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FARANEWS
ISSN 15908585
MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE
a cura di Fara Editore
1. Gennaio 2000
Uno strumento
2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa
3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee
4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?
5. Maggio 2000
Il viaggio...
6. Giugno 2000
La realtà della realtà
7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale
8. Agosto 2000
Progetti di pace
9. Settembre 2000
Il racconto fantastico
10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi
11. Novembre 2000
Il mese del ricordo
12. Dicembre 2000
La strada dell'anima
13. Gennaio 2001
Fare il punto
14. Febbraio 2001
Tessere storie
15. Marzo 2001
La densità della parola
16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro
17. Maggio 2001
Specchi senza volto?
18. Giugno 2001
Chi ha più fede?
19. Luglio 2001
Il silenzio
20. Agosto 2001
Sensi rivelati
21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?
22. Ottobre 2001
Parole amicali
23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.
24. Dicembre 2001
Lettere e visioni
25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.
26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere
27. Marzo 2002
Le affinità elettive
28. Aprile 2002
I verbi del guardare
29. Maggio 2002
Le impronte delle parole
30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza
31. Luglio 2002
La terapia della scrittura
32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.
33. Settembre 2002
Parola e identità
34. Ottobre 2002
Tracce ed orme
35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano
36. Dicembre 2002
Finis terrae
37. Gennaio 2003
Quodlibet?
38. Febbraio 2003
No man's land
39. Marzo 2003
Autori e amici
40. Aprile 2003
Futuro presente
41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.
42. Giugno 2003
Poetica
43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?
44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM
45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi
46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario
47. Novembre 2003
Lettere vive
48. Dicembre 2003
Scelte di vita
49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro
51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia
52. Aprile 2004
Preghiere
53. Maggio 2004
La strada ascetica
54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?
55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004
56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso
57. Settembre2004
La politica non è solo economia
58. Ottobre 2004
Varia umanità
59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM
60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali
61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004
62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato
63. Marzo 2005
Concerto semplice
64. Aprile 2005
Stanze e passi
65. Maggio 2005
Il mare di Giona
65.bis Maggio 2005
Una presenza
66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica
67. Luglio 2005
Risvolti vitali
68. Agosto 2005
Letteratura globale
69. Settembre 2005
Parole in volo
70. Ottobre 2005
Un tappo universale
71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare
72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri
73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi
74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada
75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole
76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"
78. Giugno 2006
Varco vitale
79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero
tempo, stabilità, “memoria”
79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006
80. Agosto 2006
Personaggi o autori?
81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?
82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo
83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica
84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?
85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)
86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare
87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”
88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio
89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007
90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”
91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)
92. Agosto 2007
Versi accidentali
93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?
94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…
95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo
96. Dicembre 2007
Il tragico del comico
97. Gennaio 2008
Open year
98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo
99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore
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Numero 13
Gennaio 2001
Editoriale: fare il punto
Eccoci nel nuovo millennio: che progetti abbiamo? Chiediamocelo
non solo come individui, ma come umanita', come persone alla ricerca
di valori e di percorsi per rendere la vita piu' felice anche a chi
non ha avuto la fortuna di nascere nella parte piu' ricca del globo.
L'analisi non deve frenare il nostro entusiasmo, ma aprirci al nuovo,
superando la grande semplificazione dei soliti schemi.
Iniziamo con un capitolo della Dura legge
della vita, un racconto di due sedicenni. Continuamo con i levigati,
essenziali pensieri di un noto letterato. Proseguiamo
con le veloci considerazioni di un filosofo emergente
e con un brano del messaggio del papa per la Giornata
mondiale della pace.
La segnalazione di alcuni siti e un racconto
da leggere subito concludono questo Faranews di inizio millennio. Buona
lettura.
INDICE
La dura legge della vita (C. Minotti - R. Modigliani)
C'e' intorno a me una semplificazione... (R. Serra)
Proiezioni filosofiche (Th. Casadei)
Valori comuni e solidarieta' (Giovanni
Paolo II)
Siti interessanti e recensioni
I vostri scritti:
- Soleil royal (Marco Tassinari)
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La dura legge della vita
Una fredda giornata di fine inverno, un noioso e triste
pomeriggio piovoso: non si puo' uscire, tanto vale mettersi al lavoro.
- Catia, hai trovato qualche idea su cosa potremmo scrivere oggi?
- Si', se a te piace l'argomento. Ho pensato che potevamo riflettere
sul significato che i giovani danno alla propria vita. Ti sei mai chiesta
per che cosa vivi? Che cosa vorresti fare nella tua vita?
- Certo, ma non e' facile darsi una risposta. Io ho tanti sogni, progetti,
ma mi accorgo pure che molti di essi probabilmente non li realizzero'
mai.
- Per me, se uno desidera molto una cosa, o crede molto in qualcosa
che ritiene giusto e lotta per essa, sicuramente otterra' qualche risultato.
Anch'io ho molti desideri, ma non so ancora che cosa voglio veramente,
piu' di ogni altra cosa; quando l'avro' trovata, pero', voglio lottare
fino in fondo per averla e conseguirla.
- Non tutti pero' hanno questa determinazione. Forse perche' sono troppo
distratti dalla vita frenetica del mondo moderno e non riescono a fermarsi
e trovare il tempo per riflettere e pensare.
- Gia'. Molti hanno trovato la risposta ai propri interrogativi, ad
esempio, nella famiglia, nell'amore, nella cultura, nel proprio lavoro
o nella propria religione, ma altri evitano di dedicarsi completamente
e con responsabilit a qualcosa, soprattutto i giovani.
- Spesso i ragazzi piu' grandi cercano di evitare il piu' possibile
di prendersi delle responsabilita', volendo continuare a divertirsi,
a non pensare ai loro problemi o al loro domani, e cio' e' anche giusto,
perche' in qualche modo significa godersi la gioventu'.
- Si', pero' contemporaneamente bisogna anche iniziare a cercare se'
stessi e non lasciarsi andare a cose che distolgono l'attenzione dai
veri valori della vita.
- Hai ragione. Questo si puo' vedere soprattutto nei ragazzi che si
fanno di droga, utilizzata per l'evasione da una vita quotidiana che
si rifiutano di affrontare, come i ragazzi che abbiamo incontrato durante
la nostra uscita scolastica alla comunita' di S. Patrignano.
In quel momento entra nella cameretta di Romina Fabio, capitato a sua
insaputa proprio nel momento giusto per dare alle due amiche qualche
altra idea.
- Guarda, Catia, e' arrivato Fabio!
- Ciao, Fabio! Come stai?
- Ciao. Bene! Cosa state facendo?
- Un lavoro per Italiano, ti va di darci qualche consiglio?
- Ok. tema dell'argomento?
- La vita dei giovani d'oggi.
- Be', non saprei cosa dirvi. Ognuno conduce la propria vita senza interesse
verso il prossimo.
- Ma in alcuni casi questo e' qualcosa di doveroso, perche', quando
ci si interessa degli altri, e' la volta buona che ti considerano una
che non vuole farsi gli affari suoi.
- E' vero, sono d'accordo. E tu Catia, cosa ne pensi?
- Penso, che se gli altri sono proprio amici, e' giusto interessarsene!
- Giustissimo, ma purtroppo oggi ci si puo' fidare sempre di meno delle
persone. Io ho pochi amici che, quando ho un problema, si interessano
veramente a me, senza pretendere niente in cambio, o che mi parlano
per aiutarmi e non per sparlare poi di me in giro.
- Certo, molte persone si comportano proprio cosi', ed e' naturale che
poi a noi venga spontaneo comportarci di conseguenza.
- Avete ragione. Ma sarebbe bello se tutto cio' si potesse cambiare.
- Magari potessimo costruirci un mondo perfetto...
- Fabio, non e' che per caso hai qualche altro spunto da suggerirci?
- Io? Mi piacerebbe, ma... vedete... adesso purtroppo devo proprio andare!
Ci vediamo, eh?
- D'accordo, ciao!
- Uffa, e' scappato via! Be', meglio che noi torniamo al lavoro!
(dal racconto di Catia Minotti e Romina Modigliani in
Disordinati
appunti di viaggio)
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C'e' intorno a me una semplificazione...
C'e' intorno a me una semplificazione, un istinto di riduzione
all'essenziale, una moltiplicazione di esigenze, che sono un tormento
e una forza viva innegabile. Non importa se ci sia in tutto questo una
astrazione e una poverta' non sempre volontaria, in cui io ritrovo tanto
di me stesso, che mi impedisce di essere giusto. Insieme coi difetti,
che sono un poco anche i miei, ci son pur qualita' vere e progresso
e suono e felicita', che non mi appartiene e che non posso negare. E
allora, dopo tanto tempo che ho perduto a prender sul serio cio' che
non mi riguarda, il meglio che mi resti da fare e' forse di tornare,
per quel tanto che mi e' concesso, proprio a quella letteratura, che
ho sempre considerata la cosa piu' estrinseca e meno compromettente.
Dopo aver lasciato tutto il resto, questa e' l'unica parte che mi rimane;
e peggio per me, se mi par cosi' poco. La prendero' come una lezione,
che so di aver meritato. E non parliamo pi della guerra. Anzi, parliamone
ancora. M'e' voluto del tempo, per riuscire a quella conclusione, i
giorni son passati intanto che me la ripetevo, e forse mi son scordato
di qualche cosa. Bisognera' tornare indietro, per un minuto, e ricapitolare,
per fermarmi a oggi. Vediamo. Il conto non e' finito. Ho detto che questi
pensieri mi pesavano, che bisognava liberarmene. E, dunque, sono libero.
Di pensieri. Non era una cosa molto semplice. Erano tanti, penetrati
cosi' dentro, un'abitudine, un'ombra oramai naturale e stabilita sopra
tutte le altre cose di passaggio. Mi avevano fatto compagnia quando
l'inverno giaceva sui colli duri, immanenti nell'aria di vetro; e il
seccume giallo giu' per le prode mostrava immobile le righe dell'acqua
traboccante e della neve scolata via a rivoletti. Mi avevano fatto compagnia
senza parlare, come un peso inevitabile. E poi adesso li ho portati
ancora a spasso con me per queste sere di primavera che tarda a venire;
livida, scura, irritata dalle colonne di una polvere arida ancora d'inverno
che si alzano e corrono via strisciando sulle strade di una bianchezza
che e' falsa sotto le nubi di mobile piombo. Li ho portati e li ho tollerati
tanto che alla fine me ne sono liberato. Li ho consumati, appunto, come
un'abitudine; che a poco a poco perde ogni significato; finche' uno
si domanda, nel riprenderla, quasi meccanicamente, ma perche'? e si
volta indietro, e si meraviglia di aver durato tanto, nella ripetizione
senza motivo; ed e' finita. Cosi' e' accaduto a tutte queste inquietudini
e angosce e pensieri, che stringevo dentro di me fin da quei giorni
ultimi di luglio; chiuse, come una tristezza o un amore, che non si
discute; esiste, dentro, e si applica a tutti i momenti e a tutti gli
atti del vivere quotidiano. E poi viene il giorno che si discute. Cosi',
passo passo. Si tira fuori e si guarda. Parte per parte, pezzettino
per pezzettino. A guardarlo fuori, e' un'altra cosa; tutta lisa, limata,
logora, vana; e si comincia a buttar via, con una irritazione per cio'
che si e' subito cosi' stupidamente, che si confonde con la gioia di
sentirsi leggeri e col desiderio di aver finito presto, del tutto. Si
fruga in tutti gli angoli, si scruta, si tenta, si esaminano tutte le
reliquie, i compromessi, le tracce dissimulate e profonde: par che non
s'abbia mai terminato questo lavoro di revisione e di pulizia, che alla
fine ci fara' tirare un sospiro cosi' profondo di liberazione. Ma anche
questa volta ho terminato. Uno per uno, li ho esaminati tutti, i pretesti
dietro cui mi ero rifugiato in un momento di debolezza; e nessuno ha
potuto resistere alla interrogazione di uno sguardo freddo. Sono libero
e vuoto, alla fine. Un passo dietro l'altro, su per la rampata di ciottoli
vecchi e lisci, con un muro alla fine e una porta aperta sul cielo;
e di la' il mondo. A ogni passo la corona del pino, che pareva stampata
come un'incisione fredda lassu' su una pagina d'aria grigia, si sposta;
si addensa; affonda i suoi aghi di un verde fosco e fresco in un cielo
piu' vasto, che scioglie tanti stracci di nuvole erranti in una gran
trasparenza scolorata. C'e' una punta d'oro in quegli aghi che si tuffano
nell'aria cosi' vuota, cosi' nuova. Anch'io son vuoto e nuovo.
(tratto dall'Esame
di Coscienza di Renato Serra)
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Proiezioni filosofiche
Nelle nostre societa', o ai margini di esse, esistono persone o
gruppi di persone che non hanno voce, che non possono materialmente
accedere all'arena del discorso. Cio' avviene per diversi motivi e,
in termini e misura diversi, a seconda dei contesti. Uno di questi motivi
e' la differenza di cultura e di linguaggio. L'isegoria (l'eguale
possibilit di accesso al dialogo) non puo', dunque, essere data come
acquisita, come necessario presupposto del dialogo. Essa va prima realizzata
e per costruirla occorrono anche interventi di natura eminentemente
politica ed economica. Occorre dunque una approfondita analisi delle
strutture e dei processi sociali che caratterizzano le nostre vite e
dei processi di formazione dell'arena del discorso. Procedendo in tal
modo si puo' ragionare della paritetica possibilita' di accesso alla
sfera pubblica, in cui dovrebbe realizzarsi il dialogo. La democrazia
e' ancora molto spesso chiusa, sorda alle richieste di "apertura"
rivoltele da piu' parti, sovente da potenziali nuovi cittadini, e la
filosofia del dialogo pare ancora dover percorrere tanta strada per
tradursi in prassi concreta. In quest'orizzonte la ricerca calogeriana,
al di la' dei suoi limiti, esprime, a tutt'oggi, un significativo punto
di partenza, soprattutto con riferimento alla sua fondamentale proposta
teorica: l'inversione del tradizionale rapporto etica-metafisica, il
prevalere del dialogo su ogni possibile varieta' di visioni del mondo.
L'idea di Calogero del dialogo come principio prioritario della vita
umana, l'idea dell'apertura agli altri, non rappresentano solamente
un'indicazione morale per i singoli individui, ma anche un'indicazione
politica per le comunita' statuali e per i loro cittadini. Su questo
sfondo cio' che si rende necessario e' allora la creazione di istituzioni
e pratiche grazie alle quali la voce e la prospettiva degli altri, spesso
a noi sconosciuti o da noi volutamente non considerati, possano essere
espresse in maniera autentica. La creazione e lo sviluppo di una cultura
pubblica della cittadinanza democratica, che garantisca a ciascuno il
diritto all'opinione e all'azione, rappresenta l'imprescindibile scenario
per il fiorire della capacita' di articolare e riconoscere, realmente,
le prospettive e i mondi altrui.
(da "Guido Calogero. La filosofia del dialogo"
di Thomas Casadei in Filosofie
del dialogo)
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Valori comuni e solidarieta'
La consapevolezza dei valori comuni
16. Il dialogo tra le culture, strumento privilegiato per costruire
la civilta' dell'amore, poggia sulla consapevolezza che vi sono valori
comuni ad ogni cultura, perche' radicati nella natura della persona.
In tali valori l'umanita' esprime i suoi tratti piu' veri e qualificanti.
Lasciandosi alle spalle riserve ideologiche ed egoismi di parte, occorre
coltivare negli animi la consapevolezza di questi valori, per alimentare
quell'humus culturale di natura universale che rende possibile lo sviluppo
fecondo di un dialogo costruttivo. Anche le differenti religioni possono
e devono portare un contributo decisivo in questo senso. L'esperienza
da me tante volte compiuta nell'incontro con rappresentanti di altre
religioni - ricordo in particolare l'incontro di Assisi del 1986 e quello
in Piazza san Pietro del 1999 - mi conferma nella fiducia che dalla
reciproca apertura degli aderenti alle diverse religioni grandi benefici
possono derivare alla causa della pace e del bene comune dell'umanita'.
Il valore della solidarieta'
17. Di fronte alle crescenti disuguaglianze presenti nel mondo,
il primo valore di cui promuovere una consapevolezza sempre piu' diffusa
e' certamente quello della solidarieta'. Ogni societa' si regge sulla
base del rapporto originario delle persone tra loro, modulato in cerchi
relazionali sempre piu' ampi - dalla famiglia agli altri gruppi sociali
intermedi - fino a quello dell'intera societa' civile e della comunita'
statale. A loro volta gli Stati non possono fare a meno di entrare in
rapporto tra loro: la presente situazione di interdipendenza planetaria
aiuta a meglio percepire la comunanza di destino dell'intera famiglia
umana, favorendo in tutte le persone pensose la stima per la virtu'
della solidarieta'. A tale proposito, occorre tuttavia rilevare che
la crescente interdipendenza ha contribuito a mettere in luce molteplici
disparita', come lo squilibrio tra Paesi ricchi e Paesi poveri; la frattura
sociale, all'interno di ciascun Paese, tra chi vive nell'opulenza e
chi e' leso nella sua dignita', perche' manca anche del necessario;
il degrado ambientale e umano, provocato ed accelerato dall'uso irresponsabile
delle risorse naturali. Tali disuguaglianze e sperequazioni sociali
sono andate in alcuni casi aumentando, fino a portare i Paesi piu' poveri
ad una inarrestabile deriva.
(dal messaggio di Sua Santita' Giovanni Paolo II per la
Giornata mondiale della pace 1-1-2001)
Siti interessanti
Religioni del Mediterraneo in dialogo
http://utenti.tripod.it/remid/
Misna: notizie dal sud del mondo
http://www.misna.org/
Il sito di Marco Tassinari
http://www.taffi.it/
Banca Etica
http://www.bancaetica.com/default.asp
Le recensioni di Solotesto
http://www.solotesto.com/libreria.htm
L'apprendimento cooperativo
http://www.scintille.it/
Arte in rete
http://www.artonline.it/default.asp
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I vostri scritti:
SOLEIL ROYAL
Era il sessantaduesimo giorno di navigazione, quando d'improvviso,
con mare calmo e visibilita' nove, la Soleil Royal in rotta per le Americhe
si incaglio'. A bordo si stava consumando una giornata ordinaria di
riassetto del primo ponte di coperta. Il Capitano era intento nel suo
lavoro di inventariato, da eseguire sul materiale in stiva, prima dell'arrivo
in continente; ai comandi stava Taylor, sottufficiale in prima; nelle
cabine era il momento dei marinai di corve', e sul barrichello erano
in finitura dei lavori di aggiustamento per un paranco che il vento
aveva portato con se'. L'urto arrivo' inaspettato, da qualche parte
fra il quarantaduesimo e il quarantatreesimo meridiano, nel silenzio
della navigazione ordinaria non ci fu nessun preavviso. Dalla gabbiola
Gregor, marinaio alla sua seconda traversata oceanica, fu strattonato.
L'intero vascello si impenno' a poppa, strappo se' stesso, ricadde in
avanti, sbatte' con violenza su un fondale. Gregor si vide sbalzato,
emise un gemito, riusci' ad afferrarsi con tutte le sue forze al terminale
della cinghia di cuoio che era fissata sul fondo della gabbiola, ricadde
su se' stesso e nel ricadere quasi si spezzo' la gamba per la violenza;
Si alzo' di scatto, si avvinghio' al parapetto, si guardo' attorno,
non vide nulla. Ebbe due pensieri: "affondiamo" era il primo,
e nel mezzo dell'Atlantico voleva dire la morte. "E' colpa mia",
era il secondo, e dalla guardiola voleva dire che aveva condannato a
morte le duecento e tredici persone di equipaggio con cui aveva convissuto
da sessantadue giorni, per una sua disattenzione, un suo errore. Guardo'
in tutte le direzioni, nessuna nave in vista, nessuna terra in vista,
il sole alto alle 16, la prua a ovest, nessun ostacolo apparente. Prese
fiato, grido': "Allarmi, allarmi, tutti in coperta, allarmi!", riprese
fiato: "Tutti in coperta, banco di sabbia, banco di sabbia!", continuo'
a ripetere per qualche minuto il ritornello: "Banco di sabbia, tutti
in coperta, allarmi!"
Sui ponti succedeva il finimondo, rotolavano oggetti di
tutte le provenienze, erano sbalzati in mare barilotti di pece e utensili;
marinai uscivano correndo da tutti i boccaporti, a tratti si vedeva
il panico, i piu' giovani cadevano, poi si rialzavano, poi cadevano,
rotolavano giu' dalle scalinate di legno. Il Capitano stesso rotolo'
sulla sua sedia nella sua cabina, ando' a sbattere sulla libreria alle
sue spalle, la pesante scrivania di quercia gli si abbatte' contro,
lo spessore della sedia fu sufficiente a permettergli quei trenta centimetri
di aria che gli lasciarono riprendere il fiato, e quando poi la nave
era ricollassata su se' stessa, si ritrovo' immobile sepolto fra libri
ed immagini e soprammobili e la sua scrivania, e la sedia, e fortunatamente
la libreria era bene ancorata alla parete di poppa e non gli ricadde
sulle spalle. Rimase immobile come si trovava. Dal ponte di seconda
si alzo' l'urlo: "Uomo a mare! Uomo a mare! Uomo a mare!", poi fischi,
Ti Tiii Ti Tiii, Ti Tiii Ti Tiii, poi si fece il fuggi fuggi, venne
lanciato un salvagente, rotolo' pigro a pochi metri di distanza dalla
nave, e fra i flutti e le schiume mosse dallo scafo, non si poteva gia'
piu' distinguere dove era caduto, "chi e' caduto, chi e' caduto?", grido'
qualcuno, "Uomo a mare! Uomo a mare!", si senti' rispondere solamente.
Quattro uomini erano gia' alle gomene, e lentamente scendevano due grosse
barche ricoperte da un telone bianco e che contenevano cibi e acqua
e remi, precipitarono poi in mare con un tonfo, venne srotolata la scala
di corda, due uomini con veloci movimenti delle gambe e delle braccia
si affacendarono a percorrerla, guadagnarono il controllo delle imbarcazioni.
Il nostromo era in coperta, quando successe l'incidente;
si trovo' sbalzato contro una vetrata, che infranse con il peso del
suo corpo. Fini' strappata la cartina dell'oceano che stava raccogliendo,
non fu piu' ritrovata la sua bussola, lui rimase poi a terra privo di
sensi, la testa era insanguinata. Ritorno' in se' quando fu soccorso
dopo qualche minuto dal timoniere, che era stato piu' fortunato. Poi
la paura, quella piu' fredda e tetra, comincio' ad infilarsi solitaria
dentro a tutti gli uomini dell'equipaggio, giusto il tempo per rendersi
conto di essere ancora vivi, quelli che erano ancora vivi, perche' quell'uomo
era gia' annegato e dimenticato in mare. La paura era una uno spillo
ardente che si insinuava fra polmoni e cuore, che infilzava la carne
all'inspirare, che si ritraeva per spostarsi un poco all'espirare, che
si conficcava fra i tessuti quando pareva ormai passata. Il pensiero
di tutti era allo scafo. Fra chi era rimasto sotto, fra gli stretti
corridoi che circondano le due stive, o alle cucine, o nella cella di
rigore stessa, o alle feritoie dei cannoni, la paura non era uno spillo
ma una diretta coltellata al cuore. Perse le forze, impossibilita' di
muoversi, la morte gia' dentro di se' prima di attendere l'esplosione
d'acqua che travolge senza piu' lasciare il tempo di pensare ancora.
Ma lo scafo aveva tenuto piuttosto bene. Alcune assi erano incrinate
all'indentro, sul fondo, all'altezza di tre quarti di scafo; le travi
di legno ricurvate su se' stesse al fuoco dei cantieri di Genova pero'
tenevano, anche se alcuni grossi chiodi erano divelti, spostati di qualche
centimetro dal loro assetto, il legno in quei punti era sgretolato,
e lentamente l'acqua cominciava ad infiltrarsi fra le fenditure, e a
peggiorare quell'equilibrio di forze che intanto ancora teneva unita
la nave. Qualcuno fuggendo spinto dalla forza dell'istinto aveva perso
ogni ragione, percorse a caso corridoi scuri e buii, prima di perdersi
nei labirinti della nave, per poi crollare annaspando sul pavimento;
ma qualcuno piu' lucido, era Mr. Jonald Richeliard, un mercante veterano
degli oceani, si precipito' invece contro a quell'apertura, seguiva
il flusso dell'acqua che si allungava sul pavimento, strappo' con forza
un uomo che era crollato a terra, chiuse e sprango' una pesante paratia
di legno che avrebbe almeno rallentato l'acqua. Dall'altra parte erano
rimasti alcuni archivi cartacei e un ripostiglio, niente di cui preoccuparsi
troppo; "Imbarchiamo acqua!", grido' poi. Era il richiamo, atteso, ma
che si temeva. Chi non era ancora stato preso dal panico, lo fu. Sui
ponti stavano oltre duecento persone, si accalcavano, aspettavano, si
facevano forza l'un l'altro. "Imbarchiamo acqua!", riecheggio' poi,
prima un urlo disperato, poi inizio' a ripetersi di bocca in bocca.
Il Capitano si fece forza, pianto' i piedi sulla parete di sinistra,
si svincolo' dalla catasta che lo ricopriva, mosse di qualche centimetro
la scrivania. Si alzo' in piedi, "sono vivo", penso'. "Sono il Capitano",
penso' poi. Fu presto fuori nel corridoio, poi annuso' verso un boccaporto,
poi percorse un lungo corridoio buio, poi raccolse una lampada ancora
accesa ad una parete, si infilo' su una scala, scese due scalini, incrocio'
un uomo aggrappato al parapetto, tremante che saliva. "Che succede,
marinaio?", gli intimo'. Lui fece per riassumere un contegno, e stringeva
con la mano una trave di legno, di fianco, cercava di trascinare il
suo corpo disperatamente verso l'alto, le gambe non lo seguivano piu'.
"Imbarchiamo acqua", erano le parole, le ripete' come un automa. Il
Capitano lo congedo' con una manata d'incoraggiamento alle spalle, rivolse
lo sguardo giu', si fece forza perche' non poteva perderla adesso. Scese
la scalinata. Alla sua sinistra il corridoio conduceva alle cucine,
la scala scendeva ancora, piu' scendeva e piu' erano ovattati i rumori
che venivano dai ponti di coperta, e dalle voci dei marinai in corsa.
Scese un'altra rampa di scale. Si ritrovo' con i piedi a mollo, erano
trenta centimetri di acqua. La nave era inclinata, aumentava la profondita'
nella direzione opposta a quella da cui il flusso di acqua veniva. Si
diresse verso quella direzione. Un lungo corridoio, poi una grossa paratia
era sprangata, "Dio sia ringraziato", esclamo' senza voce fuori dalle
labbra. Non c'era tempo da perdere. Torno' sui suoi passi, aumento'
la piacevole passeggiata in lunghe falcate, correva, lungo i corridoi,
si arrampicava per le scale. Ricomincio' a sentire urla, lui saliva
ancora, non ando' verso i ponti ma percorse un lungo corridoio che stava
di fianco alle stive, raggiunse un boccaporto e da li' vide la luce
del sole e l'azzurro del cielo e si infilo' nella cabina di comando.
Trovo' timoniere e nostromo raccolti sul pavimento, qualcuno era ferito,
le cose erano rovesciate e una vetrata era stata sventrata. C'era anche
Taylor, Sottufficiale in prima. "Non c'e' tempo da perdere", saluto'
il Comandante. Lesse la paura negli occhi di quegli uomini. "Ci sono
da azionare le pompe a mano. Imbarchiamo acqua. Dove siamo andati a
sbattere?" "Non lo so, sulla carta non c'e' nulla", era il nostromo.
"Voglio dieci persone subito. Quattro persone preparino due pompe, imbarchiamo
acqua a tre quarti di scafo da prua. Ma qualcuno ha chiuso una paratia
stagna, ce la possiamo fare. Quattro persone calino le tubature, dai
boccaporti di sfiato ci sono una ventina di metri al massimo da percorrere.
Non voglio nessun altro sottocoperta. E due persone le voglio con me.
Taylor, ci pensi tu." "Signor si', capitano". Taylor esito' un po'.
Era accasciato sul pavimento, fece per rialzarsi ma crollo' di nuovo,
poi si alzo' definitivamente, lancio' un'occhiata di richiesta di aiuto
al Capitano, al nostromo e al timoniere, ricevette altre richieste di
aiuto in risposta. Usci' in fretta dalla cabina. Poco dopo si sentiva
una campanella che tintinnava, e tintinno' per trenta secondi. Poco
dopo le voci confuse dai ponti tacquero, e quella di Taylor si alzo'
e diede degli ordini. Il Capitano si sedette, mise per un istante la
testa fra le mani, poi la rialzo', "Non preoccupatevi. Imbarchiamo qualche
litro d'acqua al minuto; con le pompe ne possiamo espellere una decina
al minuto. Ce la faremo. Ora sta da capire dove siamo e cos'e' successo."
I due uomini che erano con lui si alzarono in piedi, ripresero un po'
di coraggio. Il nostromo aveva la testa sporca di sangue, ebbe un giramento,
si risedette. "Dagli una mano, stai con lui, e' ferito. Poi voglio sapere
qual e' la situazione a bordo." Due marinai entrarono senza bussare,
si presentarono sbattendo il tacco, "All'ordini Comandante, ci manda
il Signor Taylor." "E vi farete aiutare da questi due uomini per risistemare
tutto quanto qui in cabina. Questa sera ci conteremo, credo", continuo'
lui.
La nave rimase incagliata a lungo, non basto' l'alta marea,
con quel poco vento. Poi alla sera un uomo non si presento' all'appello.
Era stato sbalzato in mare, si disse di lui. Ma dopo una settimana la
Soleil Royal era di nuovo in rotta per le Americhe.
***
Martina, questa e' la scoperta di una barriera corallina.
Allora e' stata salutata con il Rito del saluto al mare, alla sera,
in onore di un marinaio che vi era morto, la prima volta. E oggi quel
corallo e' segnato sulle cartine, accompagnato dal nome del marinaio.
Ti dedico, se mi e' lecito, quella barriera corallina, e ti dedico la
vita di un marinaio che nello scoprirla vi e' affogato. Marinaio che,
e' chiaro, potrei essere io. Marco
Marco Tassinari
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