|
FARANEWS
ISSN 15908585
MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE
a cura di Fara Editore
1. Gennaio 2000
Uno strumento
2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa
3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee
4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?
5. Maggio 2000
Il viaggio...
6. Giugno 2000
La realtà della realtà
7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale
8. Agosto 2000
Progetti di pace
9. Settembre 2000
Il racconto fantastico
10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi
11. Novembre 2000
Il mese del ricordo
12. Dicembre 2000
La strada dell'anima
13. Gennaio 2001
Fare il punto
14. Febbraio 2001
Tessere storie
15. Marzo 2001
La densità della parola
16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro
17. Maggio 2001
Specchi senza volto?
18. Giugno 2001
Chi ha più fede?
19. Luglio 2001
Il silenzio
20. Agosto 2001
Sensi rivelati
21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?
22. Ottobre 2001
Parole amicali
23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.
24. Dicembre 2001
Lettere e visioni
25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.
26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere
27. Marzo 2002
Le affinità elettive
28. Aprile 2002
I verbi del guardare
29. Maggio 2002
Le impronte delle parole
30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza
31. Luglio 2002
La terapia della scrittura
32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.
33. Settembre 2002
Parola e identità
34. Ottobre 2002
Tracce ed orme
35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano
36. Dicembre 2002
Finis terrae
37. Gennaio 2003
Quodlibet?
38. Febbraio 2003
No man's land
39. Marzo 2003
Autori e amici
40. Aprile 2003
Futuro presente
41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.
42. Giugno 2003
Poetica
43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?
44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM
45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi
46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario
47. Novembre 2003
Lettere vive
48. Dicembre 2003
Scelte di vita
49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro
51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia
52. Aprile 2004
Preghiere
53. Maggio 2004
La strada ascetica
54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?
55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004
56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso
57. Settembre2004
La politica non è solo economia
58. Ottobre 2004
Varia umanità
59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM
60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali
61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004
62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato
63. Marzo 2005
Concerto semplice
64. Aprile 2005
Stanze e passi
65. Maggio 2005
Il mare di Giona
65.bis Maggio 2005
Una presenza
66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica
67. Luglio 2005
Risvolti vitali
68. Agosto 2005
Letteratura globale
69. Settembre 2005
Parole in volo
70. Ottobre 2005
Un tappo universale
71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare
72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri
73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi
74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada
75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole
76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"
78. Giugno 2006
Varco vitale
79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero
tempo, stabilità, “memoria”
79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006
80. Agosto 2006
Personaggi o autori?
81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?
82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo
83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica
84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?
85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)
86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare
87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”
88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio
89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007
90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”
91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)
92. Agosto 2007
Versi accidentali
93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?
94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…
95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo
96. Dicembre 2007
Il tragico del comico
97. Gennaio 2008
Open year
98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo
99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore
|
|
Numero 39
Marzo 2003
Editoriale: Autori e amici - uno spaccato
(parziale)
In quasi dieci di attività Fara ha pubblicato decine
di nuovi autori, spesso alla loro opera prima, ricchi di un vissuto,
di una capacità di raccontare, di mettersi in gioco, di condividere
esperienze e competenze. Siamo anche entrati nel quarto anno di vita
di Faranews che ci ha messo in contatto con tanti amici. Tutti meritano
un ringraziamento in primis tutti i creativi e le persone dello studio
Kaleidon, Barbara,
Americo, grafico ed esperto di web, e tutti gli
altri che ci hanno incoraggiato in questa iniziativa. In questo numero
dedichiamo qualche squarcio ad alcuni autori e amici sapendo che la
scelta è per forza di cose parziale e limitata (molti altri sono
già presenti in precedenti numeri di Faranews).
Ecco dunque i nomi: Edvino, Adeodato,
Roberta, Ridvan, Daniele,
Andrea, Paola, Corrado,
Paolo, Sandra, Tahar,
Gilberto, Angela.
Come sempre chiudiamo il numero con i siti consigliati.
Buona lettura!
Frammenti
di pace
(di Edvino Ugolini)
Il falco vola alto sulla necropoli
In fiamme l'ultima eresia dell'uomo
Sulle torri innalzate
Per dividere i popoli
Un vessillo che ricorda
La fratellanza
Mentre da lontano ruggiscono i motori
Della macchina infernale della guerra
Menti fredde e senza emozioni preparano
A tavolino l'attacco finale
Noncuranti delle ferite aperte
Che rimarranno al sole
E non si cicatrizzeranno a causa dell'uranio
Intere lande di detriti e resti umani
Saranno la memoria di una strategia del potere
Al servizio di subdoli interessi
A distruggere l'uomo
E rendere vana una convivenza tra i popoli del mondo.
Torna all'inizio
Only the Sound
(di Adeodato
Piazza Nicolai)
What makes the poet --
hunger & blood, flowers
& mud, fucking & death?
But that is the province
of all living matter, not
only the poet's. I thought
that words were waters
no poet refuses to muck
in; of course that also
measures everyone's thirst.
Needs make no poets, but
sounds seeking throats,
driving hands to deliver
the stroke before midnight.
(Padova, 13 February 2003)
Torna all'inizio
Nontempo
(di Roberta Sangiorgi, giornalista,
scrittrice,
presidente dell'associazione multiculturale Eks&Tra)
Il tempo. la nostra vita e quindi anche la mia si gioca
sul tempo. Tempo per i figli, tempo per il lavoro, tempo per spostarsi,
tempo... IO ho deciso. Da oggi, voglio avere tempo per non avere tempo.
Costa molto non avere tempo? Se non uso il tempo per lavorare non guadagnerò
denaro. Senza il denaro non potrò avere. Sarò più
povera?
Non so. Mi sono messa a sedere. Ho preso un libro in mano. Ho letto,
finalmente! Da quant'era...
Leggevo, mi immedesimavo nei personaggi, i dialoghi mi richiamavano
altri dialoghi...
Ho preso in mano una matita ed ho iniziato a scrivere. Da quant'era...
Non riuscivo nemmeno a tenere in mano la matita, abituata al computer.
E poi ho consumato la punta e non riuscivo a trovare il temperino. Ho
fatto la punta ad una matita. Da quant'era...
Mi è venuto in mente il cestino della mia classe alle elementari;
era un luogo di ritrovo, dove scambiare quattro chiacchiere con gli
altri bambini, mentre si faceva la punta.
I ricordi ritornavano da un angolo sperduto di me stessa. Pian piano
mi ritrovavo in un altro tempo e in un altro spazio. I volti delle persone,
le situazioni, i paesaggi.
Alla sera ho sentito che dentro avevo qualcosa che mi faceva sentire
più forte. Non ero stanca, non ero angosciata, non ero avvilita
da momenti alienanti di non vita.
Alla sera sono tornati i figli da scuola, è tornato a casa il
mio compagno.
Non ci siamo detti cosa dovevamo fare e quali impegni avevamo.
Abbiamo parlato. Sì, abbiamo parlato. Da quant'era...
Torna all'inizio
Angelo
(di José Americo Gobbo,
esperto di web, grafico, artista)
La pittura è un linguaggio di note silenziose che
necessitano di tempo e mestiere per riuscire a svilupparla appieno.
Oggi con la tecnologia e la mercificazione di tutto è difficile
creare arte che oltrepassi la pura tecnica e le mode dettate dal mercato.
Dipingere ed essere pittore oggigiorno è un'impresa ardua e articolata:
spesso si affrontano nuove tecniche, nuovi strumenti che
ampliano la creatività e il mestiere della bottega di una volta.
La tecnica, la tecnologia e i mezzi espressivi devono essere a servizio
della creatività e non finalizzati alla semplice performance
virtuosa: questo si impara lavorando con umiltà e sincerità.
(José Américo Gobbo è nato a San
Paolo del Brasile, ha studiato Industrial Design a San Paolo, nel 1985
si trasferisce a Bologna dove studia all'accademia di Belle Arti
corso di Pittura laureandosi nel 1989. Vive e lavora a Imola
dal 1987.)
Torna all'inizio
La fame
di Erissittone
(di Ridvan Dibra,
docente di Letteratura Albanese all'Università di Scutari, autore
di romanzi e novelle)
1.
Erissittone vaga completamente solo per le lande di Egoboca, vivendo
la maledizione di Demetra; la sua punizione è stata crudele:
fame eterna per l'imputato. La dea, rispettata da tutti, questa volta
non ha mostrato la minima clemenza: per qualche albero tagliato nella
Foresta Sacra (che poi ricrescono in pochissimi giorni) ha deciso di
vendicarsi in modo atroce.
"Sicuramente, lei ha preso questa decisione per rendermi esempio
agli occhi degli altri", pensa Erissittone cadendo a terra privo
di sensi.
La rugiada della sera lo riporta a sé. Sente un raschiamento
terribile allo stomaco. E con difficoltà, dopo aver poggiato
i gomiti per terra, lancia uno sguardo in giro: solo sassi e sodaglia,
nessuna pianta o un qualsiasi essere vivente per colmare almeno un po'
la fame: una bestia che rosicchiava inesorabilmente da qualche parte,
dentro di lui. Se continuava così, ancora un po' e sarebbe giunta
la fine. Prova ad alzarsi, ma non ci riesce: nessun passo poteva fare
senza aver prima messo qualcosa sotto i denti. Nemmeno terraccia c'era
in quel posto; solo rocce gialle e che, per di più, liberavano
un calore insopportabile.
Decise di aspettare lì la propria fine. Non aveva nessuna voglia
agire. Non odiava più nemmeno i genitori che lo avevano abbandonato.
Riusciva a giustificare il loro gesto. In fin dei conti loro avevano
cercato in ogni modo di saziare il figlio, ma non c'erano riusciti.
Avevano smesso soltanto quando i granai si erano svuotati e si erano
trovati immersi nei debiti. La colpa di tutto era di Demetra.
"E ha pure il coraggio di predicare la fertilità. E si fa
passare come la protettrce della famiglia. Che ipocrita!, disse
Erissittone e con fatica riuscì a sputare sulla roccia dove si
era sdraiato. Lo sputo evaporo all'istante. Sulla roccia rimase una
macchia bianca e minuscola.
Era scesa la sera. Nera e pesante come una massa di catrame. La luna
sembrava una volpe presa in trappola. Erissittone si girò su
un fianco. Non gli sembrava di stare poi tanto male. Si stava abituando
al calore liberato dalla roccia e alla bestia dentro di sé. Anzi
proprio adesso riusciva a ragionare con una lucidità mai avuta
prima. Ciò significava che la sua fine era prossima.
"Anche Demetra è innocente", disse Erissittone fra
sé e sé. "Di certo, la decisone della mia crudele
condanna l'ha presa in un periodo critico per lei. Forse durante quelle
terribili nove giornate quando, amareggiata e sul punto di impazzire,
cercava Persefone, la figlia rapita. O il decimo giorno quando apprese
da Elios che la figlia le era stata rapita da Ade. Forse dopo, quando
lasciò l'Olimpo e mascherata da vecchietta vagò per il
mondo. O quando Giove decise, opportunisticamente, che Persefone poteva
stare 2/3 dell'anno con la madre e il resto giù da Ade negli
inferi. Ma forse anche dopo, quando, liberatasi dalla maschera, rimise
piede al Olimpo."
Erissittone, per la prima volta in tutti quegli orrendi giorni della
pena, fece un respiro di sollievo. Si era finalmente reso conto di chi
fosse il vero responsabile della sua tortura: lui stesso. Nessun altro.
I genitori, gli amici, gli dèi erano innocenti! La notte era
diventata più nera che mai. La Luna avendo tagliato il membro
catturato appariva ormai libera dalla trappola.
Erissittone adesso non si sente affamato. Dunque deve pensare più
seriamente che mai a come procurarsi del cibo. Si ricordò delle
proprie membra. Con quelle si poteve tirare avanti per qualche giorno.
Era ragionevole cominciare da quelle superiori. Poi sarebbe toccato
ai piedi. Allungò il braccio sinistro avvicinandolo alla bocca
ma appena si preparò a morderlo in qualche punto sopra il gomito,
si ricordo che era mancino. Allontanò il braccio sinistro e avvicinò
alla bocca il destro.
Povero Erissittone! Spera davvero di vendicarsi un giorno, ma ancora
non sa chi è il vero fautore della sua maledizione.
2. Le mosche
Oramai Altlante non è più tanto sofferente dei cieli che
regge sulla schiena: le spalle gli si sono irrobustite, così
anche la pazienza e la volontà. Da tempo non fa più nessuno
sforzo per liberarsi della soma, considerando questo il suo destino.
(Le dicerie che raccontavano che Atlante avesse lasciato per un po'
il peso del mondo ad Eraclite, non erano che maligne calunnie).
Le mosche! Le mosche, già. Quelle erano la vera tortura di Atlante.
Così piccole e numerose, erano assolutamente imprevedibili nei
loro assalti, tormentando non poco il povero Atlante, al quale non fu
mai chiaro quali erano gli obbiettivi che queste abominevoli creature
intendevano raggiungere con i loro attacchi: punzecchiarlo oppure semplicemente
solleticarlo in modo da fargli perdere l'equilibrio per farlo schiacciare
dell'immane peso che gli toccava reggere in eterno.
Per questo Atlante sogna di avere un giorno le spalle e le mani libere
(anche per una volta sola!), in modo di potersi vendicare delle mosche.
3. Il primo
Neottolemmo entrò per primo nel cavallo di legno! In quello che
sarebbe entrato nella Troia assediata. È tutto ciò che
viene detto di lui. Nient'altro. Nessuna parola riguardo a quel miscuglio
di sensazioni che devono aver divorato Neottalemmo in quel momento.
Niente sull'esitazione (o l'impazienza?) che, senz'altro, deve aver
provato mentre cercava di fare il primo passo nel addome oscuro e senza
interiora del Cavallo di Legno. Niente. Forse al tempo dissero tutto,
ma non ce n'è giunta notizia.
Comunque, la scena la si potrebbe ricostruire con una certa verosimiglianza
persino oggi: basta dare un'occhiata alla discesa di Amstrong sulla
Luna.
4. La sorte di Aca Larentia
Romolo, il fondatore leggendario di Roma e il suo gemello Remo furono
allattati, subito dopo la famosa lupa, da Aca Larentia, moglie del pastore
Fauttulio. Nei libri di scuola il suo nome si riscontra sempre più
raramente e sembra prossimo il giorno in cui cadrà nel più
profondo oblio. Il motivo è semplice: Aca Larentia ebbe una cattiva
reputazione e il suo comportamento fu scandaloso. (Non è dignitoso
che le nostre radici siano state nutrite anche dai seni di una donna
di tale specie). Comunque i suoi contemporanei, quando si trattava di
scegliere tra una donna e una lupa, sceglievano la prima, partendo dal
semplice fatto che la donna era umana, la lupa animale. Brillante e
umana la trovata di chiamare Aca Larentia "lupa" (per il suo
cattivo comportamento) con lo scopo di fare dimenticare la vera lupa.
Ma con il passare dei secoli e il susseguirsi delle generazioni, il
nome di Aca Larentia iniziò ad essere menzionato sempre più
di rado, e quello della lupa sempre più di frequente, perché
a una donna che si comporta da bestia non si perdona, mentre a una bestia
si era comportata da essere umano, sì.
Torna all'inizio
Il posacenere
(di Daniele Bottura)
"Potresti scrivere un racconto su questo posacenere,
per esempio, e su un uomo e una donna. Ma l'uomo e la donna saranno
sempre i due poli del racconto. Il polo Nord e il polo Sud. Ogni racconto
ha questi due poli - lui e lei." (A.P.Cechov)
Sul tavolo, oltre al posacenere, ci sono i resti della cena di ieri
sera. Pane da toast rimasto fuori dalla confezione di cellophane, alcune
fette di formaggio, i piatti di plastica con i tovaglioli di carta appallottolati,
qualche buccia di arancia e tre lattine di birra, vuote. È mattina.
L'orologio a muro della cucina segna le 10. La radio è accesa
ma il volume è basso. Un'emittente locale sta trasmettendo il
notiziario, ma nessuno dei due sta ascoltando. Lui indossa solo un paio
di mutande bianche. È seduto su una sedia e tiene le gambe sul
tavolo. Ha il volto teso e stanco. Probabilmente non ha dormito molto
la scorsa notte. Sembra proprio che non abbia dormito affatto. Fissa
con lo sguardo il posacenere e si accende un'altra sigaretta. Sbuffa
il fumo verso Laura e la guarda come se si aspettasse che lei dicesse
qualcosa. Laura si è appena fatta la doccia. Indossa una maglietta
bianca e un paio di slip. I capelli lunghi si posano pesantemente sulla
sua maglietta e le bagnano la schiena. Sembra che non abbia voglia di
parlare. È in piedi, di fronte alla finestra. Guarda fuori. La
boccata del fumo di Marco le oltrepassa i capelli e si dissipa contro
il vetro della finestra. Una lacrima le sta bagnando l'angolo della
bocca. Lui non se ne accorge e continua a fumare nervosamente. Il telefono
squilla. Marco guarda, per un attimo, in direzione del telefono, ma
poi ritorna a fissare il posacenere sul tavolo. Lei continua ad osservare
un punto fermo sotto il sole, fuori da quella casa. Sembra non sentire
nemmeno che il telefono continua a suonare. Nessuno dei due accenna
un movimento per andare a rispondere. Gli squilli del telefono coprono
la voce del disc-jockey che è passato a leggere i titoli dei
films in programmazione in tutti i cinema di Brighton. Quando il telefono
smette, lui si alza dalla sedia e spegne la sigaretta nel lavandino.
La butta nel cestino dell'immondizia e si avvicina a Laura. Lei si accorge,
ma rimane immobile. Lui la guarda da dietro. Guarda i suoi capelli.
Guarda le sue gambe. Guarda il suo volto riflesso nel vetro della finestra.
Le appoggia le mani sulle spalle e le sussurra qualcosa nell'orecchio.
Laura piega la testa verso terra e le lacrime diventano sempre di più.
Lui la abbraccia. Le bacia il collo. Le accarezza il viso e cerca di
asciugarlo. Laura si volta e guarda Marco. Cerca con le mani la sua
bocca. Lui le ripete, a voce alta, quello che prima le aveva sussurato
nell'orecchio: "tutto si scioglierà danzando".
Torna all'inizio
Conto una volta
(di Andrea Campanozzi)
Ora conto una volta
questo inverno,
che poggiavo
la testa
nel fumo
di un denso locale,
e le dipendenze
nel naufragio del sangue.
Una volta
che il calendario delle cose segnava il tuo pericolo.
Torna all'inizio
Io da qui
(di Paola Turroni)
Io da qui
dall'Europa di segni presunti
non posso che farmi, con rabbia concisa
perno vuoto
tra le voci
che mi arrivano, senza mani
da SanDiego e da Herat
l'Europa macigno di muri crollati
come una giovane montagna
l'Europa cuscino di letti traditi
abbandonati e dove il sangue
è steso, come stendardo futile
di potere, militanza idiota
di parole
e nessuna voce che salvi chi può.
Torna all'inizio
Sulla lettura e Oso
(di Corrado
Giamboni)
Da qualche anno leggo sempre meno. Stanchezza agli occhi,
ma è anche che basta una frase a riempirmi una giornata, talvolta
è sufficiente una parola, talvolta anche niente. È che
sto invecchiando, credo, e invecchiando mi stratifico. Si ispessiscono
gli echi, le valenze, le cose che già so, i significati. Mi basta
sempre meno. Ma è anche che le cose si fanno più pesanti,
comprese, soprattutto, le pagine da sfogliare, da percorrere e da precorrere.
E da ripercorrere, perché la vera lettura, e quei sta la fregatura,
è nel rileggere. Lanciavo limmaginazione in avanti un tempo
quando leggevo e quando vivevo di più, anche adesso lo faccio,
ma è rallentata, affaticata come da una soma. Ma nel vivere ho
migliorato la qualità. Di quantità si parla sempre meno
oramai, almeno nel mio caso, ma la sicurezza è aumentata, perfezionato
lorientamento, sicuramente quello entro i limiti del conosciuto.
Per qualche anno ancora dovrei poterne seguirne gli sviluppi.
***
Oso andava in giro con una borsina di plastica colorata
per essere visto, per farsi vedere. Voleva distribuire felicità.
A volte ci riusciva.
Ecco come faceva. Girava con questa borsina colorata e abbastanza appariscente,
e mentre camminava la faceva ondeggiare, su e giù, e quando si
fermava la appoggiava sempre in posti visibili, possibilmente. Aspettava
in questo modo che qualcuno gliene chiedesse ragione. A chi gli chiedeva
ragione del contenuto di quella borsa, poiché Oso la portava
apposta per voler distribuire felicità, lui era contento e gliela
mostrava subito.
Cosa cera dentro? Cera una scatola, una piccola scatola
colorata. Oso allora tirava fuori questa scatolina con entrmbe le mani,
lentamente, e sorridendo la apriva dopo averla appoggiata sul tavolo
(se cera un tavolo, se no niente).
Ecco: in quel sorriso che Oso faceva cera il regalo per la persona
che aveva davanti. Era un sorriso così disarmato e che diventava
mano a mano così aperto mentre Oso compiva quel gesto, che davvero
lo percepivano tutti come un regalo, anche se lui di fatto non aveva
dato niente a nessuno, in un certo senso. Però tutti diventavano
più contenti e a volte alcuni se ne andavano via sorridendo,
a volte basta poco.
Ma che cosa cera insomma nella scatola?
Torna all'inizio
Divagazioni
(di Paolo Galloni)
In questo mese di febbraio 2003 Vaclav Havel lascerà
la presidenza della Repubblica Ceca, un avvicendamento ordinario in
una democrazia parlamentare. Eppure, la decisione sulla normalità
o sull'eccezionalità dell'evento dipende in larga misura dalla
nostra percezione della velocità dello scorrere del tempo e dal
nostro senso di profondità cronologica nell'ambito della storia
contemporanea.
Lasciate che, come al solito, mi spieghi meglio con un/a ricordo/divagazione
personale. Nell'estate del 1989, vale a dire 14 anni fa (obiettivamente
un intervallo di tempo assai stretto, perfino nella memoria di un singolo),
mi trovavo a Poitiers, nel centro della Francia, per partecipare alla
sessione estiva del Centro di Studi Medievali della locale Università.
Partecipavano una trentina di giovani studiosi o aspiranti tali provenienti
da varie nazioni d'Europa e dal Nord America. Caso eccezionale (notate
bene, eccezionale: nel 1989), c'era anche una decina di stagisti dell'Est
(allora c'erano i muri, ricordate, che separavano Ovest e Est; Praga,
per esempio, anche se geograficamente a ovest di Vienna, era Est); se
la memoria non m'inganna erano 4 cecoslovacchi, 3 polacchi, 2 ungheresi
e una russa. Fin dai primi giorni si creò una bella intesa, poi
divenuta amicizia duratura, tra me e due storici dell'arte dell'Accademia
delle Scienze di Bratislava, Jurai e Daniel. Spesso, alla sera, sedevamo
a un tavolo di un bar e, con la felice collaborazione di un bicchiere
di vino o di birra, parlavamo fino a tarda ora. Da noi, diceva uno,
è l'assurdo che regola la vita. Da noi, continuava l'altro, ci
vorranno almeno dieci anni perché cambi qualcosa. Circa un mese
dopo un notiziario televisivo trasmise un'intervista all'allora dissidente
Vaclav Havel. Havel era ricoverato all'ospedale, non ricordo se per
un intervento o per semplici esami, e la sua camera era piantonata.
Havel disse le stesse cose che avevo sentito dai miei amici a Poitiers:
da noi è l'assurdo che regola la vita e ci vorranno almeno dieci
anni perché cambi qualcosa.
Ma, ecco: all'inizio dell'anno nuovo, dunque quattro o cinque mesi dopo,
Havel era presidente della repubblica e Daniel, il mio amico di Poitiers,
era responsabile nazionale dei musei della Slovacchia. Erano e sono
persone di grandi qualità - e la loro carriera lo dimostra (Jurai
sarebbe diventato presto direttore della Galleria Nazionale di Bratislava);
eppure, nessuno di loro immaginava quello che stava per succedere nelle
loro vite. I segni del cambiamento, che ci sono sempre, nessuno li aveva
visti, dormivano sotto le stesse nostre lenzuola, ma erano invisibili.
È la verità: dormivano con noi e nessuno li vedeva, nemmeno
chi deteneva il potere e faceva l'impossibile per conservarlo.
La Storia rimane un mistero che si svela solo a posteriori (ennesima
divagazione nella Divagazione: tutti coloro che alla caduta dei regimi
comunisti dell'Europa orientale hanno proclamato l'inevitabilità
dell'avvenimento, e sono tanti, hanno per ciò stesso negato i
fondamenti del pensiero di chiunque creda nel valore centrale della
libertà; essa, per esistere, presume che il futuro sia non determinabile
e capace di contenere e valorizzare una pluralità di possibilità
-per inciso, il determismo, in cui cadono i paladini dell'inevitabilità
di un evento, era appunto uno dei capisaldi errati del pensiero marxista).
Per Daniel, Jurai e Vaclav, i cambiamenti portati dai venti della storia
sono stati positivi, una volta tanto.
Come sappiamo, più spesso avviene il contrario. Alcuni giorni
fa il mio editore "narrativo", Fara, ha pubblicato un testo
di scrittore ex jugoslavo, Drazan
Gunjaca. Per l'occasione Gunjaca ha concesso un'intervista, da cui
riporto un passo che completa la riflessione scaturita dal mio ricordo
delle sere di Poitiers: "rimango stupefatto ogni volta che mi ricordo
del periodo prima della guerra. Né io né gli altri intorno
a me potevamo ipoteticamente accettare una tale possibilità.
Eppure è successo. All'improvviso. Con incredibile facilità.
La guerra è semplicemente scoppiata. Come se fosse stata pronta
lì da anni, aspettando che qualcuno accendesse il fuoco. E nessuno
di noi era cosciente di questa fiammella che bruciava di nascosto. Per
questo scrivo. Al giorno d'oggi non c'è un solo paese al mondo
dove non ci sia una simile fiammella, la questione è solo quanto
la fiammella sia forte e sia stata riconosciuta. Questa è la
cosa più terrificante che ho capito in questa guerra e che mi
porto dentro."
Un ultimo ricordo personale. Molti anni prima, ero un bambino, in un
piccolo borgo dell'Appennino emiliano ebbe luogo l'ennesima discussione
intorno a Stati Uniti e Unione Sovietica. Dopo avere riconosciuto che
all'Ovest (si diceva così) si viveva probabilmente meglio, un
vecchietto di cui ho dimenticato il viso e di cui non ho mai saputo
il nome, concluse il dibattito con una frase spiazzante: "Attenti"
disse "anche noi ci troveremo in Russia, ma senza accorgercene".
Voleva dire, credo, che l'Assurdo e l'Illibertà hanno mille volti
e si insinuano nelle nostre vite in modo subdolo, camuffati da qualcosa
d'altro, magari sorridenti e con il portafoglio pieno.
Torna all'inizio
Stretta di mano
(di Sandra Ammendola)
Fara, faro, forza;
notizie, notare, note;
librarsi, libri, liberi.
Fare spazi nuovi.
Fare storie oggi.
Terra forte,
nota impronta,
radice libera.
Torna all'inizio
Nicola e il baobab
di Tahar Lamri
A Velingara ho incontrato due bambini liberiani che mi
hanno detto: "Ci sono stati combattimenti terribili vicino a casa
nostra. Allora siamo fuggiti. Abbiamo camminato, camminato e ancora
camminato. Siamo andati a Dakar, ma là non c'è niente
da fare, poi siamo scesi a Thiès. Forse è meglio andare
a Bamako. Se non ce la facciamo neanche lì andremo ad Abidjan."
A Dialakoto, ho incontrato due talibé. Bassirou, il più
giovane mi racconta che si alza all'alba, e dopo aver fatto la preghiera,
prende il suo barattolo vuoto di pomodori e così percorre la
città porgendo la sua scatola agli uomini di buona volontà,
e che se non porta abbastanza soldi la sera il Marabout lo bastona.
Mi fa anche vedere alcuni segni, "però sono più fortunato
di quello lì" mi dice, indicandomi un bambino che veniva
dalla nostra parte. Arrivato alla mia altezza il bambino dice: "Salve,
sono Iqbal Massih, vengo dal Pakistan. Ho otto anni e lavoro 18 ore
in una fabbrica di tappeti per riscattare il debito contratto dalla
mia famiglia per far sposare mia sorella. Sono stato assassinato un
16 aprile perché avevo detto: 'non comprate il sangue dei bambini',
però più che per me, piango per lui là", e
mi indica un altro bambino, che veniva dalla parte di Dienoun Diala,
questi mi dice: "Ciao sono Mirko di madre serba e di padre bosniaco,
mio nonno era croato e mi nonna slovena, mio bisnonno montenegrino e
mia bisnonna macedone. Non so dove andare. Questo mio amico - e mi indica
un bambino che veniva da Niokolo Koba - può venire con te?"
Il bambino, mi dice: "Non ho un nome, mia madre era Tutsi e mio
padre Hutu, vengo dal Ruanda."
Poi sono arrivati tanti altri bambini. Non li posso ricordare tutti.
C'erano bambini Rom che venivano da Roma, bambini turchi che venivano
dalla Germania, bambine prese in trappola nella Casbah, bambini della
Cambogia, un bambino dall'Afghanistan con un grappolo di bombe, poi
c'era una bambina nuda, in bianco e nero, perché veniva dalla
memoria, era vietnamita. Tanti bambini, da Medellin e da Cartagena,
da Bandung e da Brescia. Abbiamo formato una lunga colonna. Poi quando
siamo arrivati a Niokolo Koba, all'entrata del Parco Nazionale di Tambacounda,
tutti i bambini si sono trasformati: chi in zebra, chi in elefante,
chi in koala, chi in airone e c'è persino chi ha scelto di essere
una leggera, leggerissima cavalletta. Da allora, io, Nicola di Mira,
non sono più sceso dal mio baobab.
Torna all'inizio
Lo scaffale capovolto: gruppo aperto di lettura
e condivisione
(di Gilberto Gavioli)
Al principio cè un triangolo, con i tre lati
naturalmente dissimili per esperienza, carattere e ampiezza. Da queste
tre dimensioni ci si allontana subito con incontri, letture e percorsi.
La rigidezza geometrica, solo apparente, si scioglie rapidamente; diviene
cerchio, senza confini definiti, certi. Ipotetico eppure capace, per
contenere parole e voci.
È sempre possibile aggiungere una pagina, un verso, anche un
pensiero solamente, per non chiudere nulla, non delimitare niente.
Il viottolo che serpeggia a salire nel buio, il passaggio tra i rovi
siano percorsi con entusiasmo, come la strada piana e larga: perché
conducono tutti verso il successivo, illuminante incontro
Quindi avvicinate la sedia, fatevi prossimi e cominciate a leggere,
a condividere, ad ascoltare. Così che il cerchio si possa ampliare,
allargare come lorizzonte e non si riescano a distinguere più
confini.
I La partecipazione al gruppo è libera e aperta a tutti.
II Non ci sono obblighi di lettura per chi interviene, né
di parola. Sono ben accetti anche i puri ascoltatori.
III Le proposte di lettura sono libere. È possibile leggere
testi di ogni genere e lingua.
IV Gli incontri si potranno tenere in luoghi differenti, anche
allaperto, con le giuste condizioni ambientali e acustiche. Il
gruppo accetta ospitalità in case e spazi in affitto, circoli
culturali e biblioteche, locali pubblici e altro.
V In linea di massima gli incontri hanno luogo due volte al mese,
solitamente mercoledì sera. Per invitare alla partecipazione
si potranno utilizzare tutti i mezzi: dalla stampa locale allaffissione,
dagli SMS alle e-mail, fino a una sorta di tam-tam emozionale.
VI Le letture verranno pianificate allinizio della serata,
secondo le proposte emerse, e seguiranno un programma di massima. Non
cè un tempo limite di lettura, ci si affida alla discrezione
e allintelligenza individuale. Nel corso della serata, della durata
di circa due ore, verranno effettuati due o più intervalli. Durante
lincontro o successivamente, si invitano i lettori a far pervenire
al gruppo una copia dei testi. Questo servirà per eventuali pubblicazioni
o spettacoli.
VII Una o due volte lanno si cercherà di organizzare
uno spettacolo di lettura teatrale, con attori (e magari musicisti).
Verrà proposta una selezione di testi già letti e ci sarà
uno spazio per nuovi lettori e testi
Per informazioni e contatti: www.ilfoglioclandestino.it
Gilberto 339 3604295 gilgiona@infinito.it
Giulio 328 6744454 jxxxx@tiscalinet.it
Luca 340 5747542
Torna all'inizio
Il carrello diventa biblioteca
(di Angela Barlotti)
Il 23 aprile prossimo, giornata mondiale del Libro dell'UNESCO
(il cui Manifesto del 1995 sulla Public Library che incitava ad uscire
dalle mura storiche delle biblioteche per raggiungere gli utenti in
ogni luogo e dare a tutti il diritto di informazione, mi ha spinta verso
l'avvio di biblioteche in carcere e altre strade verso utenti disagiati
o particolari servizi al cittadino...) a Ravenna, presso l'IPER ESP,
supermercato Coop prenderà il via il progetto
All'IPERCOOP il carrello diventa biblioteca
a. Seminar libri... sugli scaffali COOP (dove verranno abbandonati libri
che cattureranno i potenziali lettori, tra una scatoletta e l'altra,
tra una maglietta e un poster... nella speranza di promuovere la lettura
e lo scambio di libridono sugli scaffali.
b. Portare i libri a casa con la spesa ai Soci COOP.
c. Interrogare i cataloghi della Rete Bibliotecaria Romagnola, via OPAC.
d. Prestar libri (donati soprattutto col progetto Aiuta
una biblioteca donando un libro e che ora sono in parte nel mio
ufficio e i parte nel mio garage e nella mia auto!) all'interno dell'IPER.
Quindi una "quasi" Biblioteca della Rete Bibliotecaria Romagnola,
all'interno di un IPERMERCATO!!!
Il progetto porterà le firme
1. Provincia di Ravenna- Servizio Biblioteche -BIBLIOTECHE "FUORI
DI SE'"
2. IPER
3. COOP Adriatica
La "felice" Bibliotecaria "Fuori di Sé" Angela
Barlotti
Provincia di Ravenna
Tel. 0544.250719 - 339.2153819
Siti consigliati
Centro Psicopedagocico per la Pace www.cppp.it
Ratatoj www.ratatoj.it
Museo della Poesia museo.della.poesia.free.fr
Africa e Mediterraneo www.africaemediterraneo.it/index.htm
Pagina di musica antica www-ceb.bo.infn.it/meneghini/music.htm
Il Dialogo www.ildialogo.org/cultura/index.htm
Qui-appunti dal presente web.tiscali.it/rivistaqui/index.html
Tavola della pace www.tavoladellapace.com
Torna all'inizio
|
E |