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FARANEWS
ISSN 15908585
MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE
a cura di Fara Editore
1. Gennaio 2000
Uno strumento
2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa
3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee
4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?
5. Maggio 2000
Il viaggio...
6. Giugno 2000
La realtà della realtà
7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale
8. Agosto 2000
Progetti di pace
9. Settembre 2000
Il racconto fantastico
10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi
11. Novembre 2000
Il mese del ricordo
12. Dicembre 2000
La strada dell'anima
13. Gennaio 2001
Fare il punto
14. Febbraio 2001
Tessere storie
15. Marzo 2001
La densità della parola
16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro
17. Maggio 2001
Specchi senza volto?
18. Giugno 2001
Chi ha più fede?
19. Luglio 2001
Il silenzio
20. Agosto 2001
Sensi rivelati
21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?
22. Ottobre 2001
Parole amicali
23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.
24. Dicembre 2001
Lettere e visioni
25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.
26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere
27. Marzo 2002
Le affinità elettive
28. Aprile 2002
I verbi del guardare
29. Maggio 2002
Le impronte delle parole
30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza
31. Luglio 2002
La terapia della scrittura
32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.
33. Settembre 2002
Parola e identità
34. Ottobre 2002
Tracce ed orme
35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano
36. Dicembre 2002
Finis terrae
37. Gennaio 2003
Quodlibet?
38. Febbraio 2003
No man's land
39. Marzo 2003
Autori e amici
40. Aprile 2003
Futuro presente
41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.
42. Giugno 2003
Poetica
43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?
44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM
45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi
46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario
47. Novembre 2003
Lettere vive
48. Dicembre 2003
Scelte di vita
49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro
51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia
52. Aprile 2004
Preghiere
53. Maggio 2004
La strada ascetica
54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?
55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004
56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso
57. Settembre2004
La politica non è solo economia
58. Ottobre 2004
Varia umanità
59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM
60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali
61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004
62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato
63. Marzo 2005
Concerto semplice
64. Aprile 2005
Stanze e passi
65. Maggio 2005
Il mare di Giona
65.bis Maggio 2005
Una presenza
66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica
67. Luglio 2005
Risvolti vitali
68. Agosto 2005
Letteratura globale
69. Settembre 2005
Parole in volo
70. Ottobre 2005
Un tappo universale
71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare
72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri
73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi
74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada
75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole
76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"
78. Giugno 2006
Varco vitale
79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero
tempo, stabilità, “memoria”
79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006
80. Agosto 2006
Personaggi o autori?
81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?
82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo
83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica
84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?
85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)
86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare
87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”
88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio
89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007
90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”
91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)
92. Agosto 2007
Versi accidentali
93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?
94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…
95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo
96. Dicembre 2007
Il tragico del comico
97. Gennaio 2008
Open year
98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo
99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore
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Numero 76
Aprile 2006
Editoriale:
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
Recensendo il libro di Molinaroli, Chiara
De Luca parla di ruolo attivo del lettore: leggere è una
attività che possiamo svolgere a diversi gradi di attenzione
(a seconda della materia e del nostro coinvolgimento e/o della nostra
stanchezza) e forse le letture in cui scopriamo che oltre a una forma
interessante c'è dell'altro sono quelle che più ci rimangono
impresse, anche se richiedono una attenzione maggiore. Sicuramente è
un lettore attivo Vincenzo D'Alessio mentre lo scritto
di Vesna Andrejevic stimola il lettore a "reagire"
così come le poesie sommessamente urlanti di Giovanna
Rossi. A volte le parole vi sembreranno dure, in questo Faranews,
ma forse uno scuotimento da un certo torpore può farci trovare
entusiasmi ed energie nuove. Buona Pasqua!
Su
Voci condivise
di Vincenzo
D'Alessio
L'antologia
che accoglie autori segnalati dal concorso indetto dalla Fara per il
2005 dal titolo Pubblica con
noi curata da Alessandro Ramberti invia segnal idi effettiva novità
in campo poetico.
Ad aprire la serie di autori premiati è Gianluca
Brogna con la raccolta Bilancio provvisorio suddiviso
in varie sezioni. L'esperienza personale è dirompente, fluidifica
la versatilità rendendola egocentrica all'occhio disattento quanto
protesa verso la meraviglia di appartenere al contrastato genere umano:
"Essere straniero è la mia condizione / continuata / cammino
per strada e non mi riconosco nei miei simili…)" (p. 9)
Più in là, raggiunto l'apice della solitudine e l'armonia
della rigenerazione in quel "bambino che guarda meravigliato"
la fine dell'esistenza, l'autore si accinge a varare il vero ricorso
poetico: "Perché io sono fra quei sostantivi, fra quei verbi"
(p. 34)
Ora l'ultima fatica resta il bilancio tra l'io e lo specchio (di Narciso)
che tutte le mattine, nel bilancio provvisorio di questa provvisoria
esistenza, chiede "Eppure ci deve essere, questa maledetta anima"
(p. 33)
La scrittura poetica di Carla
De Angelis, volutamente frammentata quasi da haiku, è frutto
di anni di lavoro sul verso, sulla necessità dell'immediatezza
nel porgere al lettore il presente, il quotidiano che affligge quasi
quanto il dolore di sopportare giorni riconosciuti uguali: "Negli
anni / ogni giorno rivisitato / aggiunge vita al corpo / che invecchia"
( p. 39)
Il percorso verso la vera identità tra corpo e spirito è
la contesa che rimuove l'onda benefica di un mare (umanità) in
cui riconoscersi e colmarsi: "Inconsapevole / ognuno / è
carnefice dell'altro" (p. 52).
Allora la vita cos'è? E la sua compagna, la morte, che cos'è?
Gli interrogativi struggono e la piccola barca cerca il traguardo rincorrendo
quella vita quotidiana che tutti noi riconosciamo e che ci unisce: "Donami
remi / per la barca" (p. 54) che vorremmo accostare per condivisione
ai versi più folgoranti del Nobel Montale: "Portami il girasole
impazzito di luce".
I versi di Giuseppe
Di Serio, inseriti nella raccolta, affondano nell'onda dei ricordi.
Le brevi poesie di Alessandro
De Santis che recano l'avvertenza "versi di intrepido dubbio"
percorrono la strada dell'haiku mescolato al rap. Correnti nuove per
la classicità della poetica italiana. Tanti tentativi per una
nuova strada, forma di composizione e… alla fine il dialetto compare
a far rumore: "Tedesco Benedetto venuto su dar tetto!!!" (p.
68).
Sara
Di Giamberardino ha un grande futuro poetico. Lo dimostra nella
sua raccolta poetica Radici con le ali ed ali eccezionali
sono questo per volare al di sopra delle cadute che la poesia contemporanea
conosce: "Le parole sono un gioco, / e la tana è la mia
giostra senza specchi" (p. 103). Qualcosa di meraviglioso, quasi
orfico, si affaccia in tutte le poesie racchiuse in questa raccolta:
"Nella mia tana, / lo spirito sorride e ama. / Eppure l'anima piange"
(p. 103). Stupenda ricerca, continua inesausta ricerca di una struggente
liricità avvinta alla fiamma pura dell'amore per la vita: "Non
esistono bianchi e neri / se non come disperata àncora / della
nostra miserevole insicurezza" (p. 101). Un canto sublime e naturale,
nella certezza che noi siamo in noi e ci completiamo fuori di noi nella
immensità del creato. E quale nome più accorato se non
quello di una madre?
"Eccoti Mamma, / eri un sogno, stavi bene / mi convincevi che tutto
può cambiare, / che la vita cambia / se te ne innamori…"
(p. 94). Quanto scaturirà dalla mano della poetessa sarà
poesia alta pronta a cavalcare questo ventunesimo secolo di insopportabile
dolore.
I versi di Kristian
Fabbri fanno bene alla nostra vita perché contengono i cambiamenti
reali dei quali la poesia contemporanea ha bisogno: "Son padroni,
perché servi di ogni piccola cosa" (p. 144).
Luigi Nacci
scrive tra "sollazzi e strilli e schiamazzi" (p. 181).
Valentina
Renzi ha voglia di scrivere, di vivere, di amare la vita con l'entusiasmo
innato dei giovani ma le paure sono tante e le menzogne altrettante.
La poesia potrà aiutarla a crescere.
I racconti di Giusi
Sapienza Jouven cercano un tempo perduto, disperso in mille rivoli.
Una pacatezza di storie di altre identità, saggezza sconosciuta
ai nostri feroci tempi immorali, oggi questa saggezza potrebbe sembrare
innaturale.
29 marzo 2006
Torna all'inizio
da
Il pane rosso dei papaveri
di Giovanna Rossi
Non ero per la via
giusta dei semplici.
Ho lasciato sola
la preghiera in cerca
di chi sa
quale comunione.
Vivo a stenti
un alfabeto infranto
e imploro
sull’altare del corpo
la resa di un segno di pace.
(1 giugno 2004)
È la forza
della poesia che
vorrei avere
e non so
dove
trovare il meglio
di me.
Perché stasera
torno
schiacciata
da un cielo che vorrei
ma non so
dire.
(Cesena 7 aprile 2001)
È la mia condizione
di assenza.
Una ricerca di sguardi
come me in fuga
dal male.
Scrivere oggi
è ritrovare le braccia
a misurare
i campi arati della notte.
E arare poi nel buio
il mio sorriso distante.
Lasciare il blu degli occhi
per riuscire un giorno
a dimenticare parole
e tornare insieme
dentro le mani.
(13 agosto2003)
Alle vie mutevoli e infinite
dell’amore.
Manco.
Agli abbracci ai padri
e alle ninna nanne.
Alle rose che graffiano
i pensieri tra le gambe
e al braccio teso
di un senso sulla strada.
Al sorriso vuoto
di quando ero. Polline
che fa la neve
di questo freddo
che resiste.
E all’acqua della fatica
da condividere con gli occhi.
Graffi di passi ripidi
nelle mani sottovento.
Manco.
A voci che
mi chiamavano per nome
e tavole preparate per me.
(1 giugno 2004)
Giovanna
Rossi è laureata in Lettere Moderne all’Università
di Bologna, dove attualmente svolge attività di Dottorato di
Ricerca in Storia dell’Arte. Collabora con le pagine culturali
del Corriere Romagna e con la rivista di arte e letteratura Graphie.
Vive a Cesena.
Torna all'inizio
Caro, carissimo
lettore
di Vesna
Andrejevic
Caro lettore, tu che hai appena comprato il mio libro
dopo esser sopravvissuto allo sfogo isterico della commessa che "davvero
non sa perché non si comprino i libri degli scrittori famosi,
pure esposti sugli scaffali assai visibili del libreria e con i prezzi
ben stampati anziché ricordarsi di venire proprio cinque minuti
prima che libreria chiuda per cercare qualche copia che mangiava la
polvere da chi sa quando e dove e che nemmeno i critici hanno giudicato?!"
E caro, carissimo lettore, tu non hai nemmeno la più pallida
idea di cosa ti aspetta! Siccome ti sei imbattuto per un caso (fortunato
o no, non so) proprio in me, "con una certa tiratura" e
con l’unico prezzo che ti puoi permettere, e siccome sembra che
tutto, ma dico, tutto in questo mondo giri intorno alla pubblicità,
allora è giusto che pure io faccia qualcosa sia per te che per
me, qualcosa di diverso dal solito superbo disprezzo dello scrittore
che si mostra come il dotto insinuandosi al posto del lettore: tutto
questo per risparmiarti le "moderne tendenze letterarie"
fatte di un pasticcio di biografie romanzate con molto sesso, tanti
omicidi e con un happy and fregato da qualche mega hit di telenovela
di origine spagnola-messicana-portoghese. È vero che di questi
capolavori non te ne ricorderai nemmeno domattina, tanto meno coglierai
l'intenzione scritta "nella lingua metalinguistica" che
ti sta gridando in faccia "ti sta bene, sciocco, perché
sei disposto a buttare i soldi per una buona descrizione di un paio
di tette e di una scopata patetica che, by the way te le puoi immaginare
da solo e pure nel modo migliore e piú divertente!" Per
questo, ti offro una buona guida all’uso non solo del mio libro.
In realtà ti offro un elenco dei consigli utili e gratuiti, caro
lettore, per una piacevole e rillasante crociera nel mondo letterario
senza vergogna, imbarazzo, autoaccusa dato che "tutti conoscono
la letteratura meglio di te che sei cretino, ignorante". Se con
ogni nuova lavatrice hai le istuzioni d’uso, perché uno
scrittore non può impegnarsi a farti passeggiare almeno una volta
attraverso il suo mondo artistico? Ma questo non vuol dire che ti deve
piacere automaticamente quello che stai per leggere. Nemmeno una lettera
di tutto quello scritto deve piacerti, ne hai diritto. Non devi nemmeno
leggere tutto, pure questo è un tuo diritto, perché se
un critico può scrivere di qualcosa che non ha letto, perché
tu devi finire qualcosa che hai almeno iniziato a leggere?! Imparare
ad esplorare le varie giungle letterarie, piccole, grandi, non importa,
pensando che il tuo giudizio è importante perché appartiene
a te, è fatto secondo il tuo sentimento e secondo la tua competenza.
E finalmente, il libro te lo sei comprato per te e con i tuoi soldi,
ed è giusto che tu ottenga alcune "istruzioni d’uso".
Se è così, veniamo al dunque, caro lettore.
Come scegli un libro? Secondo il colore della copertina? C’entra
il peso? Se pesa di più è meglio? Se si tratta di un libro
"magro", vuol dire che non ti sprechi? Leggi attentamente
il titolo? Aspetti che ti venga un’illuminazione intellettuale
o intuitiva? Hm? Vogliamo lusingarci ancora un po’?
Caro lettore, oggi in questo mondo pazzesco, il libro te lo scegli secondo
"il profondo della tua tasca" e per questo il libro è
come l’ultima ruota del carro. Però, non esageriamo, il
titolo di un libro ha sempre un ruolo magico e seducente. Esso presenta
un preludio amoroso che sa darti qualche volta in briciole un annucio
di un buon orgasmo, ma solo un annuncio, caro mio lettore, niente di
piú! E allora vediamo il nostro titolo! Stai per cominciare a
leggere un racconto semplicissimo che non otterrà mai un Nobel,
se non altro, almeno per il titolo, "inadeguato", così
dicono. Troppo lungo! Incomprensibile! Evasivo! Rivela un’elementare
ignoranza d’italiano! Si dice "la corrida", solo nella
lingua antica abbiamo l’uso della preposizione "de"
invece di "di" e tutto questo come un’influenza della
lingua spagnola… Ed ecco, caro mio, finalmente, siamo arrivati "all’esca"
che ti offro! Leggi da solo tutto tranquillo il titolo del racconto.
CORRIDA(S)… DE TOROS E COSI VIA…
Sì, hai ragione, completamente. Si tratta di un’altra lingua,
senz’altro. Forse io non so scegliere un titolo adeguato, ma può
darsi che qualcuno non sappia riconoscere una delle piú frequenti
e più essenziali parole spagnole. Se pensi alla Spagna, che cosa
ti nasce subito davanti agli occhi? Il flamenco e la corrida. E allora
se nel titolo c’è qulacosa che ricorda la corrida e i tori,
perché non potrebbe venirti in mente che una parte del tittolo
fosse scritta piuttosto in italiano che in una lingua africana?! E perché
questa cosa non può essere un segnale che ti si stia offrendo
qualcosa insolito e che si stia movendo sia il significato che il punto
di vista proposto dallo scrittore? Per questo tutta la storia sarà
fatta così, "dall’alfa all’omega", compresa
la composizione, il linguaggio, il modo in cui si comunica con te, incluso
lo stile, la poetica, chiamiamolo come vogliamo. In una parola, niente
sarà come ci si aspetta, però "l'esca" ti
farà appiccicare con tanta passione proprio a questo racconto.
Se per un puro caso, tu conosci qualche parola spagnola e magarai ti
viene subito l’idea che quella mia cattiva "s" possa
fare il doppio gioco perchè con la "s" la parola
significa il combatimento tra uomo e toro, ma senza di questa mia cattiveria,
vuol dire "lo sborrare", allora mi hai smascherato subito
comprendendo che io mi occuperò in sostanza della passione e
del conflitto che la passione porta sempre dentro di me edentro di noi
finché non ci condurrà a una catarsi o a uno "sgorgamento"
di vita, sia buono che cattivo. Però, tu, caro mio lettore, di
tutto questo non devi sapere nulla, sarà mio compito farti venire
a questa cognizione, piuttosto che farti diventare un filosofo! Tu hai
già riconosciuto con la tua sana logica lo sfondo linguistico
che ti ha emozionato, cioè lo spagnolo, poi il tuo occhio ha
già notato inconsapevolmente dei puntini i quali hanno spedito
al tuo cervello il messaggio che si tratta di qualcosa di "storto"
perché si trovano in un posto insolito spingendo la tua curiosità
a scatenare il processo mentale con cui ti sei preparato a indovinare
l’enigma posto con il titolo. Non ti serve nessuna laurea della
"Sapienza" per anatomizzare il titolo ma hai bisogno solo
di un ragionamento sano e del desiderio di leggere. Perché solo
i fatti insoliti e "storti" nei racconti e nei personaggi
meritano l’attenzione e la descrizione di uno scrittore. Un uomo
che ogni santo giorno va a lavorare dalle nove fino alle cinque e poi
torna a casa prendendo lo stesso treno delle sei e mezzo, non è
interessante per nessuno. Però, se un giorno perde il treno,
c'è gia qualcosa che desta attenzione. Se questa cosa gli succede
alla stazione di passaggio dove ha corso come un matto cercando il bagno
perché quello del treno era occupato e così spinto dalle
budella rimescolate ha sbattuto un’altra volta contro la porta
chiusa e poverino a questo punto, non potendo piú reggere la
pressione sia fisica che mentale l’ha fatta scappare malvolentieri
proprio nel momento in cui il suo treno stava lasciando la stazione,
allora, caro mio lettore, se tutto questo accade, lui diventa un valido
personaggio letterario con tutti i perché, i come, i cosa succede
poi ecc. che fluiscono nel tuo cervello e nella mia storia. Ogni dettaglio
può essere interessante, se si scorge dalla parte "storta",
dall'al di là delle cose e se partendo da esso possiamo raggiungere
una verità umana, piccola o grande dipende dal nostro buon occhio.
Caro lettore, Pirandello da un semplice fischio del treno ha creato
un’epopea d’insurrezione umana che invoca la volontà
libera e il togliere le maschere che ci impone la società, l’ordine,
il "così si fa, come tutta la brava gente" e pensa
un po’ quante cose possano essere raccontate durante un viaggio
transiberiano! E quante pagine ne sarebbero riempite?! E quanto ci metterei
io a scrivere tutto questo e quanto tu a leggerlo con mille lavoretti
che devi fare per regolare tutti i debiti, tutte le tasse, perdendo
ogni giorno tre ore nell’incasinato traffico e una volta arrivato
a casa, ti addormenti come una marmotta mentre ti sorridono dallo schermo
i tragicomici rivali politici, acconciati come attori da telenovela,
che sicuramente ti possono risolvere tutti i problemi solo se dai il
tuo preziosissimo voto a loro senza che ti venga in mente perché
dovresti farlo e perchè devi correre come un cretino ogni santo
giorno.
E siccome tutto si è affrettato e siccome oggi tutto tende "a
uno sborrare" piú rapido, allora né io né
te abbiamo il tempo (purtroppo) di andare a zonzo per i binari e a causa
di questo pure nel racconto accade un rimescolamento dei diversi binari
sia narrativi che di vita e così nella storia viene trasportato
pure il quotidiano effetto flash e "l’ordine" anche
se le cose mai succedono con ordine, ma tutto accade con i propri contrasti,
dubbi, passioni.
In breve, sta avvenendo, caro lettore, un’eterna corrida in mille
modi e in mille posti assieme alla nostra tendenza inconsapevole a dare
una certa teatralità alla nostra scipitezza quotidiana e alla
nostra vita svuotata. Non dimentichiamolo, siamo tutti attori, ma solo
delle nostre vite. E per questo, prego, buttati una volta in una delle
numerossime corride! Guarda un po’ come inizia!
"Ed ecco, dopo la solenne sfilata dei toreri, dei picadores a
cavallo e dei banderilleros con i loro arpioni colorati, finalmente
è dato segnale che il toril può essere aperto. Una grande
emozione nell’arena, cari spettatori! Tutti sono in piedi! Ventiquattromila
voci esultano unanimamente: "Olè!" Questo grandioso
e scuro monumento della forza e del potere da quasi cinque quintali,
catapultato dalla sua furia e dal focoso benvenuto della massa, si è
trincerato improvvisamente nella terra. Un silenzio di tomba sulle tribune!
Per il piedistallo del direttore su questo insolito palcoscenico combattono
due pretendenti: uno con il fiocco composto dai nastri variopinti conficcatogli
nel dorso e l’altro con la cappa rossa da cui dovrebbe balenare
una mossa magica, aspettata con tanta ansia… Ecco, due picadores
a cavallo si stanno avvicinando pian piano al centro dell’arena
con le lance alzate… Il primo getto e… tentativo fallito!
Incredibile! Che balzo! Come se si tratasse di un gattino elastico!
In un solo secondo questo dorso con i gonfi muscoli del collo e delle
spalle si è salvato. Mai visto! Secondo le regole di ogni buon
rituale della corrida questo collonato di muscoli deve essere spezzato
solo in due tentativi per far vedere già l’atteso abbassamento
della testa verso terra… Ecco adesso all’ improvviso viene
il secondo getto…"
(Ma quale conclusione altisonante tu devi adesso ricavare? Nessuna,
caro mio. Tutto comincia direttamente o "in medias res",
inoltre in modo assai teatrale perché si tratta d’una trassmissione
in diretta e il commentatore va cianciugliando come al solito. Questi
moderni pappagalli televisivi sono a volte indifferenti al fatto che
si tratti di una partita in diretta o di uno spettacolo o semplicemente
di un reportage dal mercato. Sono abbastanzi rari i commentatori consapevoli
del fatto che loro sono lì per noi e perciò fanno sempre
del loro meglio per dosare le parole e i termini provando ad informarci
e divertirci.)
"Ma chi è adesso?! Proprio ora?! Ma perché qualcuno
o qualcosa deve sempre rompermi i coglioni quando me la sto godendo?!…
.Arrivo!"
"Buongiorno! C’è un pacco per lei. Mi firmi qui,
per favore!"
"Va bene… ecco. Cosa c’è? Che cosa sta aspettando?
Non ho i soldi per la mancia! Sono solo un’altra povera e disgraziata
intellettuale! E questo non è un telegramma, mica svengo, non
abbia paura! Posso aprire il pacco da sola!"
"Mancava poco che lo infilzasse! Mi scusi, sono uno scimunito,
ho dato una occhiatina… va be’ c’è il suo pacco
che è aperto. Ecco, non faccia cadere questa lettera… mi
scusi un’altra volta. Arrivederci! Ah, signorina! Nella casella…
c’è l’avviso per le bollette di telefono che non
ha pagato"
"Arrivederci! Grazie per il pacco e ‘per l’avviso!’…
scimunito che sei scimunito!"
"Gentile Signorina… Con riferimento al Suo manoscritto,
La informiamo che la nostra casa editrice si occupa esclusivamente della
pubblicazione delle opere di autori rinomati e non ha collane dedicate
agli scrittori esordienti. Però, ci permettiamo alcune nostre
osservazioni rigardo alla Sua scrittura… Nella speranza di poter
collaborare in futuro… tanti saluti…
"Poveracci, non sapete cosa vi perdete! Tanti saluti pure a voi
da parte di ‘Hemingway’, ignoranti! Va be’ questo
vuol dire che hoottime possibilità di morire di fame cioè
‘del mio proprio lavoro’ in questa reincarnazione. Ma non
me ne frega niente! Non me ne frega niente! Non me ne frega niente…
chi ha lasicato questo messaggio?! Non ho nemmeno sentito il telefono
suonare! Ma che bello! Allora vuol dire che le Poste coccolano ancora
le chiaccherone single che si dimenticano di pagare i propri debiti!
Ma sono davvero fortunata, anzi onorata!"
Beep! "La chiamo dalla ditta "D. Holding". Lei ha
risposto al nostro concorso per il posto di segretaria. Vorremmo avvertirLa
che è stata messa nella rosa dei candidati. Il colloquio è
fissato per il 25 gennaio, alle ore otto di mattina nell’hotel
"Intercontinental". La preghiamo di essere puntuale perchè
c’è un grande numero di candidati…"
"Ma proprio alle otto di mattina?! Sono tutti impazziti! E proprio
‘il posto di segretaria?! Ma dico, fino a quando devo litigare
con la mia vita e la mia vocazione?! O Dio, ma fino a quando?!"
(E ora, cosa è sucesso? Si è solo introdotto il primo
personaggio e devo ammettere nel modo brusco e diretto in cui ti è
stato presentato il programma televisivo. Semplicemente, come se il
ritmo fosse uscito "dal televisore" stabilendosi in una
vita comune. Questa cosa si chiama la simmetria o il parallelismo narrativo,
ma cosa c’entra questo con te? Per te è solo importante
conoscere il personaggio attraverso i dettagli, cioè capire chi
è lei e cosa le sta succedendo nella vita. Sarebbe stato stupido
se io avessi scritto: ‘Mentre guardava la televisione, una 35-enne
disoccupata, ma di vocazione scrittrice (quanti scrittori e quante scrittrici,
caro mio lettore, ma se ne parla un’alrtra volta, te lo prometto)
ha sentito il postino suonare… (Quante volte? Una, due, tre, cinque?
Ah, allora tu non ci vai mai da Amadeus! Tre volte, caro mio! Il postino
suona sempre tre volte se lo manda Jack Nicholson o Amadeus! Ricordatelo
bene!)… il quale le ho portato una lettera’… e così
via. Ma tu non stai leggendo il giornale, bensì un’opera
letteraria che sempre imita la vita e nella vita nessuno ti communica
le cose in modo tranquillo e con i fatti puri. Sei proprio tu che li
stai notando secondo il tuo ordine. Quindi, che cosa hanno in comune
la corrida e il personaggio? La passione e il conflitto. Pure il toro
presenta un personaggio nella corrida. Anche lui è trascinato
dalla passione di mostrarsi al pubblico e di sopravvivere. Ed è
sempre attacato ad un filo, vogliamo dire di ferro o di vita? Lui è
sempre un personaggio tragico. Un predestinato fallito che sfolgora
solo per un attimo, proprio al culmine del suo potere. È molto
interessante che lui non giochi mai la parte negativa, a meno che il
destino non gli dia un sorrisino concedendogli una chance di sopravvivere
un’oretta di piú prima del macellamento che lo aspetta
senz’altro, a patto che riesca ad infilzare il matador. Ed ecco
siamo arrivati ad una svolta incredibile, cioè abbiamo il vincitore,
ma lui, nello stesso tempo fa parte del negativo, o possiamo metterla
al contrario.
L’identico ruolo recita pure lo scrittore che arde con tutta la
sua anima di farsi vedere, di farcela, di essere affermato ma prima
di tutto di sopravvivere alconflitto interiore che lo spezza ogni giorno
ponendogli solo una domanda: "Hai combinato davvero qualcosa di
buon?". Poi, c’è anche il suo sforzo di sopravvivere
fisicamente perchè il/la poverino(a) ha lo strano vizio di mangiare
almeno due-tre volte al giorno, il che non concorda affatto con i sublimi
e nobili intenti artistici.
Ma ecco di nuovo la nostra "svolta" in funzione perché
quanto piú è oppresso e affranto dalla vita, lo scrittore
tanto meglio agisce, cioè scrive diventando piú forte.
In breve, la fatica e la angoscia ci rendono piú saggi. Se tutto
va liscio, le muse ci scansano e il nostro Dante aveva, e come, ragione
quando diceva: "… seggendo in piuma in fama non si vien, / né
sotto coltre, sanza la qual chi sua vita consuma / cotal vestigio in
terra di sé lascia, / qual fummo in aere ed in acqua la schiuma".
Quindi, c’è sempre l’eterna collisione tra "sapere"
e "volere" e tra "sapere" ed "essere".
Tradotto in lingua più comprensibile, alle nostre budella non
piace essere affamate troppo neanche se tu facessi lo spazzino, magari
nel modo sublimissimo (ah, chiedo scusa, volevo dire l’operatore
ecologico, suona tanto meglio, ma puzza allo stesso modo nei cervelli
troppo "acconciati"), ma intanto l’anima cerca il
cielo. Dunque, lo scontro della nostra verticale e della nostra orizzontale,
o del nostro consenso o del nostro rifiuto della scelta e del proprio
prezzo. Nello stesso modo il toro deve scegliere in un certo punto di
soddisfare alla massa. E c'è un’altra cosa, i miei commenti,
in che colore sono scritti? E per quale motivo? Vedi? Anche questa mia
furbizia evoca inconsapevolemente il motivo centrale, cioè la
corrida. Tutto è legato e tutto ha sempre una certa funzione,
caro lettore. Ed ora, andiamo avanti! Fermo! Non si procede, dimenticavo!
Cosa c’entra Hemingway? Chi è simbolo del successo, del
dissidio interiore, dei motivi spagnoli e finalmente del volontario
esilio dalla vita? Inoltre, l’anno scorso a Roma si è trovato
un suo racconto, mai pubblicato. Indovina di che cosa parla? Certo,
di corrida. Si dice la passione e il conflitto, no? E niente accade
per caso, vero? Ma se tu, caro mio lettore, pure non avessi saputo questo
piccolo dettaglio, questo non importa perché Hemingway presenta
sempre un link con la Spagna e così il cerchio immaginativo è
di nuovo ben chiuso. E adesso si cammina davvero!
"… sembra che il secondo getto sia stato giusto.
Secondo la quantità del sanque che sgorga e arrossa l’arena,
direi sia stata colpita proprio l’arteria del collo, il che faciliterà
il lavoro del matador anche se il suo avversario non mostra nessuna
voglia di arrendersi. Anzi, è ancora molto robusto sebbene abbia
qualche difficoltà a muoversi perché sta bracollando per
l’arena. Secondo gli esperti della corrida, gli arpioni che gli
si stanno conficcando a vicenda nei muscoli delle spalle, hanno solo
un effetto ‘delle punture d’insetti’, però
da questo combatimento deve uscire solo un vincitore. Il pubblico è
impaziente, questo martirio è imprevedibilmente lungo. Dal nostro
posto di commentatore non possiamo valutare quanta passione sia rimasta
nell’avversario, ferito ed esaurito. Ed ecco, sul palco sventola
la muleta, cioè la cappa rossa del matador che significa che
lui stesso ha giudicato che molto presto ricorrerà alla spada.
Un silenzio di tomba sulle tribune! Però, ecco il gran finale,
quasi ipnotizzato dalla muleta, comincia un altro attacco, si vede un
nuvolone di polvere… Che furore, che rabbia! Da dove viene tanta
passione e tanto sangue?! È magari l’ultimo assalto?"
La pagina due, il passaggio terzo, l’ "l’incoerenza
testuale"… "Tutta la vita ci allenano per queste maledette
Olimpiadi! Da piccoli, mentre ti dondolano gli adulti cominciano a raccontarti
dell’importanza dei decimi di secondo con cui si deve arrivare
furiosamente al traguardo, poi che il tragurado, ce n’è
solo uno e non si deve fallire, non si può quardare sulla destra
e sulla sinistra, nemmeno si può girare, si corre solo dritto,
dritto e finalmente non si deve disonorare il nome familiare e così
via. Nessuno ti chiede se tu propio abbia voglia di partecipare alla
gara! Hai forse qualche altra ambizione? A scuola la materia principale
è la meccanica e ogni giorno ti rompono le palle con l’importanza
e la forza del motore codato come il nostro principale propulsore e
bla, bla, bla… Quando ti dicono alle lezioni di maratona che siete
trecento milioni e che si corre con la velocità dei nostri due
millimetri al minuto e pure che periremo quasi tutti in tre giorni per
strada tranne un fortunato, ma a lui spetta una goduria mai vista insieme
con la sensazione d’adempimento nel paese delle favole, ti viene
di ammazzarti d’angoscia e di confermare da solo la tua mancaza
delle fottute Olimpiadi! Ma nessuno ti chiede qualcosa! Passi tutta
la vita nell’incertezza perché non si sa mai la data precisa
della gara! Le Olimpiadi semplicemente succedono! Anche oggi, domani,
dopodomani, ma tu devi sempre essere pronto a precipitarti con tutta
la tua forza! Ma dico non siamo tutti nati per questo, come non possono
capirlo?! A me non interessa per niente correre! Non farei nient’altro
che dondolarmi tutto il giorno e che corra chi vuole! Noi, artisti,
siamo completamente diversi! Ah, dimenticavo un’altra cosa: devi
imparare come la santa preghiera la parola d’ordine con cui si
passa il traguardo. Questa devi comunicarla a un fottuto arbitro che
non fa nient’altro che aspettarti al traguardo, eppure ha diritto
di decidere del tuo prossimo destino. La parola d’oridine è:
‘Ciao, sono spermatozoo e sono venuto a fecondarti!’ È
davvero dura la nostra vita… Ma cosa sta succedendo? Terremoto?!
Mamma mia, dove stanno correndo tutti?! Marco! Luca! Filippo! Aspettatemi!"
(Questo procedimento letterario si chiama una storia breve dentro quella
grande e generale. Devi capire che cosa sta nel manoscritto che hanno
rifuitato allo scrittore ma nello stesso tempo non devi subito scoprire
l’identita del protagonista di questa breve storia. Qui lo scrittore
prende l’iniziativa, gioca un po’ con te nascondendoti la
vera identità del suo protagonista, cioè sta facendo apposta
"una vera svolta" introducendo "l’elemento umoristico".
Propio alla fine del brano puoi scopirre "il piccolino codato",
l'artista, "incompreso" come tutti i geni o diciamo alla
maniera maschile, lui "spara a polvere", lui non se la sente
di fare "le sublimi azioni fiziche" che dovrebbero essergli
impresse geneticamente considerando il fatto che si tratta del suo unico
lavoro nella vita. A lui pure piacerebbe scansarlo ed ecco il nuovo
volto della passione e del conflitto. Sembra che ad alcuni venga imposta
la passione di mestiere, ma loro danno il suo meglio a sfuggirla. Ma
ci si potrebbe aspettare il comportamento da vigliacco da uno spermatozoo?
Eppure, un po’ di "drammaticità" non nuoce
ed è proprio "deus ex machina" o il dito di Dio che
ci fa seguire il destino dei nostri personaggi, no? Adesso sono in tre;
c’è il toro, lo scrittore cioè la scrittrice, e
lo spermatozzoino. Ti ho regalato una bella compagnia, eh? Ma riguardo
a "quell’ incoerenza testuale", si tratta di una punta
d’ironia dello scrittore rivolta al suo prediletto criticuccio.
E abbiamo di nuovo il conflitto, e vero? E con tanta passione?)
"Un assalto impetuoso ha sfiorato leggermente il
fianco del matador! Si sente un profondo sollievo sulle tribune! Per
un tratto tutti abbiamo perso il fiato. Ma ecco per la prima volta si
vede la spada snudata! Un’informazione in più per i nostri
spettatori che ci seguono per la prima volta in diretta, si tratta della
spada lunga un metro che si deve conficcare in un solo tentativo in
mezzo alle scapole in modo da trapassare il cuore. Spesso il primo tentativo
fallisce, vedremo subito l’esito di questa prova. La spada è
snudata abbastanza altamente, il corpo di torero è tutto teso,
il corpo del suo avversario agonizzante sta tremando con gli ultimi
atomi di forza, la sua testa è quasi inchiodata per terra e probabilmente
non può nemmeno vedere dal sangue che gli riempe gli occhi…
Incredibile! I due protagonisti della storia in questo punto decisivo,
tutti e due esauriti, agitati con lo stesso chiodo fisso nella propria
mente di uscire da questo palcoscenico da vincitori! L’ulitma
resa dei conti è annuciata da un prolungato ‘Oleeè!’
di cui tutta l’arena sta rimbombando…"
La pagina centocinquantadue, l’osservazione numero tredici: ‘la
mescolanza di stili diversi’ … "Non è colpa
nostra, signor guidice! Questa cosa non l’abbiamo inventata noi!
Così vivevano e finivano pure i nostri vecchi, in tal modo campiamo
anche noi. È il destino di tutti. Quest’usanza si trasmette
nelle nostre famiglie di padre in figlio. Ecco, la gente più
istruita di me dice lo stesso…
"È consapevole dell’atto che ha compiuto?"
"Beh, lo sono, ma mio padre non se n’è avuto a male,
lui stesso sapeva che cosa lo aspettava una volta perso il vigore. Ci
sono tante bocche da sfamare a casa, signor giudice. Il nonno mancava
le forze e ci ha chiesto lui stesso di portarlo in montagna, voleva
essere messo 'in bocca al lupo'."
"Signor giudice, se permette, da avvocato, vorrei aggiungere, e
che sia scritto nel verbale, un estratto dagli scritti di Platone dove
si dichiara abbastanza evidentemente che gli abitanti di Sardegna praticarono
nei tempi lontani l’usanza di uccidere i vecchi una volta indeboliti…"
"Chiedo silenzio nell’aula! Ma avvocato, è impazzito?!
Silenzio! Del resto, non siamo in Sardegna, ma in Serbia! Che l’imputato
racconti che cosa è accaduto quel giorno! Silenzio!"
"Beh… il giorno prima il nonno venne da mia moglie dicendo:
‘Prendi, figlia mia, questo secchio, da domani sarai tu a dare
da mangiare ai porci. Io sono sfinito…’.Si mise a sedere
sulla soglia piangendo e noi capimmo subito che era ‘la sua ora’.
Il giorno dopo preparammo una bella tavola con tantissime pietanze e
mettemmo il nonno a capo tavola. C'era tanto da mangiare e ci saziammo
bene e dopo un po’ ci recammo in montagna con tutti i parenti,
i vicini, insomma con tutto il paese…"
"Prosegua! Che cosa è succeso in montagna?"
"Arrivammo… e… scavammo la fossa per il nonno: lo facemmo
mettersi in ginocchio, e poi… gli mettemmo la focaccia sulla testa
che lui teneva con le mani…"
"Perchè ha smesso di parlare? Prosegua!"
"E allora io… io…
( Il nuovo cambiamento del ritmo, la nuova storia, il nuovo personaggio.
Non dovrei nemmeno dirtelo, ma c’è ancora un nuovo volto
della passione e del conflitto condito questa volta di elementi etnologici.
E per quale motivo? Il fatto che oggi noi tutti ci mostriamo impazziti
e smarriti non è per niente nuovo, purtroppo di questo sfottimento
del destino soffrivano pure i nosti avi e forse nel modo peggiore. Dove
avrebbe potuto accadere il maggiore conflitto e la piú scatenata
passione che nel patriarcato in cui si praticava per secoli e secoli
l’usanza di uccisione dei vecchi una volta indeboliti ed impotenti
a contribuire alla società come un’usanza comunissima?
Orribile ed atroce, sono d’accordo. Ed anche ammetto di aver scelto
deliberatamente questa scena per smuovere l’emozione e la coscienza
perchè la vita non è una telenovela. Ah, chiedo scusa,
non lo è mai ed proprio per questo ti offro appositamente la
scena che ti constringe a chiederti il motivo dell’accaduto e
che ti fa vedere la parte piú spaventosa della passione e del
conflitto che portiamo dentro di noi. Nelle società antiche la
responsabilità e l’autorità si trasmettevano ai
membri maschili, cioè da padre in figlio in tal modo. Davvero
spaventoso, ma non è che anche noi ci comportiamo oggi in modo
simile lasciando i genitori malati, vecchi, indeboliti che se la cavino
da soli perchè abbiamo un appuntamento importantissimo, le partite
di calcetto, gli impegni di lavoro, le/gli amanti ed ecc.? Forse ti
chiedi perchè si menzioni la Serbia? Probabilmente c’è
qualcuno che non sa dove si trova la Botswana, ma quando sente parlare
del "macellaio balcanico" oppure della "macelleria balcanica",
all’istante si orienta geograficamente verso la patria di Milosevic.
Questo si chiama, se non altrimenti, una buona "negativa campagna
di stampa" il che non c’entra in nessun modo con l’usanza
che gli etnologi hanno notato laggiú una centinaia di anni fa.
Te ne serve la prova? E perchè si nomina la Sardegna? Vuoi credere
o no, ma la cosa è verificata e documentata con tutto il rispetto
e risulta che questa usanza si praticava per tutto il mondo, inclusa
la Sardegna. Si tratta di somiglianza, o di differenza, o di archetipi
oppure del fatto che siamo tutti solo esseri umani? E finalmente perchè
oggi l’uccisione di un tore passa per quella meno crudele? In
genere, siamo venuti proprio al fondo della passione e del conflitto
ed ora bisogna raggiungere la superficie per sciogliere il quesito e
dare qualche speranza e un po’ di luce! Quindi, il ritmo si accelera
e tutto corre verso la catarsi o verso il nostro finimento. Ah, non
ti dico, verso il nostro "sborarare", a questo no, caro mio,
anche se lo aspetti, lo so benissimo, ma qui si tratta di un’elaborato
serio, di…di…va be’ di questo che ti piace sentire
di piú. Ecco, andiamo avanti, allora puoi scorgere le immagini
che gareggiano raggiungendo l’una l’altra perchè
questa vicenda è una delle principali qualità della passione
e nello stesso tempo fa benissimo riscontro alla scena che descrive
come finirà "il terremoto delle Olimpiadi" del nostro
piccolino codato di cui ti interessi di piú, caro, carisssimo
mio lettore! E tutto questo non solo per farti un cenno lascivo di sesso
che ti solletica i sensi e l’anima ma per il fatto che la vita
vince sempre ogni atrocità e ogni vergogna che la razza umana
sa combinare. Perciò buttati, il gran finale ti aspetta, finiamo
insieme in bellezza!)
"E così io correvo e correvo dietro a Marco, a Luca, a Filippo,
dietro a tutti! Tutti davano la caccia a me ed io davo la caccia a tutti.
Era terribile, come in questi servizi televisivi che ti fanno vedere
i tori che gli impazziti spagnoli hanno fatto correre per le loro viuzze!
Un vero sterminio! Ad un tratto ho chiuso gli occhi metre correvo come
un matto e non ho sentito più niente. Sono stato catapultato
e ho sbattuto la testa contro il tavolino giudiziale, ma invece di quella
culona che mi aspettavo c’era una bellisima creatura, sensuale
e sorridente, ed io…"
"Ed io ho deciso che me ne fotto del posto di segretaria! Piuttosto
morirò di fame! Mi metto a scrivere come una maniaca! Farò
solo questo! Pronto? Mamma, mi senti?! Pronto? Non ti sento! Pronto?!
Cretini! Mi hanno tolto la linea telefonica di nuovo! Ma vi mando tutti
a quel paese!
"Olè! E giusto nel cuore! Incredibile! Il primo tentativo
e subito il successo! Ha semplicemente falciato il suo avversario! Un
grande successo per il giovane torero! Tutta l’arena è
in piedi. Oggi è nato un nuovo prediletto del pubblico! Mentre
lui sta ripulendo la spada insanguinata sul pelo del suo avversario,
tutta l’arena è in delirio! Si sta celebrando il suo ardimento,
la sua passione e dobbiamo dire…pure il suo giorno fortunato!"
"E allora alzai l’ascia e dissi: ‘Non ti uccido io,
ma ti uccide questa focaccia! E… così sono diventato come
lui."
"E allora io ho detto: ‘Ciao, sono spermatozoo ed io…ed
io sono adesso tu!"
(E allora, che domanda dovresti porre a te stesso? Nessuna,
devi solo lasciare che le immagini si compongano da sole. Niente dotti
appelli per la salvezza del pianeta, del destino ingiusto ecc. La vita
presenta un mosaico fatto di cose belle ma anche di quelle orribili
e per questo la letteratura può esere solo uno specchio con i
riflessi simili. La vita non dovrebbe essere solo bella, ma prima di
tutto sugosa e realizzata e questo fatto sottintende che è tessuta
di avvenimenti assai diversi che scorrono in modo vorticoso, mettendo
alla prova la nostra forza, facendo venire a galla i nostri lati più
belli assieme a quelli bruttissimi per renderci più vigorosi
mentre vagabondiamo per i vari sentieri e tutto questo solo per farci
essere cambiati con le loro mutazioni eterne. Lungo questo cammino qualcuno
si spossa, china il capo, qualcuno prosegue coraggiosamente, uno ottiene
una punizione meritata, l’altro, pur non volendo si trasforma
in qualcosa di più bello e buono che forse non gli spetta per
l’impegno e il merito che ha dimostrato. Tutto questo fa parte,
caro lettore, della vita e delle sue instancabili metamorfosi dettate
dalla passione che ognuno porta dentro di sé, la quale litiga
con se stessa lungo il nostro cammino. Se hai superato lungo questo
cammino da dinosauro ogni ostacolo (i miei consigli e commenti) e se
nello stesso tempo essi non ti hanno disgustato la lettura, allora ti
propongo, come in ogni buona istruzione d’uso di "agitare
prima dell’uso", ma questa volta non il prodotto, ma la tua
testa e di rileggere il racconto senza prediche da parte mia, e se ti
piacerà, prego vai in libreria per arrichire la tua esperienza
dentro un nuovo libro. Ed io, mio caro, carissimo lettore, nell’intento
di adattarmi al moderno approcio commerciale, posso solo dirti: "Compra
i nostri prodotti! Scegli proprio noi! Compri uno, ottieni due! Offerta,
solo oggi!" e… fiii, fiii, fiii, il treno fischia, fischia,
fischia…)
Vesna Andrejevic, nata a Belgrado, è professoressa
di lingua e letteratura serba e di letteratura internazionale. Fra i
vari riconoscimenti ricordiamo la segnalazione nel concorso Pubblica
con noi.
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Stanate la speranza e
giustiziatela sul posto. Su Il crollo degli addendi di Simone
Molinaroli
di Chiara De Luca
Durante la presentazione bolognese del Il
crollo degli addendi, David Napolitano, poeta e compagno di Simone
Molinaroli nell’avventura di Ass
Cult Press e Enduring Poetry, mi chiedeva se io non pensi che ci
sia conflitto tra il ruolo di scrittore e quello di critico letterario,
e quali siano i miei criteri di giudizio quando mi avvicino ad una poesia.
"Le opere d’arte sono di una solitudine infinita",
scrive R.M. Rilke nelle Lettere a un giovane poeta, "e nulla può
raggiungerle meno della critica. Solo l’amore le può afferrare
e tenere e può essere giusto verso di loro". E l’unico
modo possibile per leggere Il
crollo degli addendi è proprio l’amore, quale principio
vitale, "come l’eterna pulsazione / che rende giovani e
immortali", energia che avvolge, stringe e che segna, come pare
simboleggiare la bellissima illustrazione di copertina di Gigi Fagni.
Perché quella di Molinaroli è una poesia che chiama, che
quasi aggredisce con la sua vitalità, la sua valenza comunicativa
forte, spesso dissacratoria, che colpisce a segno senza giri di parole
o sotterfugi e mascheramenti letterari. È una poesia diretta,
immediata, franca, come lo è Molinaroli stesso, come lo è
l’introduzione al Crollo,
che provoca, quasi "aggredisce" il lettore:
"Sono altro da ciò che vedete / ho già piegato
il bancone con i miei desideri / ho già scolpito l’universo
con queste mani gentili / e non aspetto che voi e la vostra vita da
invadere / non aspetto che di vedervi / implorare un carnefice affascinante
/ che esegua lo spartito / della pena che preferite".
Quella che si chiede al lettore non è dunque un’attitudine
passiva, meramente ricettiva, bensì una partecipazione, l’impegno
ad andare a fondo nella materia ardente di questi versi, in quel dolore
così concreto che "avrà sempre / l’odore del
mentolo su un volto rasato". Occorre dunque non tirarsi indietro,
non avere paura, così che "Se il male deve essere / che
sia male irrimediabile / e non lamento annoiato / che sia rovina materiale
/ e non crollo teorico". Soltanto una volta posti davanti al male
– quella pena di cui Molinaroli nell’introduzione si offre
di "eseguire lo spartito" – è infatti possibile
aggredirlo: "Con il palmo della mano sinistra / saluto il male
/ come l’amico più caro / lo accolgo nella stanza segreta
/ e con l’altra mano / quella – per me, mancino –
inadatta / lo uccido. / Pace". I versi di Molinaroli rispondono
in pieno a quella che è a mio parere la funzione primaria della
poesia: comunicare. È il motivo per cui sembrano scritti espressamente
per essere letti ad alta voce, dal momento che: "C’è
poco da fare / se non essere ubriachi fino / a non ricordare / la gentilezza
dell’odio in manovra / la strategia raffinata / dell’azione
che non ricorderemo / se non è forte abbastanza / da diventare
una tradizione orale / che noi stessi racconteremo / come una storia
senza padrone". Sono versi che possono essere musicati, seguendo
il flusso dell’energia che si espande dall’inizio alla fine
del libro, tenendo in tensione la parola, senza cedimenti. Ma sono anche
versi in cui il fuoco è contenuto nella forma, senza tuttavia
esservi confinato. E non mancano immagini metaforiche forti, (p. es.:
"le madri sono fiori di carta / impollinate da api meccaniche"),
che bilanciano armoniosamente le espressioni del parlato e le sfumature
sarcastiche ("La stranezza è la comica forza / del dispiacere
fatto in casa / progettato con l’ingegno del divano / e la gentilezza
della carta igienica").
Come dicevo nell’introduzione al Crollo,
la poesia di Molinaroli non lascia spazio all’illusione salvifica
("radete al suolo i cinema / stanate la speranza / e giustiziatela
sul posto"), rifugge sentimentalismi e pietismi di maniera, che
vengono piuttosto colpiti e smascherati: "L’uomo che dorme
in I.L.H. è il / fratello di hai qualche moneta / le monete mi
servono per il pedaggio autostradale / e sei un mendicante in franchising
/ la vita ti ha scippato la vita / hai firmato un contratto per lo /
sfruttamento d’immagine di un barbone…".
Ciò che pervade questi versi è uno slancio incontenibile
per "la regina della festa", la vita, da viversi a fondo
anche nel dolore, anche quando lei "era lì davanti / a
inforforarci le spalle / di verità schiaccianti". Ed è
dallo stesso slancio che scaturisce anche la rabbia, la rabbia di chi
non accetta che la vita sia svilita e strumentalizzata, neppure nello
scoraggiamento più profondo, in cui una fede comunque persiste.
Non si tratta però mai né di afflato mistico, né
di religione, il cui "potere indiscusso" "si manifesta
/ in ogni esecuzione". Si tratta piuttosto di una fede diffusa
nella capacità dell’uomo di vivere ogni cosa fino in fondo,
di sentire fino alla consunzione, "anche se / abbiamo tutti amato
/ qualcosa che non esiste / e maledetto la speranza / e l’attesa
incalcolabile dell’avvento / di un regno, di una parziale salvezza.
/ Abbiamo tutti amato / qualcosa che non esiste. / Per questo, sopravvissuti."
Noi che siamo morti
Siamo morti con la saliva sulle mani
e la ricevuta di un sarto nella bocca
assolti da ogni accusa
le scarpe giocavano ancora
pulite poco lontano.
La folla spendeva attenzione
Ricordando il non saputo
- una fotografia che è una guida al dolore –
e schiamazzando violenta la vita.
Noi che siamo morti
non ricordiamo quel che non è
la ghiaia
quel che è stato
sotto la ruota anteriore
noi non ricordiamo
noi non ricordiamo
i morti non hanno ginocchia da piegare
non scattano istantanee
fumando – una radio – il sole – il lungomare
i morti non hanno conti da pagare.
noi non ricordiamo quello che non è
noi non ricordiamo quello che è stato
noi siamo una lettera sequestrata
siamo l’orso che dorme
il fastidio iniziale
di un rumore di fondo.
Siamo nati lontano
Noi siamo nati dove nessuno
ha cercato la parola
o il suo rimbalzo di gomma
dove nessuno è caduto.
Siamo nati intatti
circondati da neve senza impronte
nell'attimo in cui
dio decise di farsi sordo o inesistente.
(ma questo io non lo ricordo)
Noi siamo la sterminata immensa verità
che si nasconde
noi siamo la verità che si rivela
la verità ancorata all'attesa.
Il fischio d'inizio e di chiusura
l'organo interno e il braccio fulmineo
il diluvio salvifico sui morenti
il pretesto il crimine
la mano che stringe la mosca
l'organo interno
noi siamo la dolorosa assunzione della verità
la mano che muove l'arma
il fendente la ferita la sutura
noi siamo adesso
solo quello che siamo
l'amore ch'è stato
la vita che abbiamo.
(preziosi consigli, scommesse
progetti)
Il mio amante è una falena di plastica muta
Il mio amante è una falena di plastica muta
– disse la ragazza
e prima di lui
era stato un nuotatore silurato
colato a picco
in uno stagno di gelida quiete
– aggiunse
sono sola
– concluse
io parlo, chiedo, imploro,
ma niente accade
fuori dalla macchinazione terribile
del mentire celeste.
Sono solo anch'io
– risposi
parlo con le bottiglie vuote
mi rispondono i bicchieri e i morti
con il loro silenzio lacerante
la loro nobile assenza.
Canto la patria smarrita
il suo tonfo indecoroso
la costruzione di milioni di trincee
a difesa di nulla
la vergogna di sopravvivere
solo per la medaglia da eroe
che porto saldata sulla carne.
Sono solo
– aggiunsi
e ho saldato tutti i debiti che non avevo
per non incontrare sedicenti creditori.
Anche la musica
– you’re nobody 'till somebody loves you
sentenziò liberamente la nostra solitudine
e noi ci limitammo a non decidere
l’invenzione che di due solitudini
fa una festa feroce
e con intelligenza da rifugiati restammo
nell’insieme infinito del non avuto.
Il pensiero dà fastidio
Il pensiero dà fastidio
anche se chi pensa sta pensando a se stesso
e non parla o se parla è poco
un verso di poesia animale, gemello
della computazione elementare retrostante
un brano di una autistica preghiera
e il sacrificio umano
per il dio incontentabile degli orfani.
Il pensiero dà fastidio
anche se chi pensa sta pensando l’amore
come eterna pulsazione
che rende giovani e immortali
il prodigio senza trucchi
che restituisce un corpo ai morti
per camminare nella memoria
dei giorni fecondi.
Il pensiero dà fastidio
anche se chi pensa sta pensando
cosa posso dire a questi occhi
per vedere il loro vero colore
la furiosa bellezza
l’onda feroce di desiderio
che vidi nello sguardo
che generò il mio viaggio.
il pensiero dà fastidio
anche se
abbiamo tutti amato
qualcosa che non esiste
e maledetto la speranza
e l’attesa incalcolabile dell’avvento
di un regno, di una parziale salvezza.
abbiamo tutti amato
qualcosa che non esiste.
per questo sopravvissuti.
(Simone Molinaroli, da Il
crollo degli addendi, Ass Cult Press/Dizlexiqa, Pistoia 2006)
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