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FARANEWS
ISSN 15908585
MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE
a cura di Fara Editore
1. Gennaio 2000
Uno strumento
2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa
3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee
4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?
5. Maggio 2000
Il viaggio...
6. Giugno 2000
La realtà della realtà
7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale
8. Agosto 2000
Progetti di pace
9. Settembre 2000
Il racconto fantastico
10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi
11. Novembre 2000
Il mese del ricordo
12. Dicembre 2000
La strada dell'anima
13. Gennaio 2001
Fare il punto
14. Febbraio 2001
Tessere storie
15. Marzo 2001
La densità della parola
16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro
17. Maggio 2001
Specchi senza volto?
18. Giugno 2001
Chi ha più fede?
19. Luglio 2001
Il silenzio
20. Agosto 2001
Sensi rivelati
21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?
22. Ottobre 2001
Parole amicali
23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.
24. Dicembre 2001
Lettere e visioni
25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.
26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere
27. Marzo 2002
Le affinità elettive
28. Aprile 2002
I verbi del guardare
29. Maggio 2002
Le impronte delle parole
30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza
31. Luglio 2002
La terapia della scrittura
32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.
33. Settembre 2002
Parola e identità
34. Ottobre 2002
Tracce ed orme
35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano
36. Dicembre 2002
Finis terrae
37. Gennaio 2003
Quodlibet?
38. Febbraio 2003
No man's land
39. Marzo 2003
Autori e amici
40. Aprile 2003
Futuro presente
41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.
42. Giugno 2003
Poetica
43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?
44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM
45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi
46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario
47. Novembre 2003
Lettere vive
48. Dicembre 2003
Scelte di vita
49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro
51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia
52. Aprile 2004
Preghiere
53. Maggio 2004
La strada ascetica
54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?
55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004
56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso
57. Settembre2004
La politica non è solo economia
58. Ottobre 2004
Varia umanità
59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM
60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali
61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004
62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato
63. Marzo 2005
Concerto semplice
64. Aprile 2005
Stanze e passi
65. Maggio 2005
Il mare di Giona
65.bis Maggio 2005
Una presenza
66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica
67. Luglio 2005
Risvolti vitali
68. Agosto 2005
Letteratura globale
69. Settembre 2005
Parole in volo
70. Ottobre 2005
Un tappo universale
71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare
72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri
73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi
74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada
75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole
76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"
78. Giugno 2006
Varco vitale
79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero
tempo, stabilità, “memoria”
79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006
80. Agosto 2006
Personaggi o autori?
81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?
82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo
83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica
84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?
85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)
86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare
87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”
88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio
89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007
90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”
91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)
92. Agosto 2007
Versi accidentali
93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?
94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…
95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo
96. Dicembre 2007
Il tragico del comico
97. Gennaio 2008
Open year
98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo
99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore
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Numero 25
Gennaio 2002
Editoriale: Scegliere, Terra/di/nessuno,
vincitori
Questo numero di Faranews e' dedicato ai vincitori del
concorso di prosa<poetica Terra/di/nessuno.
I giurati Sandra Ammendola,
Paolo Galloni, Michele
Ruele, Alessandro Giovanardi,
Corrado Giamboni (che
ringraziamo per la loro competenza e disponibilita') e Fara Editore
hanno selezionato i seguenti testi:
1. Cadimare di Enrico Foppiani
vince 20 libri Fara
2. Cosa rimane di Nicolo' Cavallaro vince 10
libri Fara
3. Il controllore di Lorenzo Piscopiello vince
5 libri Fara
Sono stati menzionati anche i seguenti autori: Heidi Wachter
(Nello spazio del Non *tempo), Gabriele Mandel (Parigi 1960), Ambrogio
Ciceri (Fotografia in bianco e nero), Rita Garzetti Chianese (Le donne
di Dachau), Leonello Rabattti (Tracce), Barbara Serdakowski (Parla),
Emanuele Eccel (Centodieci battute al minuto), Narda Fattori (La notte
di Natale di Luca) e Francesco Ardolino (Dittico di un diario dell'odio).
Paola Turroni continua la rubrica cinema...grafo
parlandoci della responsabilita'/liberta'/fatica/avventura di scegliere.
Le recensioni ai versi di Gezim Hajdari e alle storie
di Michele Ruele ci invitano senz'altro alla lettura
dei questi autori.
Come sempre vi segnaliamo anche alcuni siti interessanti.
Buona lettura.
1. Cadimare
(di Enrico Foppiani: nato
a Parma nel 1969 e' impiegato in un'azienda metalmeccanica, ha pubblicato
racconti nel sito paroledicarta,
ha vinto il concorso "Omaggio e B. Brecht", ed e' stato selezionato
da Centicinquantarighe della rivista Il Foglio
Clandestino)
Sono un vecchio pescatore ruvido e solo.
Ora abito a Cadimare che e' un paesino solo
in Liguria
con un porto troppo grande che da' sul mare.
Ho vissuto sempre a Cadimare e mi e' sempre bastato.
Pescavo e mi divertivo come tutti gli altri
che come me vivevano pescando a Cadimare.
Ora mi basta abitarci, non chiedo altro.
Amavamo le donne di Cadimare ed erano tantissime
da non poter dire quante.
Amavamo il loro odore, le donne di Cadimare
non usavano ne' profumi ne' deodoranti
si lavavano con il sapone bianco di Marsiglia
che arrivava coi bastimenti mercantili
da chissa' dove.
Noi pescatori mangiavamo la pasta condita con il pesto e le sarde alla
griglia nella bettola illuminata dalle lampade ad olio.
Le donne di Cadimare avevano unghie verdi come foglie di basilico, nei
capelli avevano l'odore dei pinoli e alla sera noi ci ubriacavamo
per loro con il vino rosso delle Cinque Terre.
Poco prima dell'alba, nel fondo buio del porto
tremolavano le finestre della bettola.
I marinai sbarcati dai bastimenti mercantili
rimanevano a parlare in tutte le lingue del mondo.
I loro piagnistei lamentosi, le loro lente litanie roche di ubriachi
mormoravano affogando gli stoppini delle lampade ad olio nella bettola
del Grande Porto di Cadimare.
Marinai neri colossali,
irlandesi infuocati,
balenieri giapponesi unti,
portoghesi dagli occhi assenti,
spagnoli dalle chiome leccate...
Un tatuatore messicano che disegnava su di loro le linee curve della
malinconia...
Gli zingari cantavano suonando i violini.
Con le loro chiome nere, con i loro fazzoletti colorati, con i boccoli,
con i cerchi alle orecchie...
Cantavano fino a quando non dimenticavano tutto.
I marinai sovietici avevano pastrani blu colorati con il petrolio e
non pensavano a niente.
Mormoravano fra loro parole inciampate di quando le loro donne, d'estate,
ad Odessa, si sollevavano le lunghe vesti per camminare sulla spiaggia
con i piedi nudi.
Nella foschia le loro caviglie abbagliavano e nei capelli avevano ancora
i riflessi scuri della neve.
Nessuno pensava a niente nella bettola del Grande Porto di Cadimare,
nessuno pensava a niente e non c'era mai silenzio nella bettola
del Grande Porto di Cadimare.
Ora sono solo ed e' l'alba.
Pesanti gabbiani lasciano le falesie a picco sul mare
e' come se ubbidissero ad un segnale.
L'oceano,
il respiro ansante della sua onda lunga,
il fragore della scogliera,
la schiuma che frigge sulla battigia,
il sale... lo stridere delle alberature...
Vanno via,
pesanti gabbiani spiegano le ali sapienti e si appoggiano su umidita'
sconosciute portate dai venti.
Sono le torbide umidita' africane del Libeccio,
sono le zuccherose umidita' orientali dello Scirocco,
sono le sulfuree umidita' delle Azzorre...
sono le afose bonacce...
Infatti...
le Alici,
le Aringhe,
le Acciughe,
le Aguglie... saltano in branchi luccicando sul pelo dell'acqua,
lanciando un segnale...
Ora sono ruvido e solo e non pesco piu'
sono troppo vecchio.
La mia felicita' e' un volo bianco di cigni
trasparenti e abbaglianti
che vanno via.
Sono sempre stato ruvido e solo ma solo ora me ne accorgo
Solo ora che sono solo.
Giudizio: Racconto a ritmo di poesia, sentimenti
come immagini
che trasmettono gli odori e i colori. Molto posato e intessuto di una
melanconia asciutta, ma romantica (nel senso migliore del termine) e
ricco di visioni sfolgoranti.
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2. Cosa rimane
(di Nicolo' Cavallaro:
palermitano, e' iscritto al 3^ anno di Scienze politiche)
Quando la sera torni a casa dal tuo bel lavoro, e hai
quarantadue anni, vedi quella pioggia incessante che tenta in tutti
i modi di sfondare il parabrezza della tua 4x4, ma non ci riesce perche'
tu hai un buon lavoro, una moglie che ami alla follia, un figlio meraviglioso,
maschio e identico a te, e pensi che tutto e' perfetto, che stasera
il tuo ragazzo e' ad una festa e ti aspetta una cenetta romantica
con tua moglie.
Quando arrivi a casa e sfilandoti il cappotto gridi "tesoro, sono
tornato", e nessuno ti risponde, e ti accorgi che non ti attende
nessuna cenetta, ma trovi tua moglie in lacrime, seduta al tavolo in
cucina, che ti guarda, si sfila un anello e lo lascia li', e se ne va
in camera da letto, e ti avvicini e ti siedi a quel fottuto tavolo e
guardi l'anello, la fede, l'incisione, quel "Laura e Fausto, 15
agosto 1987", e all'improvviso non sei piu' sicuro di nulla, e
la pioggia, fuori, adesso sembra capace di sfondare il tetto della tua
casa.
Quando poi, ti alzi dalla sedia e vai in camera perche' vuoi spiegazioni,
perche' tu e Laura vi siete sposati nell'85, e l'unica
risposta che trovi e' tua moglie a terra con la schiena al muro
e una pistola in gola, che aspettava solo te, solo che tu la vedessi
mentre lei si faceva esplodere il cervello sulle pareti, e ancora una
volta sei immobile, e piove sempre piu' forte. E che cosa fai,
allora, Andrea? Cosa fai quando credevi che tutto fosse perfetto ed
invece e' bastato un cerchietto di metallo a distruggere di colpo
quarantadue anni di vita? Cosa fai? Vuoi trovare questo Fausto e tentare
discoprire, di sapere? E a che serve, Andrea? Magari
quel disgraziato e' nelle tue stesse condizioni.
Quando non sei piu' capace di sentire niente, ti ricordi che tuo
figlio e' alla festa, e che qualcuno dovra' andarlo a prendere,
e allora esci di casa e affronti nuovamente la pioggia che continua
ad infierire, ma il parabrezza del fuoristrada vuole resistere perche'
tu devi andare a prendere quel ragazzo che e' cresciuto identico
a te ed e' il tuo orgoglio e lo ami piu' di te stesso.
Quando l'unico frammento felice della tua vita entra in macchina, e
il ghiaccio attraversa ogni stracazzo di vena che hai, e lo guardi,
e lo ascolti raccontare la serata, di quella ragazzina di cui e' innamorato,
di quando si e' fatto coraggio e le ha fatto la dichiarazione d'amore
piu' sentita e si sono baciati ed e' stato il momento piu' indimenticabile
e quasi piange di felicita' mentre racconta tutto a suo padre, allora,
Andrea? Come puoi annientare la sua perfezione, come fai a pensare di
dargli un dolore cosi' grande proprio quando e' avvolto dalla gioia
piu' spensierata?
Quando ti accorgi che la tua 4x4 sta per cedere sotto i colpi di miliardi
di gocce d'acqua, e la lancetta del contachilometri si muove vertiginosamente
verso destra, sai che e' cosi' che deve finire, un frastuono,
uno schianto, perche' tu non hai piu' niente ed il tuo ometto,
stasera ha tutto e non deve perderlo.
Quando quel mondo accanto a te ti implora di smettere di correre, ti
dice che ha paura, e dal tuo viso non traspare dolore, e non traspare
amore, e non traspare niente, e tuo figlio comincia a piangere disperato
ma tu non senti e acceleri e lui grida "ti prego fermati perche'
fai cosi'?"
Quando tu vai verso la fine e tuo figlio ormai non piange piu' e non
urla piu' e non grida piu', e quando sa che sta per avvenire l'impatto
dice solo "papa' ti voglio bene" e tu , adesso, grandissimo
stronzo, cerchi di frenare, di reagire, di evitare, ma oramai e' tardi,
e il tuo ragazzo muore e muori anche tu, e piangi eternamente il tuo
rimorso, rimorso, e ancora rimorso.
Giudizio: Uno scritto che sa creare un'atmosfera
di inquieta
attesa con un linguaggio asciutto e chirurgico.
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3. Il controllore
(di Lorenzo Piscopiello:
nato a Pesaro ne 1975, e' stato segnalato dai concorsi Lovecraft 1999
e il Nordo 1999, si sta laureando in Architettura)
"Scusi, il biglietto?"
La bella signora che guardava dal finestrino si giro' verso di lui.
"Subito" gli promise slegando le gambe accavallate e cercando
nella borsetta il biglietto ferroviario.
Glielo porse con un gesto involontariamente elegante e seducente.
"A che ora arriveremo?" chiese la bella signora, avvolta in
una fresca seta azzurra.
Il controllore si fermo' per interrogare l'orologio e finse
qualche attimo a far di conto.
"Eh, ancora manca parecchio, signora, ma non si preoccupi: siamo
in perfetto orario", concluse attraverso il filtro del suo sorriso
compiaciuto. Le rese il biglietto.
La signora ringrazio' e torno' a guardare il mondo fuori
dal finestrino.
"E' incredibile!", commento'.
Il controllore si senti' felicemente chiamato in causa dato che
erano le uniche due persone in quella carrozza. Torno' quindi
al cospetto della signora e le chiese cosa suscitasse in lei quel giudizio.
"Fuori, e' incredibile. Esistono pianure immense...".
Il controllore osservo' il riflesso della bella signora sul pannello
vetrato e, attraverso questo, la verde distesa che si apriva monotona
fino all'orizzonte, abbracciandoli.
Imprigionandoli.
Si senti' in dovere di tranquillizzare la bella signora: "Non
si preoccupi, prima o poi finira'", ma la bella signora non
lo ascoltava gia' piu'. Si era ripersa in quella visione,
tornando nella sua posizione prestabilita: un braccio sulle belle gambe
accavallate e l'altro a sorreggere un volto perso oltre il finestrino.
Il controllore attese un movimento, una frase, un battito di ciglia
in quel corpo inerme. Rinuncio' quasi subito e torno' a
tuffarsi lungo stretti corridoi.
Era abituato, ormai.
Quella era la sua maledizione: svegliare, solo per brevi attimi, i passeggeri
giocattolo di quel treno giocattolo che attraversava immobile una pianura
di verde solitudine.
Lui, l'unico a non riuscire a tornare giocattolo, nemmeno per un
momento.
Entro' nella carrozza successiva. "Biglietti, signori"...
Giudizio: Nella sua brevita' lirica questo
racconto
- anche se a volta c'e' qualche parola non necessaria
-
fa provare il fremito di un turbamento metafisico.
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Cinema...grafo
(di Paola Turroni)
CAST AWAY (R. Zemeckis e T. Hanks, USA - 2000)
Quanto potere abbiamo sulle scelte e quanto potere invece tratteniamo
sui gesti.
Ecco cosa dice questo film. Senza dircelo, riscoprendo il silenzio e,
inevitabilmente,la necessita' della parola.
Ma non era un film d'avventura? Perche', esistono film che
non sono un'avventura? Esistono vite che non sono un viaggio? Esistono
sguardi che non sono paesaggi?
Viviamo l'avventura nei nostri occhi insieme a quelli di Chuck,
con un film in totale soggettiva, diretta e indiretta, dove il controcampo
e' il mare, l'altra stanza, l'orizzonte di un incrocio.
Scoprire il potere dentro scelte piccole, come accendere e spegnere
la luce, che fanno la differenza di una stanza, di un'inquadratura,
ma restano in superficie, come lo schermo. L'avventura e'
la profondita'.
Riscoprire i gesti di tutti i giorni che, scavati, scoperchiati, reinventati,
salvano la vita a Chuck. E i gesti che ci uniscono. La FedEx non e'
solo una metafora del tempo e dello spazio (il mondo diventato piccolo
perche' ovunque raggiungibile), la FedEx e' i pacchi che
ci mandiamo (il gesto di mandarceli, non solo il contenuto che ci mandiamo).
Pacchi che viaggiano sospesi - il regalo dato a Kelly prima di partire,
il pacco col disegno delle ali. Pacchi che non vengono aperti davanti
a noi, perche' non sono quello che contengono ma quello che rappresentano.
Ci salvano la vita. Sono i gesti che ci salvano la vita.
L'avventura sono le persone.
Cosi' le ali sono le nostre domande senza risposta. Piene di simboli
personali e universali, nello stesso tempo inutili come quelle di un
aereo che si spacca, e vitali come quelle disegnate da un destinatario
da raggiungere. Dove c'e' l'attesa, le mani che si allungano
per chiedercelo.
L'avventura sono le domande.
Il tempo fa da padrone-archetipo (con tutta la sua collaudata iconografia:
orologi digitali, timer, orologi da taschino, meridiane), provocatore
della storia e della sua metafora. Come lo e' del cinema. Il tempo
che non ha tempo, il tempo che non ha fretta, il tempo che non ha pazienza.
Si comprime e si dilata intorno ai nostri oggetti. Come il cinema. E
questo film e' particolarmente metacinematografico: il tempo governato
come il montaggio, le luci come i fari (non solo quelle elettriche delle
stanze, ma anche quella della pila, quella del sole che entra nei buchi,
cosi' che qualche secondo in piu' di scuro e' lo scuro
dello schermo), il racconto attraverso l'immagine (la roccia come
lo schermo). Un film che al varco del Millennio mette insieme il cinema
muto delle origini - l'avventura e' la luce e il gesto -
con il cinema ipertecnologico della fine - l'avventura e'
la steadycam e il computer.
Vediamo dall'alto il mare avvicinarsi con l'impatto dell'aereo
che cade, vediamo dal basso le onde rovesciarsi sulla zattera, vediamo
il precipizio avvicinandoci cauti all'orlo, vediamo di spalle Kelly
mentre fa le fotocopie, vediamo la balena che ci guarda - forse questo
e' il momento che racchiude tutto il film, nel silenzio, insieme
impotente e potente dell'universo -, vediamo l'incrocio del
deserto che non porta altro che le diverse direzioni del vento. Non
vediamo la neve di Mosca (anche se intralcia le spedizioni), non vediamo
il cibo che mangiamo (anche se lo decoriamo per renderlo il piu'
visibile possibile), non vediamo chi ci chiama (ma sentiamo solo un
bip del cercapersone). L'unico sguardo non soggettivo del film
e' il dolly verso l'alto - di chi e' lo sguardo? di
chi sono le ali? il demiurgo e' dio o il regista? - dopo il naufragio
che si sollevano dal mare lasciando Chuck per un momento da solo, sempre
piu' piccolo in quel tondo di plastica che galleggia, fino a perdere
le forme e mescolarsi e apparire con un senso amniotico di rinascita.
L'avventura e' lo sguardo.
Gli oggetti non sono trattati come retorica zavorra di un ritorno alle
origini, piuttosto gli oggetti (quei pochi arrivati a riva insieme a
Chuck) sono sventrati di significante per ritrovare significato. Sono
deformati non nel punto di vista, ma dal di dentro, perche' il
loro contenuti ci formi. Cosi' niente e' inutile. E'
come il cinema: lo spazio che si sceglie di inquadrare, qualunque esso
sia, diventa appunto quadro, perche' isolato. Cosi' l'oggetto
naufragato, isolato, diventa salvifico. Pattini da ghiaccio che tagliano
e che fanno da specchio, pellicola di videocassette che diventa corda,
tulle di un vestito da sera che diventa rete. No, meglio: non che diventano,
ma che sono. E' l'abuso degli oggetti che scivolano tra le
mani, che non rappresentano gesti, che li dequalifica.
L'avventura e' l'uso.
Fino al limite dell'eresia, ancora come il cinema: il pallone e'
una testa, e' la persona che manca. Riempie l'assenza e la
messa in scena si fa necessaria. Cosi' le iscrizioni rupestri,
come disegnare il volto di qualcuno che si ama, o di quello che e'
successo, non e' mai fine a se stesso (e scopriamo, al di la'
dell'accademia, che non lo e' mai stato), ma conferma a noi
stessi l'esistenza (il verso-se' analitico), ci fornisce
un'identita', e' il gesto con noi stessi. La rappresentazione
ri-nasce li', tra i bisogni primari dell'uomo, nel rischio
al limite del naufrago, in mezzo a pescare, accendere il fuoco, defecare
e curarsi le ferite. L'avventura e' raccontarla a qualcuno.
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Recensioni
La poesia di Gezim Hajdari
"Essere poeti in Albania, piccolo paese di grandi tragedie, forse
era piu' difficile che altrove, dove venivano condannati non solo quelli
che scrivevano, ma anche i loro libri e a volte anche le tombe...".
In questo modo crudo e terribile Visar Zhiti ricorda, in una nota critica
ad Antologia
della pioggia, la condizione culturale vissuta durante il regime
comunista albanese (da notare anche l'aghiacciante riferimento alle
tome, che richiama una scena del film Schindler's list, in cui
si vedono in nazisti usare le lapidi ebree per lastricare il viale d'ingresso
dei lager; a dimostrare ancora la somiglianza di prassi storica tra
nazismo e comunismo, soprattutto nel mostruoso tentativo di sterilizzare
la liberta' dei popoli). Ancora piu' stupefacente e' quindi la nascita
del fiore della poesia di Hajdari nel violento deserto del "villaggio
socialista", dove questa nascita era impedidta a tutti i costi.
C'e' voluto un esilio, in Italia, per fara conoscere questa poesia,
recante in se' tutta la ferita umana che un instacabile amore per il
proprio povero paese rende anocra piu' acuta, nella sua lingua semplicemente
poetica, anche nella versione in italiano, opera dello stesso autore.
Nonostante la condanna di autobiografismo, la poesia di Hajdari ha anche
qualcosa di epico,
un po' come quella del grande Varujan, poeta del popolo e del dolore
armeno. L'orizzonte del proprio paese, vero e proprio respiro interiore,
e' qui vissuto senza seprazione dall'io, senza falsa oggetttivita' narrativa,
attraverso la testimonianza a un modno e a una tragedia: "Io sono
testimone del tuo grido antico e / di quelli che ti hanno chiamato e
respinto."
Ne risulta una lettura che muove e commuove, senza alcun paludamento
intellettualistico ma immediata e vera come ogni poesia che venga dall'esperienza
e da una lunga pazienza.
(Gianfranco Lauretano, Clandestino, n.
3, 2001)
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La saggezza? Imparala dai frati. Tra
guerre e miserie il mondo visto con gli occhi dei Cappuccini del Settecento.
Relgiosi e baroni briganti e intellettuali popolano storie passate di
estrema attualita'
Un piccolo grande libro, quello che ci consegna Michele
Ruele in questi tempi di paura e di guerra. Le
storie di frate Amodeo, quattro racconti contenuti in sessanta pagine
in tutto, ti immergono subito dentro un mondo passato, quello alle soglie
del Settecento, visto attraverso gli occhi dei frati Cappuccini. Le
storie di questi frati e dei personaggi che ruotano attorno al convento
di Santa Caterina di Rovereto spaziano da Trento a Bressanone, luoghi
di culto della cattolicita' passata e presente. I protagonisti si chiamano
frate Amodeo, Sisto, Filippo, ma ci sono anche il gesuita Giovanni Pietro
Pinamonti, il frate guardiano Daniele da Ala, il barone Giovanelli di
Castel Pietra (realmente esistiti), un microcosmo di caratteri e tipologie
degli uomni di ogni tempo. Il pregio del libro di Ruele e' duplice:
e' riuscito a ricostruire con rara abilita' linguistica e filologica
il Settecento nella nostra terra, pur arricchendo i racconti di considerazioni
e riflessioni che sono di sconcertante attualita'. Per quanto riguarda
la ricostruzione storica, Ruele ha puntato su un certosino lavoro di
ricerca del linguagio di allora, basandosi su testi e verbali di processi
dell'epoca. Il risultato e' una lingua assolutamente originale che nasce
da una contaminazione di dialetto ed italiano arcaico, supportato da
letture colte (da Piero Camporesi a Vincenzo Consolo), ma anche da una
buona dose di fantasia. (...)
(Sandra Mattei, «Alto Adige», novembre 2001)
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Siti interessanti
Dedicato a Raymond Carver www.antoniospadaro.net/carver.html
Dialegesthai http://mondodomani.org/dialegesthai/index.ht
FSC www.fondazionesancarlo.it/
SMA http://users.iol.it/sma.feriole/index/index.htm
Giuseppe Nichetti www.gigienne.com/
Camaldoli www.camaldoli.it/
Gallese online www.bbc.co.uk/wales/catchphrase/catchphrase1/gwers1-1.shtml
Macao www.cityguide.gov.mo/tg/list_p.htm
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