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FARANEWS
ISSN 15908585
MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE
a cura di Fara Editore
1. Gennaio 2000
Uno strumento
2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa
3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee
4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?
5. Maggio 2000
Il viaggio...
6. Giugno 2000
La realtà della realtà
7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale
8. Agosto 2000
Progetti di pace
9. Settembre 2000
Il racconto fantastico
10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi
11. Novembre 2000
Il mese del ricordo
12. Dicembre 2000
La strada dell'anima
13. Gennaio 2001
Fare il punto
14. Febbraio 2001
Tessere storie
15. Marzo 2001
La densità della parola
16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro
17. Maggio 2001
Specchi senza volto?
18. Giugno 2001
Chi ha più fede?
19. Luglio 2001
Il silenzio
20. Agosto 2001
Sensi rivelati
21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?
22. Ottobre 2001
Parole amicali
23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.
24. Dicembre 2001
Lettere e visioni
25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.
26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere
27. Marzo 2002
Le affinità elettive
28. Aprile 2002
I verbi del guardare
29. Maggio 2002
Le impronte delle parole
30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza
31. Luglio 2002
La terapia della scrittura
32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.
33. Settembre 2002
Parola e identità
34. Ottobre 2002
Tracce ed orme
35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano
36. Dicembre 2002
Finis terrae
37. Gennaio 2003
Quodlibet?
38. Febbraio 2003
No man's land
39. Marzo 2003
Autori e amici
40. Aprile 2003
Futuro presente
41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.
42. Giugno 2003
Poetica
43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?
44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM
45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi
46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario
47. Novembre 2003
Lettere vive
48. Dicembre 2003
Scelte di vita
49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro
51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia
52. Aprile 2004
Preghiere
53. Maggio 2004
La strada ascetica
54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?
55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004
56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso
57. Settembre2004
La politica non è solo economia
58. Ottobre 2004
Varia umanità
59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM
60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali
61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004
62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato
63. Marzo 2005
Concerto semplice
64. Aprile 2005
Stanze e passi
65. Maggio 2005
Il mare di Giona
65.bis Maggio 2005
Una presenza
66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica
67. Luglio 2005
Risvolti vitali
68. Agosto 2005
Letteratura globale
69. Settembre 2005
Parole in volo
70. Ottobre 2005
Un tappo universale
71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare
72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri
73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi
74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada
75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole
76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"
78. Giugno 2006
Varco vitale
79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero
tempo, stabilità, “memoria”
79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006
80. Agosto 2006
Personaggi o autori?
81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?
82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo
83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica
84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?
85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)
86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare
87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”
88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio
89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007
90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”
91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)
92. Agosto 2007
Versi accidentali
93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?
94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…
95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo
96. Dicembre 2007
Il tragico del comico
97. Gennaio 2008
Open year
98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo
99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore
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Numero 20
Agosto 2001
Editoriale: Sensi rivelati
I sensi sono cinque (a volte se ne aggiunge un sesto,
immateriale): sono le modalita' che ci permettono di conoscere le realta',
cosi' anche i piu' astratti sensi del linguaggio. In questo numero presentiamo
scritti che li mettono, i sensi (in tutti i sensi) in gioco, ne fanno
riverberare significati nuovi, ne limitano od estendono l'ambito di
riferimento portandoci alla riflessione, piacevolmente.
Iniziamo con un passo di Giovanni Vailati sul Senso del
momento in Galileo. Andrea Steinfl, creativo di fama internazionale,
ci offre sensi elusivi e al tempo stesso critici nelle Insidie
della terra senza blu. Ardea Montebelli ci apre al dialogo col divino
in Avrai parole. Gianfranco Lauretano ci abbacina con
i suoi Versi che non vanno a capo. Dopo avervi proposto
alcuni siti, presentiamo le recensioni ai Linguaggi
della follia e a Dalla parte sbagliata. Per finire
la dolce Xia Xuje di Imed Mehadheb: il nostro senso
si riflette negli altri. Buona lettura.
INDICE
Sul senso del momento (Giovanni Vailati)
Le insidie della terra senza blu (Andrea
Steinfl)
Avrai parole (Ardea Montebelli)
Versi che non vanno a capo (Gianfranco
Lauretano)
Siti interessanti
Recensioni
- I linguaggi della follia
- Dalla parte sbagliata
Xia Xujie (Imed
Mehadheb)
Torna all'inizio
Sul senso del momento
(di Giovanni
Vailati)
Basta talvolta la piu' piccola incertezza sul significato
d'una parola per rendere assolutamente impossibile decidere se una data
proposizione, nella quale essa entri, ci dia qualche informazione, vera
o falsa, sui fatti ai quali si riferisce, o non sia invece destinata
che a indicarci quale relazione passi tra il significato che vogliamo
dare alla parola stessa e quello che, da noi o da altri, si da' ad altre
parole. Mi serviro', per schiarire questa distinzione, di un esempio
desunto dalla meccanica: La parola "momento" di due forze, o di due
pesi, fu introdotta per la prima volta da Galileo per esprimere il variare
dell'efficacia colla quale una stessa forza, o uno stesso peso, tendono
a far muovere un dato meccanismo, col variare del punto di questo a
cui sono applicati, o della direzione secondo cui agiscono, o, in generale,
col variare di qualsiasi condizione a cui la loro azione possa essere
assoggettata, sia in virtu' dei vincoli del sistema, sia in virtu' delle
proprieta' del mezzo in cui il movimento avviene. Cosi' un dato peso
ha maggiore o minor "momento" a seconda dell'inclinazione del piano
lungo il quale discenda, o a seconda della minore o maggior densita'
di un liquido in cui si trovi immerso. Galileo diceva quindi che due
forze o pesi diversi erano di egual momento rispetto ad un dato ordigno,
a dati punti del quale erano applicate, quando, non ostante la loro
differente intensita' o direzione, esercitavano una identica azione
per smuoverlo, o, in altre parole, quando erano applicate in modo che
l'una sarebbe stata capace di far equilibrio all'altra, quando questa
si rivolgesse in senso contrario. Ora, se prendiamo, per esempio, la
proposizione: "Due forze, applicate a un corpo rigido girevole intorno
ad un asse, si fanno equilibrio, quando i loro momenti, rispetto a quest'asse,
sono eguali e di segno opposto", e' evidente che la sua semplice ispezione
non ci permette di comprendere se chi la enuncia intenda con essa asserire
qualche cosa sulle condizioni d'equilibrio d'un corpo rigido in date
circostanze, o se egli invece non intenda far altro che indicare la
sua intenzione di adoperare la parola "momento" nel senso che abbiamo
visto sopra, invece che nel senso che si darebbe ad essa attualmente.
Se tale fosse l'intenzione di chi parla, la frase "sono di ugual momento"
potrebbe esser sostituita dall'altra meno ambigua "si chiamano di egual
momento", con che si vedrebbe chiaramente che egli non ci da' assolutamente
alcuna informazione sulle leggi dell'equilibrio.
(da Alcune
osservazioni sulle questioni di parole. Il Centro Studi Giovanni
Vailati ha curato la pubblicazione di una dispensa per studenti dell'ultimo
anno dei licei in cui viene presentato il pensiero del filosofo cremasco
in cinque lezioni. Hanno collaborato alla realizzazione A. Lanciani,
F. Aqueci, I. Lodigiani, P. de Capua e M. De Zan. Chi fosse interessato
alla versione cartacea puo' rivolgersi a mdezan@libero.it)
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Le insidie della terra senza blu
(di Andrea Steinfl)
Questo volersi svegliare la mattina presto si traduce
in una continua disfatta - persino il nipponico pinguino-sveglia, con
la sua wake-up wake-up mangoisterica voce, giace sconfitto in mezzo
alle trillanti tichettanti accampate intorno al letto.
Le luci blu dell'alba mi sfuggono vergini e la donna che mi dorme al
fianco si sta esasperando.
Mi guarda imprugnita bellezza disperata quando allo scoccare del mezzodi'
mi innalzo eltsiniano sul cuscino e cerco inebetito di riformulare i
comandi nervosi - che convincano loro infine le mani verso il caffefreddo
ormai paludoso!
La mialei perde il sonno, si emicrania, si occhiaia sempreppiu'.
Perche' Almissa le bombe ad orologeria le sente tutte, anche quelle
dei vicini, anche i respiri degli alberi se non ci fosse il cemento
di fronte alle finestre, anche il lamento del cemento se ne capisse
l'oscuro linguaggio.
Se non avesse fatto l'artistico.
Lei capta ultraultrasuoni, prima dei cani e delle acciughe,
e non si riaddormenta piu'. Io invece immobile incosciente lontano.
La sua voce, le sue scosse, i suoi sbuffi rancorosi, niente
mi nega e tutto infine mi raggiunge nei sotterranei del REM ma come
canditi sminuzzati nello zuccotto.
Continuo a rimanere impastoiato in un costrutto melmoso
sul quale la sua sveglia realta' si affaccia intubata, breve e sfiatata.
Sintetizzata in piccoli fori che trafiggono inutilmente il gel sonnifero
che mi impedisce il risveglio.
Almissa non capisce naturalmente che ci sono oscure forze
al lavoro che mi negano alla realta' per lunghe ore, che e' un maschio
complotto quello che mi tiene lontano dai mattini romani.
Io sono in guerra e nessuno lo sa.
La mia battaglia sulla battigia del dormiveglia le e' sconosciuta, i
clangori dell'esercito del sonno non le arrivano e neanche la mia voce
strozzata le arrivava fino all'altro giorno.
Non parliamo poi del ritmo lontano dei maestri di Jojuoka, che il cielo
li protegga e li renda immortali, che facevano proprio ieri da colonna
sonora alla tenzone.
Una situazione diplomatica poco da ridere.
A spiegarglielo buchi nell'acqua. Le parole si dovevano arrendere a
concetti per cui non erano venute al mondo, piu' semplicemente mancavano
del bagaglio genetico per accoppiarsi in frasi di qualche senso.
Con Jan certo era stato tutto diverso. Lui si svegliava nel cuore della
notte urlando: "Ditemi che cazzo sta succedendo!" ma precisava subito,
cancellando ogni possibile incomprensione: "Gli insetti giganti hanno
conquistato la parete nord!" indicava poi il muro incartadaparato che
era il panorama unico del nostro letto pieghevole e che fino a quel
momento aveva solo sfidato il mio senso estetico.
Io non mi tiravo indietro, riconoscevo la gravita' della situazione,
e mi trasformavo a-ttenti nel fedele gregario di tante battaglie notturne
in terra asburgica e saltavo in piedi sul letto gridando: "Quali le
disposizioni, comandante?" Ma Jan lavora a Hollywood, e cio' spiega
molto.
Con Almissa tutto questo non funziona.
Forse anche a causa della complessita' delle trappole che il dormiveglia
mi tende. Come spiegare in maniera semplice e convincente la tipica
disposizione fulleronica delle trappole orchestrate da Orr, come i pavimenti
a ventosa o le insidie della terra senza blu?
Un paio di lune fa, un miracolo: la mia voce forza la
foce, si affaccia oltre la geodesica cupola del sonno e raggiunge nell'agognata
terra aldila' le di lei orecchie - piccole e carnose - uh a a.
Non si sarebbe tirata indietro questa volta l'ereditiera
unica delle umide luci della mattina! Niente piagnistei, si sarebbe
data da fare.
La mia richiesta d'aiuto le arrivava chiara e cristallina.
"Dammi mille baci, Almissa!" dissi sospirai urlai ordinai.
E indietro non si tira la filiforme e mi rimbalza finquaggiu'
il rumore del suo incresparsi di labbra e sei baci.
Il che naturalmente non e' servito a disintegrare la calamaresca cupola
trasparente che mi inguainava.
Era certo un buon inizio - il contapunti digitale lo ribadiva chiaramente
- meno novecentonovantaquattro - molta strada da fare ma un buon inizio.
Nonostante l'indicatore di energia vitale fosse ulteriormente sceso
ho trovato la forza di farglielo notare.
Di nuovo la mia voce si e' spinta scivolando ai suoi padiglioni. Ma
la mia bella non e' stata capace di cogliere la nota disperata e ha
tirato fuori un trucchetto da sottoscala, piazzandomi uno schiocco sotto
la palpebra sinistra: "Questo ne vale mille," ha detto.
Il viscido Orr, con la sua faccia verdemoccio che picsellava
smorfie in bassa risoluzione nell'angolo a destra in alto, accanto al
punteggio, si e' contorto in una simil risata, impietosa, che ha increspato
piccole onde sulla semisferica gelatina onirica cancellando le misere
incrinature che i sei slanci di Almissa avevano causato.
Il contatore non perdona: duecentocinquanta punti di penitenza mentre
un jingle ispirato a caminito con la voce di un gardel sintetizzato
mi avvertiva che sarebbero stati cazzi amari nel prossimo livello.
Hai voglia a dire donne - competitive negli affetti -
zero. Avesse mantenuto un ritmo tranquillo di sessanta baci al minuto,
in meno di diciassette minuti avrebbe sradicato il ghigno dalla faccia
bitorzoluta di Orr e mi avrebbe avuto li' sveglio libero e caotico come
la vita mi ha voluto. Ieri poi e' successo il finimondo.
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Avrai parole
(di Ardea Montebelli, da
leggersi preferibilmente dopo il Salmo 8 e l'Inno alla carita' in 1
Corinzi 13)
Avrai parole
nel sopraggiunto pulsare
dell'eternita',
forse si placheranno
le mie notti aggrovigliate
sui fondali di pieno inverno
nel freddo che scende
inesorabilmente
se io sono consapevole
che Tu sei qui a salvarmi
da qualcosa di apparente
che divora i fili
lungo il percorso.
A spese mie
vorrei offrire al mio prossimo
una promessa definita
nell'attimo in cui
la Tua potenza
finira' col vincere
ogni equivoco.
Quanti segni
scandiscono pericolosamente
questa attesa cosi' lunga
da porre al riparo
dalla magia
di un mortale quotidiano.
Tu mi insegni in modo chiaro
che non e' poi cosi' difficile
amare l'uomo
con tutti i suoi segreti.
Ti chiedo scusa
se talvolta le mie idee
no hanno giusta pieta'
e mostrano il profilo
con bisogno minuzioso
di isolare nelle cose
la fede dalla ragione.
No, non Ti sbagli
quando vuoi dimostrarmi
che non ammetti condizioni
davanti alla precarieta' delle domande
e ai dubbi infedeli
che deformano irreparabilmente
le Tue risposte.
(4 luglio 2001)
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Versi che non vanno a capo
(di Gianfranco Lauretano)
I bambini, il tempo
3. La necessita' e' tutto cio' che abbiamo e siamo, la totalita' delle
nostre fibre, la definizione di ogni respiro. E mia madre, la mia bambina,
adesso non lo so cosa ama. Perche' l'amore di una madre e' necessario,
e' un "per sempre" chiaro, e mia madre e' diventata piccola,
piu' di mia figlia. Il tempo non passa, il tempo impazzisce. Il passare
del tempo e' il suo diventare matto, l'essere "gia' stato"
di noi e' una tremenda malattia della mente, chiodo di nulla qui in
mezzo.
16. C'e' un centro nell'uragano del tempo - che se ne
frega e ci uccide - un cuore fatto di calma, di stasi. E' mia moglie,
il punto in cui il destino ha deciso di stabilirsi a casa mia (...)
18. Da qui, dove sembrava non arrivare la luce, in un
tempo in cui la colpa e' l'essere come tanti, la coscienza era come
un morso di solitudine, quella vecchia vipera. (...)
20. Non lo so cosa sia il mio bene. E' tanto, certe volte
addirittura tutto, anche la Bosnia, anche il cancro. Il mio bene attraversa
le cose, e' un filo come quello dei panni ad asciugare e sostiene l'elenco
che potrei fare. Cio' che piu' mi ama e' un mistero, no so parlarne,
non so dirne quasi niente. Mi interpella dalle cose e solo da quelle,
senza apparizioni. (...)
25. (...) Al mondo l'amore è un caso, la sollecitudine
un evento, la premura un imprevisto. Normalita' e' una vasta noncuranza
della natura verso di noi e viceversa; e di noi, verso noi stessi.
30. Passano i tramonti veloci, rossi, stanchissimi, ma
non passa qualche sera in cui non basta neppure la misura del cielo.
Allora tutto e' cattolico: in paradiso smettera' la mancanza, in purgatorio
la pena sara' la speranza stancata, sara' stasera. Nell'inferno la penna
che ho in mano si conficchera' nella carne, senza finirla, senza fermarsi,
assetata di qualcosa che non sgorga.
36. In un buco senza luce alle costole del colle (un lusso
le finestre), in un buco l'Annuncio... spaventandoti hai detto si',
a quindici anni, ecco l'unica differenza, tu non t'illudevi, il nostro
si' non dura, nessuna tranquillita' nell'assentire al buio ma un vasto
timore, tu lo sapevi che un si' chiede la ripetizione, che non e' umano
un si' se non e' pieno di timore...
Diario finto
9. Eccoti, alla fine, e' tutta la luna che ti cerco. Eccoti,
Dio mio: parola che rimbalza i tramonti. Perche' e' un momento che mi
rotolerei sotto i tavoli per essere, nella polvere, piu' cane, piu'
bestia. Perche' il pugnale che tengo tra i denti si e' rotto quando
ho serrato questo muso troppo forte e i frammenti di acciaio mi bloccano
la gola. Bloccano le urla e non posso gridare.
Giustificazione
6. Comunque non so giustificare i testi di questo libro
in un genere: la maggior parte di essi e' nata con l'intenzione di essere
poesia, ma poi non ho saputo andare a capo. Non ho saputo stare zitto,
se non alla fine di ognuno di loro, non ho trovato il "versus".
11. Talvolta non mi accorgo che il sole da noi tramonta.
Mi pare che sorga, lo confondo. Ma e' chiaro che siamo a Occidente:
credi infatti che ci sia qualcosa di piu' importante della sua sembianza?
(...)
(da Diario
finto, Edizioni l'Obliquo, Brescia, 2001. Gianfranco
Lauretano e' vicedirettore della rivista «clanDestino» e
direttore letterario di «Graphie». Nel 1997 ha pubblicato
Preghiera in corpo. Ha tradotto poeti dal russo e dal portoghese.
Suoi versi sono stati inseriti nell'antologia Il pensiero dominante.
Poesia italiana 1970-2000, Garzanti, 2001)
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Siti interessanti
Lorizio fra teologia e filosofia
www.geocities.com/lorpino/
Il senso della vista
www.artonline.it/artista.asp
Il senso del gusto
http://web.incucina.net/RIcette/ricette.ASP
e-book e molto altro
www.romanzieri.com
archeologia e non solo
www.archeologia.com
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Recensioni:
I
linguaggi della follia
Segnalo ai componenti della ML questo libro per "armarsi"
contro la barbarie della psichiatria. Quanti linguaggi ha la follia?
Questo volume e' dedicato alle varie manifestazioni della
follia senza la pretesa di individuare una "essenza" della pazzia, ma
indagandone i rapporti con l'atto criminoso, con la creativita' artistica,
con la malattia mentale, con la figura del "contrario" nelle culture
tribali, con gli aspetti dionisiaci e "teatrali" (con l'esperienza di
Artaud). Degno di menzione particolare il saggio di Etienne Balibar
su crimine e follia.
(in no-psichiatria
http://groups.yahoo.com/group/no-psichiatria/message/927)
In Kosovo Dalla
parte sbagliata
"Proteggi i ricordi, le fotografie, le prove scritte
del fatto che sei esistito. Se tutto brucia, se perdi tutto... dovrai
dimostrare anche a te stesso che una volta eri" (Nezad Maksumic).
La guerra non e' stata un videogioco e chi ha sofferto ha un nome. C'e'
stato qualcuno: volontari, obiettori di coscienza... che con l'Operazione
Colomba in Kosovo ha vissuto con chi ha sofferto l'ingiustizia della
guerra fin dal primo momento del suo divenire. "In questa guerra
siamo entrati dalla parte sbagliata - scrive Alberto, autore di una
delle testimonianze contenute nel testo - non abbiamo portato aiuti
umanitari, abbiamo vissuto con serbi e albanesi, abbiamo appoggiato
la lotta nonviolenta, non abbiamo tifato per l'Uck, ci siamo opposti
al bombardamento della Nato". Un libro per capire questa scelta,
per rileggere le vicende della guerra attraverso gli occhi di chi le
ha viste da un'altra angolatura, un libro per non dimenticare. Una grafica
invitante, con le immagini toccanti dei protagonisti: bambini, uomini,
anziani, mamme, rende ancor piu' incisive le testimonianze. (n.p.)
(in Sempre,
dicembre 1999, www.exodus.it/ASSOCIAZIONI/APG23/sempre)
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Xia Xujie
(di
Imed Mehadheb)
C'era una volta, non molto tempo fa, una fanciulla che
apparve in piedi sulla porta brillante disegnata dal sole sul pavimento
di un'aula: era il primo giorno di scuola. Era piccola piccola, molto
magra e i suoi capelli neri rifulgevano come seta mentre i suoi occhi
a mandorla, scuri e lucenti risaltavano violentemente sulle sue guance
di colorito giallognolo.
Prima che il maestro, che stava facendo l'appello, si accorgesse di
quella minuscola presenza, molti alunni piegarono il capo da un lato
cercando di osservare la fanciulla da una diversa prospettiva ma, anche
cambiando angolazione, il risultato rimaneva immutato: il suo contrasto
con i tratti somatici di tutti loro era omnidirezionale.
- Buongiorno,
signor
maestro!
- saluto' la fanciulla, aprendo la boccuccia squisita dalla quale il
sorriso usciva come un chiarore e la parola come una musica.
Il maestro giro' la testa verso la vocina e spalanco' tanto d'occhi.
- Chiedo scusa, signor
maestro,
per il mio ritardo
- continuo' la fanciulla che era apparsa come una folata di luce. -
Ho dovuto aspettare
che mia madre
terminasse
il suo turno
di notte in fabbrica
per
farmi
accompagnare.
Poi domando', continuando a ritrarre cosi' chiaramente la lettera R
da dare l'impressione che se ne servisse meno spesso di qualunque altra
persona:
- Questa e' l'aula della prima
elementare,
vero?
- Ah, si', si'... - rispose il maestro alla piccola e magra fanciulla
che traboccava eloquenza. - Tu devi essere... - e frugo' nel registro
per leggere il nome della sua nuova alunna ma, per un attimo, l'ombra
di un turbamento calo' sul suo volto e domando' alla fanciulla con un'espressione
d'imbarazzata implorazione: - Ma come si pronuncia il tuo nome?
- Xia Xujie - disse la fanciulla con la sua vocina poco ampia ma limpida,
provocando le risatine degli alunni che trovarono quel nome molto bizzarro.
- Sssst... fate silenzio - ordino' il maestro, poi si rivolse a Xia
Xujie: - Siediti accanto a Leonardo - e le indico' il posto.
Ma, sia detto a suo onore, solo Leonardo, soprannominato "Pomodorino"
a causa della timidezza che lo faceva arrossire, non aveva riso quel
giorno.
Xia fece un inchino gentile verso il maestro, poi si volto' verso i
suoi nuovi compagni e, mentre le aleggiava intorno qualcosa di misteriosamente
buono e dolce, saluto' anche loro con un inchino:
- Buongiorno a tutti - disse, facendo crollare in loro un pezzo delle
spaventose tenebre delle diffidenza e facendo nascere nei loro cuori
qualcosa di caloroso e d'inesprimibile, simile alla fiducia e all'amicizia;
anche se tutto in quella nuova compagna, la sua andatura, il suo atteggiamento,
il suono della voce ed il minimo gesto, la rendeva diversa.
In pochi giorni, tutti i compagni di scuola di Xia Xujie impararono
a pronunciare correttamente il suo nome, e solo il maestro trovo' quel
compito difficile, impossibile.
Cosi', durante l'appello, Leonardo, incapace di sopportare la violenza
che subiva il nome della sua compagna, si alzava in piedi di scatto
sfidando la propria timidezza e lo scherno degli altri e sbottava scandendo
le sillabe con tono aspro:
- Si chiama Xia Xujie, maestro, Xia Xujie.
Poi si sedeva e la sua pelle bianca, che lasciava vedere qua e la' le
arborescenze azzurrine delle vene, si tingeva di rosso fuoco, e inevitabilmente
molti lo schernivano chiamandolo "Pomodorino" e ridacchiando.
Ma per Leonardo, che era un vero gentilfanciullo, quale piacere essere
la causa di quel luminoso mutamento del viso di Xia e l'oggetto di un
cosi' dolce sguardo e un incantevole inchino di gratitudine mentre gli
diceva "Grazie
Leonardo!",
ritraendo la lettera R e producendo nella sua testa un canto che lo
rendeva sordo ad ogni altro pensiero e a qualsiasi scherno.
Tuttavia, a fare di Xia Xujie una diversa non era solo il nome o l'aspetto
fisico. Infatti, ben presto cominciarono a circolare voci strane: molti
riferirono di aver sentito Xia parlare con la reginetta della rugiada
che dormiva tra i fiori del giardino della scuola. Altri giurarono d'averla
vista guarire dal raffreddore un povero grillino tremante sull'erba
di un prato. Ma nessuno, nessuno, era riuscito a scoprire perche' Xia
Xujie, la fanciulla che era apparsa come una folata di luce, raccogliesse
tanti sassolini scegliendoli con meticolosita'. Neanche Leonardo, forse
a causa della sua timidezza cronica, oso' chiedere a Xia il segreto
di quei sassolini e decise di spiarla, roso dalla curiosita'.
Un giorno, mentre Xia era rimasta sola nell'aula durante
un intervallo ad esaminare i suoi sassolini, Leonardo detto "Pomodorino"
si mise a spiarla dalla finestra e la vide, con somma meraviglia, alzarsi
e andare a parlare con un segmento "ED" che il maestro aveva
tracciato la mattina con un pennarello blu sulla lavagna, vicino ad
una linea retta "MA".
- Perche'
stai piangendo, Eddy? - domando' Xia al segmento. - Mi fa molto male
la schiena, Xia - rispose "ED" singhiozzando dal dolore. -
Non ce la faccio piu' a stare cosi' rigido, non ce la faccio piu'...
- Vuoi che ti aiuti Eddy? - chiese Xia, addolorata, al povero segmento
rigido.
- Oh, si'! - esclamo' 'ED'. - Ho sentito dire che hai guarito dal raffreddore
un grillino tremante sull'erba di un prato; guarisci anche me, ma prima,
dimmi perche' non riesco a vedere. Sono per caso cieco?
- No, Eddy, non sei cieco - rispose Xia, ridendo nel modo piu' melodioso.
- Non riesci
a vedere
perche'
il tuo mondo ha una sola dimensione.
La risposta conforto' molto Eddy anche se non aveva capito un bel niente,
e Xia, in un baleno, lo trasformo' in un bellissimo cerchio blu.
- Che meraviglia! - escalmo' Eddy. - Mi sento gia' molto meglio; ma
non riesco a vederti. Dimmi la verita', Xia, sono per caso cieco?
- Ma no, Eddy, tu non sei cieco - rispose Xia guardandolo con gli occhi
sereni e leali. - Non riesci
ancora
a vedermi
perche'
il tuo mondo ha soltanto due dimensioni. Vuoi che ti trasformi
in una sfera
per potermi
vedere?
- Oh, si', s'i, Xia! Fallo subito, fallo subito - rispose Eddy impaziente.
Xia fece compiere al cerchio una rivoluzione attorno all'asse contenuto
nel suo piano e che passava dal centro, e Eddy divenne una bellissima
sfera blu.
- Ti vedo Xia, ti vedo! - grido' Eddy quasi pazzo di gioia. - Come sei
bella, grazie, grazie. Ma perche' non vedo me stesso?
- Hai bisogno di uno specchio - affermo' Xia. - Seguimi.
Eddy la sfera fluttuo' nello spazio tridimensionale e segui' Xia che
lo porto' davanti allo specchio del bagno.
- Sono perfetto! Sono perfetto! - ripete' Eddy facendo evoluzioni di
gioia.
Ma mentre Xia si lavava le mani, Eddy cadde nel lavandino pieno d'acqua
e credette di affogare.
- Aiuto! - grido' spaventato. - Xia aiutami, non so nuotare!
Xia raccolse dall'acqua il povero Eddy tremante e completamente scolorito.
Cosi', quando fluttuo' di nuovo davanti allo specchio, rabbrividi' dalla
paura e grido':
- Dove sono Xia? Non riesco a trovare me stesso. Dove sono Xia?
- Stai calmo, Eddy, ti sei scolorito
nell'acqua, nulla di grave.
Ora
sei trasparente
perche'
la luce attraversa
tutto il tuo corpo
senza subire
alcune rifrazione.
Eddy si tranquillizzo', anche se non aveva capito un bel niente, e il
suo sguardo cadde su un arcobaleno che si vedeva dalla finestra.
- Oh, che bei colori! - esclamo' meravigliato. - Xia, fammi avere i
colori di quell'arco.
- Quello e' un arcobaleno
- spiego' Xia - e nessun umano e' riuscito
a raggiungerlo,
perche'
e' un fenomeno ottico dovuto alla rifrazione
dei raggi
del sole sulle gocce d'acqua sospese nell'aria.
Poi sprono' la sfera a compiere l'impresa:
- Coraggio,
Eddy, vai, tuffati nell'arcobaleno
e acquisisci tutti i suoi colori!
La sfera non aveva capito un bel niente ma, fiduciosa, schizzo' fuori
dalla finestra e ando' a tuffarsi nell'arcobaleno. Al suo ritorno, Eddy
la sfera non cesso' mai di guardarsi nello specchio ringraziando Xia
e ridendo con tale allegra aria di trionfo che era un divertimento guardarlo.
Ma presto divenne triste e disse:
- Xia, cara, chissa' quante altre dimensioni potro' scoprire. Voglio
viaggiare, voglio girare il mondo, dopo aver passato una vita rigido
come uno stecchino. Ma non voglio partire da solo - e tacque sospirando...
- Con chi vorresti
partire,
Eddy? - gli domando'.
- Ecco - disse Eddy, dopo aver schiarito la voce con un rispettabile
piccolo colpo di tosse pieno di significato. - Io sono stato sempre
affezionato a Emma. Se trasformi anche lei in una sfera partiremo insieme.
Xia ritorno' alla lavagna, seguita da Eddy che fluttuava impaziente
attorno a lei, e trasformo' la linea retta "MA" in una bellissima
sfera blu che scoloro' con l'acqua e la fece accompagnare da Eddy a
tuffarsi nell'arcobaleno. Quando Emma e Eddy ritornarono, Xia si mise
a ridere per simpatia irresistibile e a cuor leggero per la loro gioia,
poi si congedo' da loro:
- Salutatemi i miei nonni quando arriverete
in Cina - raccomando' Xia Xujie con le lacrime negli occhi.
- Lo faremo senza altro, Xia - promise Emma.
- Lo faremo senza altro, Xia - ripete' Eddy come un'eco.
Al suo rientro in aula, Xia trovo' tutti i suoi compagni gia' seduti;
il maestro osservo' accigliato le sue mani imbrattate di blu e le disse
aspro:
- Xi... Xu... Xixu... Insomma, tu. Perche' hai cancellato dalla lavagna
i segmenti che avevo tracciato stamattina?
- Non li ho cancellati, maestro
- rispose Xia Xujie, candidamente. - Li ho trasformati
in due sfere
e adesso stanno andando in Cina a salutarmi
i nonni.
- Bugiarda! Ma che schiocchezze mi stai raccontando, Xii... Xuxi? -
ringhio' il maestro contro Xia con tale violenza che ella si mise a
piangere.
Allora, Leonardo, il gentilfanciullo, si alzo' in piedi e affronto'
il maestro:
- Xia Xujie non e' bugiarda, maestro, e non e' certo colpa sua se il
segmento "ED" ha avuto un terribile mal di schiena e le ha
chiesto ti aiutarlo a guarire. In ogni caso, io sono pronto a giurare
sul mio onore che "ED" e "MA" stanno bene adesso
e che sono in viaggio per la Cina.
E si sedette tingendosi di rosso pomodoro. Il maestro lo fisso' spalancando
la bocca poi borbotto':
- Quanta fantasia questi fanciulli... - guardo' di nuovo Xia, poi Leonardo,
e disse sarcastico: - Va bene, va bene, non voglio mica mettere in dubbio
la tua parola d'onore. Ma adesso voi due dovete tracciare due bei segmenti,
e li voglio ben dritti. Intesi?!
Appena la lezione ebbe fine, Leonardo chiese scusa a Xia per averla
spiata dalla finestra, e lei affermo' con superiore saggezza che ad
un gentilfanciullo si puo' sempre perdonare una leggerezza, poi gli
domando':
- Ma perche'
mi spiavi, Leonardo?
Alla legittima domanda, espressa sollevando i sopraccigli, che Leonardo
ascolto' senza cessare di trangugiare golosamente ogni singola parola
pronunciata da Xia ritraendo la lettera R, il gentilfanciullo confesso':
- Volevo conoscere il segreto dei sassolini che raccogli. Tutti sono
curiosi di saperlo e anche i maestri ne parlano tra di loro dicendo
che sei molto strana.
Xia guardo' Leonardo con una tenerezza luminosa che le straripava dalle
palpebre, e gli disse senza battere ciglio:
- I sassolini mi servono
per
ricostruire
il ponte di Mostar.
Leonardo provo' quell'emozione che l'imprevisto causa sempre. Indietreggio'
pensando che Xia fosse completamente pazza e balbetto':
- Che-che co-o-sa?!
- Si', Leonardo
- affermo' Xia con fiducia nella forza del suo progetto. - Dobbiamo
essere
noi, fanciulli di tutto il mondo, a raccogliere
tanti sassolini per
ricostruire
il ponte di Mostar
cosi', quando saremo
Grandi non oseremo
mai distruggerlo.
Sarebbe
la cosa piu' stupida da fare.
Non credi
anche tu, Leonardo,
che distruggere
un ponte sia piu' pazzesco che ricostruirlo?
Il povero Leonardo passo' tutto il pomeriggio immerso
in profonde riflessioni, e alla fine giunse a giudicare Xia Xujie la
pensatrice, la filosofa, piu' acuta di tutti i secoli. Frugo' nel cassettino
delle sue cianfrusaglie e recupero' un bellissimo minerale che aveva
trovato nel deserto della Tunisia durante una vacanza e che gli abitanti
di quel paese chiamano "rosa del deserto". Guardo' a lungo
quella "rosa" pensando a Xia e al ponte Mostar, ed ebbe l'ispirazione
per scrivere qualche verso.
L'indomani, si fermo' tutto rosso in faccia davanti a Xia Xujie, le
diede il suo sassolino a forma di rosa in segno d'adesione al Grande
Progetto, e recito' i suoi versi con trasporto:
Ti amo Xia, pensa, la follia di noi fanciulli
E' pari a quelle dei Grandi
Raccogliamo i sassolini piu' belli
E costruiamo il nostro ponte.
Da quel giorno, tutti i fanciulli della scuola entrarono
nel cerchio incantato di Xia Xujie, e si misero a raccogliere, assiduamente,
sassolini sotto gli occhi sbalorditi dei maestri.
"Sono diventati tutti pazzi" dicevano i Grandi!
(Imed Mehadheb, tunisino, e' stato premiato in piu' edizioni
del concorso Eks&Tra: per il racconto
"Meteco" in Parole
oltre i confini nel 1999, con "Sommersi" nel 2000 in Anime
in viaggio. La nuova mappa dei popoli (Adnkronos Libri, Roma,
2001) e quest'anno col racconto "Inverno". E' attualmente
detenuto a Torino, e frequenta con brillanti risultati Scienze politiche
nel polo universitario delle Vallette. Il suo indirizzo:
Imed Mehadheb
via Pianezza 300
10151 - Torino)
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