lunga e, per un lato, a quella piu' corta, una vecchia vasca da
bagno, sorretta da quattro zampe feline, con lo smalto un po' rovinato,
veniva usata per lo piu' come box-doccia, grazie ad un'asta metallica
ad L (fissata alle pareti ad un'altezza adeguata) su cui poteva scorrere
una tendina rigata in materiale plastico, sbrecciata in piu' punti.
Ai piedi della vasca era disteso un calpestatissimo tappetino i cui
colori originali erano sicuramente assai piu' brillanti di quelli sopravvissuti
ai numerosi, anche se non frequenti, lavaggi. Il pavimento era coperto
da pseudomattonelle in linoleum, di un giallo sporco e moire', mentre
le pareti imbiancate da poco conservavano ancora un certo lucore. Aprendo
la porta, sulla destra si trovava subito l'interruttore elettrico, appena
sopra al cesto di vimini con coperchio destinato a contenere la biancheria
sporca; era uno di quegli interruttori vecchi con un piccolo pomello
quadrangolare sporgente da un anello di plastica nera contenuto in una
piastra di vetro rotonda fissata con due viti alla parete. Azionando
opportunamente il pomello si accendeva una lampadina racchiusa in un
bulbo di vetro opacizzato senza stile che emanava peraltro un quantita'
di energia luminosa forse troppo modesta. Questa stanza da bagno era
meglio frequentarla alla luce del giorno, perche' in tale condizione
la finestra, ben esposta, poteva far entrare fra quelle pareti lattee
una discreta quantita' di luce naturale che sembrava ringiovanirle ed
ampliarle: anche perche' riflessa dallo specchio posto in posizione
favorevole allo scopo. Quando si faceva buio, invece, soprattutto nei
lunghi oscuri giorni invernali, anche tenendo contemporaneamente accesi
il neon sopra lo specchio e il bulbo appeso al soffitto, aleggiava un
debole chiarore artificiale e tremolante: le stesse piastrelle di linoleum
apparivano, se possibile, ancora piu' grigie perche', abbandonata ogni
traccia di giallo, viravano verso una fredda tonalita' marroncina senz'anima.
La tendina della vasca poteva alla luce del sole scorrere con una certa
allegria sulla sua asta, ma acquistava, esposta a quella cattiva illuminazione
artificiale, l'apparenza di cosa morta e inutile: la sensazione era
ancora peggiore se era ripiegata di lato, perche' allora, ad ogni striscia
scura corrispondente alle pieghe interne, facevano da contrappunto lunghi
spigoli luminosi, dal taglio irregolare, che sembravano lame seghettate
indecise sul da farsi. Anche il water, laggiu' nell'angolino, pareva
rassegnato, sotto quella luce elettrica che lo identificava a fatica,
a sorbirsi i consueti residui corporali e il rumoroso scroscio dello
sciacquone che ogni volta pareva sommergerlo. Il lavandino, direttamente
investito dalla flebile oscillazione luminosa del neon, pareva sgretolarsi
e ricostituirsi con la irritante (in quanto percepibilissima) velocita'
di quel tremolio. Quando si affacciava allo specchio in queste condizioni,
pure il viso sembrava sgretolarsi, ma questo era per lui un processo
abituale, anche se piu' lento: il suo disfarsi era dovuto al naturale
decadimento biologico. Certo, alla luce del giorno le rughe apparivano
meno profonde in quel quadro di vetro cosi' spesso, durante la giornata,
abbandonato a riflettere le solite quattro pareti: in fondo era l'uso
sporadico che quel volto ne faceva a conferire ad esso la dignita' del
suo scopo, permettendo a quel viso di indagare, anche se solo con un
occhiata fugace, lo stato d'animo, l'umore che costituivano appunto
l'humus su cui potevano abbarbicarsi le radici dei suoi sentimenti.
Forse, con un atto di volonta', avrebbe potuto estrarre le radici che
considerava piu' dannose e fastidiose, forse quel quadrato di vetro,
era li', solo, per questo.
"Non c'e' peso piu' utile da portare per via che quello della saggezza:
eppure il cuore del saggio di rado e' felice sapendo che sempre gli
sfugge qualcosa."
(da La
simmetria imperfetta, di J.Th. Johansson)
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Avete mai visto l'inchiostro prendere
corpo?
"Il letto portava evidenti i segni di una notte agitata,
con il lenzuolo tirato via dai piedi, la coperta per terra e il cuscino
finito sotto, tra la polvere, tra le lattine e le scatolette di tonno.
William, senza alzarsi e senza spegnere il televisore rimasto acceso
tutta la notte senza audio, prendeva coscienza della nuova situazione.
Senza aprire gli occhi, considerava con la lingua la sua bocca dal di
dentro: sei denti in piu' non erano una cosa dalla quale poter prescindere."
(Corrado Giamboni, Il
virus dell'elefante)
Ci siamo incontrati. Prima tra di noi che con il pubblico. Forse abbiamo
reso pubblico il nostro incontro. Due spazi, tra Cesena e Forli', che
hanno accolto una catena di sguardi, sulle parole che avevamo scritto
in tempi diversi e che agganciate a questa catena sono diventate contemporanee.
"Anche a Rick succede, come a tutti gli esseri umani del resto,
di chiedersi come mai un androide si trovi ad essere senza difese davanti
a un test per la misurazione dell'empatia. Pare, infatti, che l'empatia
possa esistere soltanto all'interno della comunita' umana, mentre la
stessa cosa non accade per altre facolta'. E' possibile, ad esempio,
individuare l'intelligenza, almeno fino a un certo livello, anche tra
gli animali. L'empatia, secondo Rick, deve comunque essere limitata
ad animali in prevalenza non predatori, dal momento che una delle caratteristiche
dell'empatia e' proprio quella di rendere sempre piu' sfumati i confini
tra il cacciatore e la vittima, tra il vincitore e lo sconfitto."
(Fabrizio Chiappetti, Visioni
dal futuro. Il caso di Philip K. Dick)
Ci siamo conosciuti. Attraverso un dialogo che e' rimbalzato con un
pubblico attento, col quale ci siamo ri-conosciuti. Ogni volta un appuntamento,
corpi attorno a un tavolo, rannicchiati su un divano, tesi su uno sgabello,
gesticolavano domande.
"Siamo passati dal fiume Alima al fiume Congo, lungo una scorciatoia
da piroghe tutta bassi fondali ed isolotti. Il timoniere ha il suo daffare
a zigzagare fra i canneti, e un paio di volte ci areniamo anche. La
torcia va usata il meno possibile, vuoi per non far ingrifare ancora
di piu' gli insetti (gia' al massimo della loro attivita'), vuoi per
non disturbare gli spiriti del fiume. E' dantesco. Per due ore abbondanti
tutti i passeggeri della piroga, in silenzio perfetto, si autoschiaffeggiano
le braccia, il collo, la faccia, la testa, le gambe, per allontanare
gli insetti. I rumore e' incessante: cik...ciak...cik...ciaff...cio'k...cik...
ma nessuno si lamenta, nemmeno io. Fa tutto parte del contratto. Scopriro'
a suo tempo che nessuno, dei duemila miliardi di insetti che abbiamo
incontrato, mi ha punto. Si sono limitati a posarsi sulla pelle, a prendere
degli schiaffoni." (Orfeo Babrtolini, Capetown
Bellaria. La sfida)
Abbiamo ritrovato persone, tra un posto e l'altro, chilometri sbrinati
con carta riscaldata dalle mani che la scambiavano. E' stato questo
ritrovarsi, conoscere i corpi dietro l'inchiostro, che ha reso importante
questo evento, indipendentemente dall'accoglienza a volte scostante
della citta'. Scambiarsi amici, fatica ed entusiasmo, anche senza risonanze
sociali, perche' l'ascolto e' gia' comprensione.
"Anche dopo aver camminato attraverso i tortuosi sentieri del suo
darsi si ha l'impressione che la follia "venga prima" di ogni
sua manifestazione (furore divinatorio, peccato, malattia mentale, mania,
genialita'...) e che cio' che attraverso esse ci manifesta sia solo
la parte eccedente di un "fenomeno" che difficilmente si lascia
dire, pur parlando innumerevoli linguaggi. Se ne avverte l'invisibile
consistenza, ma non e' descrivibile in modo familiare. Forse non e'
esperienza sufficientemente cosciente alle menti da poter essere definita;
forse appare sfuggente perche' supera i limiti dell'individuo; forse
e' il luogo del non compreso, dove si nasconde la verita' accompagnata
dal non-senso." («arcipelago», I
linguaggi della follia a cura di Katia Bernuzzi)
Voglio ringraziare Alessandro e Ruben per la possibilita' che ci hanno
dato, e la passione con cui l'hanno data, dono prezioso e fertile. Sono
stati loro il corpo dell'inchiostro.
"Il bisogno di guardarmi dentro /mi aiutera' a decifrare / questa
necessita' di essere /ridotta all'essenziale. / Non esiste altro, /
costruire la speranza /fermarmi a chiedere perdono /accogliere la vita
fino alla stanchezza." (Ardea Montebelli, Il
paradosso della memoria)
(di Paola Turroni)
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Siti interessanti
Parole di carta
http://www.paroledicarta.com/sitiletterari.html
Oltre lo specchio
http://www.dsm.univ.trieste.it/~nrd/attivita/specchio/intro.html
Lo specchio nella Bibbia
http://www.eulogos.it/bibbia/mf6.htm
Due popoli allo specchio
http://www.shalom.it/5/3.htm
Corpo e pensiero femminile
http://mondodomani.org/dialegesthai/cc01.htm
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Recensioni:
Il paradosso della memoria. Le meditazioni in versi di Ardea Montebelli
sulle Lettere di San Giovanni
(...) La fine poetessa e fotografa riminese, dotata come
sempre di forte sensibilita' simbolica e spirituale, ha condotto una
capillare e sofferta esegesi delle epistole giovannee, attraverso un
percorso lirico interiorizzato e selettivo. Ardea ha prediletto, infatti,
il verso breve e sintetico, ma mai facile o ingenuo, figlio com'e'
di un lavoro annoso di "incisione" e scultura della parola,
nell'esperienza di preghiera di questa donna dalla personalita' spigolosa
e bella, genuina e intransigente.
Il volumetto e' stato pubblicato, in una bella veste, dalle edizioni
Fara (...) e se
e' vero che un'edizione ben curata non deve contrastare visivamente
con il vivo contenuto del testo, per la semplice ragione che sono gli
occhi a leggere e a trarre piacere dal libro sia come discorso, sia
come oggetto, possiamo dire che la scelta ornamentale e' stata, in questo
caso particolarmente azzeccata: il colore delle pagine rimanda a quello
del pane, mentre il rosso cupo del segnalibro richiama quello del vino
come concreti segni eucaristici; inoltre la riproduzione di alcuni fra
i piu' begli scatti dell'autrice (...) evocano una dialettica di tenebre
e luce, carne e spirito in cui il buio non vince lo sfolgorare dell'Amore...
(...) Guido Benzi, docente di Sacra Scrittura, ha introdotto la lettura
dei testi (da parte di Daniele Biondi e Federico Cammarota), richiamandosi
ai Padri della Chiesa e ricordandoci che questa poesia, maturata nel
silenzio, si presenta tuttavia come parola che interroga non il silenzio
stesso ma il nostro vivere illuminato dalla Scrittura, la quale, a sua
volta, non e' distinta dalla vita ma cresce con l'esigenza di chi la
legge e se ne alimenta, facendola risuonare in se'. Il "paradosso
della memoria", come ha detto il prof. Natalino Valentini, direttore
dell'Istituto Marvelli, risiede proprio in questa sua fragilita' di
strumento umano capace comunque di relazionarsi all'Assoluto e di accogliere
il Verbo divino: "Ricordarsi di Dio e' essere ricordati da Lui,
e' vivere gia' nel Paradiso, come affermano Bergson e Florenskij, e'
creazione nel tempo dei simboli dell'Eternita' " (...)
(Alessandro Giovanardi, «Il Ponte» del 29
aprile 2001)
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