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FARANEWS
ISSN 15908585
MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE
a cura di Fara Editore
1. Gennaio 2000
Uno strumento
2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa
3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee
4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?
5. Maggio 2000
Il viaggio...
6. Giugno 2000
La realtà della realtà
7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale
8. Agosto 2000
Progetti di pace
9. Settembre 2000
Il racconto fantastico
10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi
11. Novembre 2000
Il mese del ricordo
12. Dicembre 2000
La strada dell'anima
13. Gennaio 2001
Fare il punto
14. Febbraio 2001
Tessere storie
15. Marzo 2001
La densità della parola
16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro
17. Maggio 2001
Specchi senza volto?
18. Giugno 2001
Chi ha più fede?
19. Luglio 2001
Il silenzio
20. Agosto 2001
Sensi rivelati
21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?
22. Ottobre 2001
Parole amicali
23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.
24. Dicembre 2001
Lettere e visioni
25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.
26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere
27. Marzo 2002
Le affinità elettive
28. Aprile 2002
I verbi del guardare
29. Maggio 2002
Le impronte delle parole
30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza
31. Luglio 2002
La terapia della scrittura
32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.
33. Settembre 2002
Parola e identità
34. Ottobre 2002
Tracce ed orme
35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano
36. Dicembre 2002
Finis terrae
37. Gennaio 2003
Quodlibet?
38. Febbraio 2003
No man's land
39. Marzo 2003
Autori e amici
40. Aprile 2003
Futuro presente
41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.
42. Giugno 2003
Poetica
43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?
44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM
45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi
46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario
47. Novembre 2003
Lettere vive
48. Dicembre 2003
Scelte di vita
49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro
51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia
52. Aprile 2004
Preghiere
53. Maggio 2004
La strada ascetica
54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?
55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004
56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso
57. Settembre2004
La politica non è solo economia
58. Ottobre 2004
Varia umanità
59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM
60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali
61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004
62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato
63. Marzo 2005
Concerto semplice
64. Aprile 2005
Stanze e passi
65. Maggio 2005
Il mare di Giona
65.bis Maggio 2005
Una presenza
66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica
67. Luglio 2005
Risvolti vitali
68. Agosto 2005
Letteratura globale
69. Settembre 2005
Parole in volo
70. Ottobre 2005
Un tappo universale
71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare
72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri
73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi
74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada
75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole
76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"
78. Giugno 2006
Varco vitale
79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero
tempo, stabilità, “memoria”
79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006
80. Agosto 2006
Personaggi o autori?
81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?
82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo
83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica
84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?
85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)
86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare
87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”
88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio
89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007
90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”
91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)
92. Agosto 2007
Versi accidentali
93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?
94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…
95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo
96. Dicembre 2007
Il tragico del comico
97. Gennaio 2008
Open year
98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo
99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore
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Numero 69
Settembre 2005
Editoriale:
Parole in volo
Non è usuale che un pilota acrobatico sia poeta
(o viceversa): i versi di Giuseppe Braga volano alto,
quelli di Roberto Mercadini temono la rapacità
dell'abisso eppure veleggiano sul mare della realtà, le vicende
narrate da Chiara De Luca sono un graffiante e divertente
sfottò a certi vezzi del mondo letterario, Luca
Ariano ci immerge nella realtà, "un panorama che gela
le tonsille" e così fanno, con incantato disincanto, i Luoghi
preziosi di Valerio Fabbri. Il racconto breve
di Corrado Giamboni ci riporta in cielo, mentre le
poesie di Blanca Wiethüchter ci fanno "assistere
al tempo". Concludiamo con due poesie di Enrica Musio.
Buona lettura.
Il
Canto esemplare di Braga
di Alessandro
Ramberti
Vista la sua competenza di pilota di aerei potremmo dire
che il Canto esemplare di Giuseppe Braga (Raffaelli,
Rimini, 2005) non ha paura di volare alto (ma lo fa con umiltà
e quasi con reticenza): i temi trattati sono quelli quotidiani, con
la banalità del male e la bellezza spesso così nascosta
del bene, le parole sono scelte con cura chirurgica, e nonostante una
certa sfiducia dell'autore nella efficacia della scrittura ("Scrivo
(…) con la paura / di danzare senza scopo", p. 56), sanno
impressionarci con le immagini e le situazioni che evocano, come si
può "vedere", ad esempio, nei seguenti passi tratti
da alcune poesie di questa raccolta:
'Sono fuori posto e ho l'anima in bocca / come una sedia
coi diavoli dentro" (X, p. 15)
"Io sono un piccolo segreto sporco / che avanza come
miele nel piatto" (p. 16)
"Ecco che finalmente si è fermato, il treno
/ che viaggiava nelle mie ginocchia. / È diventato un ramo e
io la sua / foglia di castagno, le / bracciaperte" (6, p. 28)
"stiamo nel mondo a casaccio / tu sei scoppiato come
il pane vecchio / io le tecniche di difesa le ho imparate dal vetro"
(incontro quattro, p. 38)
"Ti dico che vivo a tre metri / costanti davanti
alla mia vita, che la proteggo / lasciandomi investire ma tu / continui
a inseguire le mie spalle" (p. 40)
"Hai un nome che da una profondità / tutta
di labbra risale l'alfabeto / fino alla prima riga del mare," (amore
carsico, p. 57)
"mi fa male la voglia che finge / di vivere, la guancia
interna, / mi fa male il letto, la cucina / il morso dei muri, mi fa
male / vestirmi, la terrazza / il piegare dei fiori, la distanza / che
non ti somiglia e usa / il tuo passo per cercarmi" (XX, p. 65)
"ho la mano nel cielo / e un inganno sul dorso del
petto / dove tu e tu vi scambiate di posto" (XY, p. 68)
In qualche raro caso non è chiara la funzione di
certi a capo o di certe iterazioni forse ridondanti (si veda ad es.
la poesia XX a p. 63), ma abbiamo qui a che fare con una vera voce poetica:
sfogliare questo Canto è un po' rivivere la nostra contraddittoria
realtà, e farsene carico, quantomeno avendo – come suggerisce
Braga – quella pietas che non ci consente di astrarcene, ma ci
chiede il coraggio di un atteggiamento onesto, di un essere-al-mondo
da persone vere. Come sostiene Umerto Piersanti nella prefazione: "…
Canto esemplare è un libro vario e autentico,
che si crea un suo sentiero…" Concordiamo, e aggiungiamo
che il libro si fa apprezzare anche per l'autoironia:
"Vado a capo sai perché / perché non
so arrivare alla / fine della riga, per non vedere la / fine della riga,
perché è passato / qualcuno e ha tolgo la fine della riga"
(B, p. 50).
Giuseppe Braga è
nato il 3 agosto 1963 a Bologna, ha una laurea in filosofia, pilota
aeroplani (soprattutto acrobazia e idrovolanti), ha fatto per vent'anni
il giornalista di quotidiani, ultimo dei quali «Libero»
di Vittorio Feltri, e da qualche mese dirigo il mensile «Volare».
Nel 1991 ho pubblicato i racconti "Favole cattive" con Nce,
più un sacco di altre cose invisibili... nella foto è
appoggiato al cap 10 da acrobazia, che ama molto (l'aereo, non la foto).
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Una
grande bestia lumaca - Buriane
di Roberto Mercadini
“Cos’è la poesia? Nessuno lo sa. Cambia.
Funziona da sola
Come una chiocciola che striscia sul muro di una casa.”
(Charles Bukowsky)
Se qualcuno mi chiedesse cos’è, per me, la
poesia, ecco io, per essere onesto, dovrei rispondergli che la poesia,
per me, è la realtà. Che la poesia è la realtà
e tutto il resto un confuso agitarsi nel dormiveglia.
Voglio spiegarmi.
Qualche anno fa una ragazza mi portava a vedere il mare. Se ne stava
per un quarto d’ora buono ogni volta completamente rapita, incantata
dallo spettacolo. Intanto io pensavo: “Dunque questo è
il mare. Cioè acqua + acqua + acqua. Nient’altro che acqua.
Un mucchio. Una montagna. Un mare, appunto. Dov’è la novità?
Che c’è da guardare?”. Era come se, al posto del
mare, io vedessi un cartello con su scritto “IL MARE” (spettacolo
di nessun interesse).
Un giorno leggo una poesia di Amelia Rosselli. Parlava dell’acqua.
Negli ultimi versi del mare. Diceva così:
“Mare, ti hanno proclamato. Sei una grande bestia lumaca. / Hai
la sordità nel fondo tufo. Mare mare hai la gioia e la misericordia
/ Con te. Sei un fiore trasparente una forte tomba.”
Ecco, per la prima volta, io ho visto il mare. Ho avvertito la sua maestosità.
Ho temuto la rapacità dell’abisso, che ingoia i naufraghi.
Mi sono incantato per la grazia tremula che ha la superficie quando
è lieve il vento.
Nell’esperienza quotidiana spesso le cose si rattrappiscono fino
a diventare parole. Nella poesia le parole scintillano, pulsano, fiammeggiano
fino a diventare vere cose vive.
BURIANE
A Rocky
L’amicizia è sempre un’azione
politica (Kathy Acker)
"Il vento dell’Ovest lo spezzano i monti
arriva a raffiche
attraverso Adriatico quello dell’Est
viene fresco di salsedine
Libeccio sa di campi e alliscia l’acqua
Bora corre giù dai picchi balcanici
Rapida, come crollando
Percuote il mare, l’aizza a scrosciare d’onde
Qui da noi
Ostro scherza domestico
Più a Sud
Stordisce d’afa
Dov’ero
Scippa il respiro."
Conosci i venti e il suolo del mare
Hai visto le viscere verdi d’Indonesia
Saputo parlare la sua lingua fra le tribù ospitali
E curiose
La gente dei villaggi
“In autobus
mi scuotevano dal sonno per parlare
là ero l’uomo d’occidente:
un’attrazione”
ma non è questo
o il saperti senza casa
il guardarti cenare
con due uova
in piedi
parlando di Cioran
ridendo
quello che fa specie
è vederti
mentre parli
dell’Atlantico da attraversare,
d’un uomo salvato fuori dall’acqua,
di cortei, botte e sangue e galere
e multinazionali mannare,
di Buriana che ti ha squarciato le vele
ubriacato la barca,
del nulla e dell’assenza,
della morte passata vicina
con quell’identico sorriso mite
col cordame dei muscoli assorto in quiete.
Io dico che,
tempo al tempo,
al tempo di questo passo,
levigato, forgiato, affilato, conciato, impiombato dal tempo,
diventerai un legno ricurvo che solca tempeste
guappo, imperturbabile
contro la Buriana del così va il mondo
imperturbabile
contro lo schiumare dell’io
sarai
uscito dai tuoi vent’anni
un uomo di fuoco e di pietra
la statua estrema
lo stridente gabbiano che il guizzo d’onda non agguanta.
(30 Agosto 2003)
"Nell’inverno del 1998 avevo 20 anni. Il mio
eroe era Ludwig Wittgenstein. Riflettevo sulla teoria dei giochi linguistici
tutti i giorni. Comincio a scrivere poesie. Non mi è mai capitato
di pensare che le poesie si scrivessero per inviarle agli editori (così
come non si scrive musica per pubblicare gli spartiti). Ho sempre creduto
che le poesie si scrivessero per recitarle. Ho sempre recitato le mie
poesie."
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Dialogo
tra uno Scrittore e un giovane scrittore
di Chiara
De Luca
Tim. Messaggio gratuito. L’utente da Lei chiamato
non è al momento raggiungibile…
Il giovane scrittore, giunto quella mattina da Torino, si trovava davanti
all’edicola della piazza centrale di Montecassino, dove aveva
appuntamento con lo Scrittore che era in ritardo di circa tre ore e
mezza. Allo scadere della prima ora, il giovane scrittore aveva comprato
«Repubblica». Dopo averlo letto fino in fondo, compresa
la pagina sportiva e i necrologi, per par condicio aveva comprato
«Il Corriere della Sera». Allo scadere della seconda ora,
aveva cominciato ad avvertire i primi sintomi di un processo di estremizzazione,
e aveva comprato «L’Unità» e a seguire «Il
Giornale».
Allo scadere della terza ora aveva osato la prima telefonata di sollecito.
Dopo un’altra mezz’ora stava per perdere le speranze, e
tentò un nuovo approccio telefonico.
Tim. Free message. The customer you have called is not available
at the moment...
A quel punto il giovane scrittore comprò una guida turistica
di Montecassino, per cercare di far in qualche modo fruttare quella
giornata. Dopo aver compiuto un centinaio di volte la circumnavigazione
completa dell’edicola, e aver fatto amicizia con tutti i baristi
e i negozianti del circondario, decise di fare un estremo, disperato
tentativo, e, inaspettatamente…
- Sì?
- Pronto, sono Mario Diolaiti…
- Ah… sì!! Sei già arrivato a Montecassino?
- Sì… sono all’edicola…
- Ah… sei già all’edicola?
- Sì…
- È molto che aspetti?
- Un pochino…
- Perdonami! Ero incasinato, guarda, non ti sto a dire… arrivo
subito!
Dopo circa mezz’ora, lo Scrittore arrivò, con una bonaria
pipa tra le labbra atteggiate ad un sorriso largo.
- Allora, ho letto il tuo libro.
- Grazie, te ne sono molto grato. Era un bel mattone…
- In effetti…
- …
- Comunque ne sono uscito vivo.
- Mi fa piacere… e che mi dici?
- Direi che potrebbe essere ridotto alla metà. Vedi di tagliarne
delle parti. Magari il capitolo centrale, per non sbilanciare il tutto.
- Ma dovrei tagliare così a caso?
- Quando vai a comprare il prosciutto, paghi forse anche il grasso?
- Beh… normalmente ce lo infilano sotto a delle belle fette rosee,
ben nascosto.
- Ma tu devi essere un macellaio onesto.
- Non hai tutti i torti. Taglierò un etto del capitolo centrale.
Tutto non posso.
- Sarebbe ancora troppo poco.
- Due etti?
- Anche un chilo, se necessario. Il tuo libro è simpatico, si
lascia leggere agevolmente. Toglierei tutte quelle notazioni smaccatamente
autobiografiche e gli sdilinquimenti sentimental-nostalgici.
- Ovvero?
Allo scrittore suona il telefono.
- Cosa? Il Gran Premio di Cernusco sul Naviglio?
- Certo, certo, di che me lo spediscano.
Click.
- Tutto questo insistere sulla morte della madre del protagonista. L’ha
già fatto Lawrence. Non amo il taglio freudiano in narrativa.
- Taglio freudiano?
- Sì, è chiaro che stai cercando di commuovere il lettore
e di suggerirgli che il protagonista è legittimato a compiere
tutte le male azioni che vuole.
- Ovvero?
- Beh, se insisti così tanto sulla morte della madre, avvenuta
nella sua infanzia, è chiaro che gli stai cercando una giustificazione
psicologica d’accatto per i suoi crimini.
- Ma il protagonista non commette crimini!
- Li potrebbe commettere.
- Ma non li commette.
- Lo so, ma il lettore se li aspetta, dopo tutta sta descrizione strappalacrime
della morte della madre.
- Hai ragione…
- Cosa?? Hanno invitato anche quella mezzasegna di Palinuro Tarocchi?
In tal caso digli che non ci penso nemmeno a presenziare!
Click.
- Certo che ho ragione. Pensa a Todorov: ciò che caratterizza
la letteratura fantastica è l’esitazione.
- Ma il mio non è un romanzo fantastico!
- Fa lo stesso, Todorov va sempre bene.
- Ma gli altri capitoli…?
- Ho qualche riserva anche sul terzo.
- Cioè?
- Tu dici che il protagonista incontra una cartomante alla stazione
di Roma.
- E allora?
- Io non ne ho mai viste alla stazione di Roma. Non è credibile.
- Dunque è credibile soltanto quello che hai visto tu, cui perciò
sei disposto a credere?
- No, ma se scrivi una cosa incredibile, diventi scontato. Quasi tutti
i romanzi raccontano cose incredibili.
- Beh, non necessariamente.
- No, no... non disturbi, dimmi pure..
- Eh??? Cazzo, mi sono stufato di lavorare in questo modo!! Siete un
branco di incompetenti! Ti avevo detto di spedire gli inviti entro il
15!!
- Come dici? I francobolli?
- Affari tuoi! Mi sono rotto i coglioni di lavorare con gente attaccata
ai soldi!
- Credi che a me mi paghi qualcuno?
Click.
- Devi distinguerti, essere assolutamente originale. Il mercato è
pieno di libri che non hanno un briciolo di inventiva e originalità.
- Quindi dovrei descrivere situazioni banali?
- Tutta la vita è banale e senza senso. Tu devi descriverne il
lato nascosto, l’unico che abbia ancora qualcosa da dirci. Forse.
- Davvero pensi che tutta la vita sia banale?
- Sì, per questo Dio ha inventato gli scrittori.
- Ovvero?
- Affinché si oppongano alla banalità dell’esistenza.
- Capisco. È senz’altro un incarico di grande responsabilità.
- Certo. Ma andiamo avanti.
- Non è ancora finita?
- Ci sono altre cose che mi lasciano perplesso nel tuo romanzo.
- Ovvero?
- Certe incongruenze…
- Cioè?
- Ad esempio tu dici che il protagonista si trovò da solo in
un museo…
- E allora?
- Alle 20 circa…
- Beh?
- Beh, i musei generalmente chiudono alle 19.
- Non hai tutti i torti…
- E poi dici che il giorno dopo, appena arrivato a casa dal lavoro,
mette a bollire l’acqua per la pasta.
- Sì…
- E poi mangia gli spaghetti guardando il telegiornale.
- E allora?
- Allora… se è appena uscito dal lavoro saranno le 17:30,
al massimo le 18. Poniamo che guardasse il Tg2 delle 20:30, metti pure
che stesse guardando il Tg1 o il Tg5 delle 20… Quanto diavolo
ci mette l’acqua a bollire se lui comincia a mangiare quando il
Tg comincia?
- Fammici pensare… Boh, magari guardava il Tg3 delle 19…
- Pronto? Sì…
- No, ti ho detto che il Toglilavela non lo invitiamo. Sennò
la Levalancora non ci dà i finanziamenti.
- Non ci penso nemmeno. Non voglio mezzicritici e mezziscrittori della
domenica tra i piedi.
- Ti ho detto che è un pirla. Ha pure recensito Palmiro Triremi
sul “Postit” di Gaiba.
- Rifai il giro di telefonate, e vedi di finire entro un’ora.
Sono stato chiaro?
Click.
- Allora dovresti specificarlo, per evitare ogni possibile ambiguità.
Comunque, in tal caso dovrebbe aver buttato la pasta intorno alle 18:30…
cioè essere arrivato a casa intorno alle 18… non può
averci messo meno di mezz’ora per togliersi le scarpe e i vestiti
bagnati dalla pioggia… hai detto che pioveva, no?
- Sì, forte…
- A parte il fatto che tu me lo ambienti a Roma… dove quest’anno
ha piovuto pochissimo…
- Sì, ma l’ho scritto un paio d’anni fa…
- Ok, torniamo alla pasta. Dunque mettiamo che l’abbia buttata
alle 18:30 circa… nel giro di mezz’ora deve aver apparecchiato
la tavola, acceso la Tv, deve essersi sintonizzato su RAI 3, e poi deve
aver scolato la pasta… verosimilmente non ha lavato la pentola
e lo scolapasta, ma questo non è incongruente con il personaggio…
- Sì… beh… però se avesse buttato la pasta
intorno alle 18:30, alle 19 sarebbe scotta…
- Non lo so, vedi un po’ tu, lascialo riposare, poi lavoraci a
freddo - tagliò corto lo Scrittore.
- Magari senza sale grosso ci mette di più a bollire.
- È un’idea.
- Già… Per il resto come ti sembra?
- Non ci siamo con il titolo.
- Cazzo, hai detto niente!
- Controvento, il colmo del déjà
vu.
- Mah… e quale dovrebbe essere il titolo?
- Vedi, controvento han già scritto cani e porci. Anche
Controsole e Controcorrente. Potresti pensare a Controcappelletto,
Controtortello, Controlucignolo…
- Certo, potrebbe essere un’idea, ci penserò. Sono negato
per i titoli… tuttavia anche controlucignolo sono già
andati in molti.
- Davvero? Non mi risulta… comunque poi eliminerei la storia d’amore
tra il protagonista e la moglie di Francesco.
- Perché?
- Perché le corna sono scontate. Le librerie sono piene di corna.
E pure le nostre città.
- Capisco. Ma è il nucleo dell’intero romanzo.
- Trovane un altro.
- Di cosa?
- Di nucleo.
- Ma dovrei riscrivere il romanzo!
- Non ci avevo pensato, non è poi un’idea tanto malvagia…
in fin dei conti.
- Quindi pensi sia da buttar via?
- No, non dico questo. Lavoraci, taglia, cuci, lima, tinteggia, e vedrai
che ne verrà fuori qualcosa di godibile. Abbi pazienza. La letteratura
è un lavoro artigiano. Fatto di pazienza, umiltà, attenzione.
- Ma ad altri il mio romanzo è piaciuto.
- Non ti fidare del consiglio degli altri.
- Quindi neppure del tuo?
- Beh, ogni massima è accompagnata dalla dovuta eccezione
- Certo. Ogni medaglia dal suo rovescio.
- Ovvio.
- Diamo a Cesare quel che è di Cesare.
- Vedo che hai capito.
- Certo, tanto va la gatta al lardo… Ma cos’ha che non va
la storia tra il protagonista e la moglie di Francesco? Non è
una banale storia di corna…
- Peggio: è una storia d’amore!
- E allora?
- Non se ne può più delle storie d’amore. Tutti
hanno scritto almeno una storia d’amore nella loro vita.
- Forse perché l’amore è uno dei sentimenti più
universali, non so… illusioni, usi e costumi, boh…
- Scrivendone vai contro il dovere morale di ogni scrittore.
- Ovvero?
- Quello di segnare al suo lettore la strada.
- Cioè?
- Non puoi continuare a raccontare alla gente che l’amore esiste.
- Tu hai la certezza che non esiste?
- Non esiste nulla.
- Neanche a livello di idea?
- Idee? E chi ne ha più, al giorno d’oggi…
- Pronto?
- Quale conferenza?
- Che scherzi? Io sono a Montecassino!!
- Che vuol dire che mi aspettano?
- Digli che ho avuto un inconveniente, mica posso ricordarmi di tutto!
E non ho il dono dell'ubiquità!
- Come dici?
- Cazzi tuoi, arrangiati!
Click.
- Quindi la nostra vita non ha proprio il minimo senso?
- Certo. E la letteratura ha il compito di inventargliene uno.
- Quindi deve inventare cose incredibili.
- No. Nulla di quanto dice la buona letteratura è incredibile
- Ma così ti contraddici.
- Ho detto buona letteratura.
- Intendi ciò che scrivi tu?
- Non solo.
- …
- Ma torniamo al tuo romanzo. Toglierei i monologhi del protagonista.
- Ma il romanzo è tutto un intercalare di monologhi e dialoghi
- Lo so, infatti ho detto di togliere i monologhi. Ti restano pur sempre
i dialoghi, no?
- Ma i monologhi sono la parte più bella!
- Pronto?
- Sì, no, scusa, adesso sono impegnato. Ti richiamo io.
- Come dici?
- Ma certo che ti richiamo.
Click
- E chi ti ha detto che sono belli? Non essere presuntuoso. È
questo che ti frega. Ascolta chi ti vuole aiutare. La vera grandezza
sta proprio in questo. Autocritica. Sempre. Non essere sicuro di nulla.
- Certo. Tutto sommato non esistono più le mezze stagioni.
- Esatto. Solo chi è figlio è padre.
- Lasciate che i bambini vengano a me.
- Che c’entra?
- Nulla, era così per dire.
- Ah.
- Ma che hanno i monologhi che non va?
- Ti ho detto di evitare tutto quanto è scontato. Occorre cercare
forme nuove.
- Li dovrei eliminare?
- No. Ti dico di non indulgere nell’autobiografismo.
- E cosa dovrei fare?
- Prova a riscriverli in terza persona plurale.
- Buona idea, lo farò, grazie.
- E poi eliminerei tutta quella tirata encomiastica sul valore dell’amicizia.
- Ma è ciò che muove la protagonista femminile!
- Devi cercare di non incorrere nel già detto. Devi indicare
ai tuoi lettori sentieri non ancora battuti.
- Quindi anche l’amicizia non esiste?
- Tu sei giovane… fidati di chi ha più esperienza di te
e ne ha viste tante…
- Non esiste nemmeno Dio?
Lo scrittore sorrise e gettò istintivamente un’occhiata
di sguincio nello specchio.
- Pronto?
- Certo, certo, dimmi, sono tutt'orecchi…
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Due
poesie
di Luca
Ariano
Panorama
Quel vostro bacio sfrontato
in quell’atmosfera di fine galà
si sperde nell’aria putrida;
eccoli quei fili d’ossa che s’agitano
- paiono Gollum – dove s’annida
il tarlo del panico, un tempo fiorenti.
Sale il sapore ancora caldo di ricotta
e marmellata, dal vaso di gerani
stagnano zanze e mentre la madre
chiama la sua Bea – identici occhi di neve
che si squaglieranno,
ritorna alla mente il Peppino, l’ultimo
ranat, spazzato una sera sul suo Garelli
da un furgoncino della sip;
l’estate era già di sedie sulla strada:
la Carolina, l’altro Peppino, la Manuela
che già usciva col suo moroso, il Claudio
… lo avresti fatto anche tu –
E sei invece lì a consumare una rapida
Carciofa da Pepè mentre lui lieto
con la preghiera in petto ritorna
da Santa Cristina.
In un panorama che gela le tonsille
distribuisci versi in quella quiete ambrata
come tuo nonno sparse scarpe
con la tomaia ancora calda di colla.
* * *
La strada che da Abbiategrasso
va sino a Pavia passando per Motta
e Bereguardo, gomiti e risaie
e cartelli divelti,
un contadino raccoglie i suoi coppi:
– la tromba dell’altra sera
dove non c’è più la mezza stagione –
Lì per una laurea, forse l’ultima
mentre si chiude una porta e si sente
solo un brusio di fumo;
la candela smoccolata non brucia più
sulla pelle ancora fresca
e già hai messo virgole, punti e virgole
e punti alla fine della frase,
proprio quando sul colle infinito
si agita il bastone con un volto d’eremita.
Di nuovo poi sentire oli e vernici
di botteghe tra Borgo Tommasini
e via Nazario Sauro.
Luca Ariano è
nato nel 1979 a Mortara (PV), vive tra Vigevano e Parma. Ha pubblicato
nel 1999 la raccolta di poesie Bagliori crepuscolari nel buio
presso Cardano di Pavia. Numerose sue poesie sono apparse su riviste
tra cui «La Clessidra», «Il Foglio Clandestino»,
«Ciminiera» e siti letterari in internet tra cui Frontiere,
Faranews e FuoriCasa.Poesia
e su antologie tra cui Oltre il tempo/Undici poeti per una Metavanguardia,
curata da Gian Ruggero Manzoni per le Edizioni Diabasis (2004) e La
coda della galassia, a cura di Alessandro Ramberti, FaraEditore
(2005). Collabora con il sito internet Pagina
Zero, Il Foglio Clandestino
e La Clessidra ed è tra i redattori della rivista Ciminiera.
Nel 2005 è uscita la sua seconda raccolta di poesie Bitume
d’intorno, con la prefazione di Gian Ruggero Manzoni,
per le Edizioni del Bradipo di Lugo di Romagna.
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su Luoghi
preziosi di Valerio Fabbri
di Alessandro
Ramberti
"Fabbri è un poeta(…) che racconta il
suo sentimento dell'esistere ben dentro la realtà (…)",
così Maurizio Cucchi nella prefazione alla prima raccolta poetica
di Valerio Fabbri: Luoghi Preziosi, Raffaelli,
Rimini, 2005. Ascoltare le sue poesie mi ha infatti ricordato i versi
di un grande poeta santarcangiolese, Nino
Pedretti, che nei suoi libri indaga la realtà degli uomini,
degli affetti, delle cose, con uno sguardo disincantato, capace di illuminare
i lati in ombra e di valorizzare i gesti e le situazioni apparentemente
minori. Così Fabbri ci presenta una realtà di paesaggi
vissuti con metafore e immagini che sembrano rivelarcene la verità
più intima:
"mi allaccio la pelle fino al collo" (La matita
e il cielo)
"… in mezzo a quel tempo / che andava giù come un
chiodo nel legno" (Messaggio di appartenenza)
"e adesso bisogna tagliare il tempo / per nasconderlo nelle tasche,
vicino alla corda" (Pagian di diario)
"fino a quando il mio nome diventa la maiuscola / di quella solitudine
che mi respira sulla nuca" (La discesa)
"sembra impossibile che la molla del tempo / possa scattare almeno
una volta per tutti / senza fare del male a nessuno" (La molla
del tempo)
"si forano le mani con le spine della pioggia" (Pioggia leggera)
"la città così importante di giorno / diventa un
povero mucchio di braci / su cui piscaire di notte per tentare di spegnerla"
(Città di notte)
"Biasima semre qualcosa la ciminiera, / indica il tempo, con la
sua ombra, / che scivola in fumo: antica meridiana" (Il pane della
storia)
"il mondo si raggomitola tutto / nella mano che spegne la luce"
(Il sonno del mondo)
"Con lui parlo del giochetto minuzioso dei pescatori, / che ogni
stagione rifanno i capanni con le foglie di canna, / mettendo appena
un dito sull'orlo del futuro." (Isola dell'amore)
Forse oltre che "luoghi" abbiamo in questa raccolta
anche "tempi" preziosi: del resto le due dimensioni sono sempre
profondamente interrelate. Trovo poi particolarmente toccante questo
verso: "Ogni passo è una preghiera che misura le strade"
(Metafisica della partenza). È una affemazione, una dichiarazione
di poetica che dà valore ai nostri gesti, alle nostre azioni
quotidiane, se fatte con l'attegiamento di chi si ascolta ascoltando
e sa che ogni passo tende a una meta e quindi diventa la traccia di
un percorso attraverso luoghi che ci formano, ci cambiano, ci accolgono,
ci mettono in contatto con altri "pellegrini". Se i versi
di Braga indagano la realtà con l'acuto ma distante
sguardo del falco, quelli di Fabbri ce la srotolano lungo il cammino
come quinte scenografiche e al tempo stesse discrete che mettono a fuoco
particolari preziosi.
Valerio
Fabbri è nato a Ravenna nel 1975. Laureato in Filosofia a
Bologna, ha pubblicato poesie su «Tratti», «Graphie»,
«Clandestino», «Specchio» e altre riviste. Luoghi
preziosi è il suo primo libro.
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Quella
volta che andai…
di Corrado
Giamboni
Dicevo che quella volta che andai a trovare Dio ci andai
con la mia bambina. Siccome ero con lei, mi fecero passare subito. La
accompagnavo per mano ed era come se lei mi tirasse, come se in qualche
modo si sapesse orientare. Io in pratica non facevo che seguirla.
– Entrate! – ci fece una donna vestita da cuoca, cuffia
e camice bianco, – Andate pure dentro, in cucina!
La cucina era grande, chiara e piena di vapore. Era una cucina moderna,
tutta di acciaio e di piastrelle bianche, e soprattutto piena di vapore,
ovunque. Dio era in fondo, in un angolo, seduto, pensoso. Da lontano
dava l’idea che fumasse pensando. Dio ci vide nello stesso momento
in cui noi vedevamo lui e salutò subito la bambina sorridendo.
Poi, senza smettere di sorridere, guardò me.
– Ciao bambina, come ti chiami? – chiese Dio. – Siete
venuti a vedere la cucina? O proprio a trovare me?
– Tovae te – disse la bambina indicandolo col braccino teso.
– Ma che bello! E vuoi venire qui un momento in braccio da me?
La bambina andò e lo abbracciò subito. Dio sorrideva.
Le diceva le solite cose che si dicono ai bambini, e lei rideva e lo
guardava.
Quando Dio le chiese un bacino, lei gliene diede due, e lui sembrò
stupirsi. Poi la salutò e me la restituì come al rallentatore.
– È stata una giornata lunga oggi... – disse Dio,
e sembrava un po’ stanco.
Lì attorno non c’era più nessuno, solo tanti camici
appesi su attaccapanni disposti un po’ dovunque, lungo il perimetro
della cucina, e tanto vapore, che dava l’idea di un ambiente appena
lavato.
Dio ci salutò ancora mentre la bambina davanti a me faceva la
strada di ritorno tenendomi per mano.
Verso la porta dalla quale eravamo entrati mi venne desiderio di voltarmi
indietro, ma non lo vidi più.
Corrado Giamboni
nasce nel 1963 in una clinica di fronte a Cinecittà. Ariete,
coniglio per i cinesi. Si trasferisce con la famiglia a Rimini all’età
di tre anni. Quindi per motivi di studio vive tra Cesena e Bologna,
con base a Rimini. Poi per motivi di lavoro vive tra il Trentino e Mantova,
dove attualmente risiede. Insegna lettere. Fotografa dal 1979. Scrive
con serietà e con altrettanta avarizia. Ha avuto riscontri in
concorsi di fotografia e di scrittura. Ha pubblicato Il
virus dell’elefante.
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Su Assistere al
tempo di Blanca Wiethüchter
di Alessandro
Ramberti
“Sull’eternità / giubilante e ricolma
/ splende / in trionfante silenzio / la cosa / immutabile / movimento
immobile / guarda morire / quell’istante che chiamiamo / nostro
unico giorno” (Un istante): così scrive in Assistere
al tempo la poetessa boliviana Blanca
Wiethüchter, prematuramente scomparsa. Questa silloge, prestigiosamente
prefata da Jaime
Saenz, è stata pubblicata a La Paz nel 1975 ed è uscita
recentemente nella traduzione italiana con originale a fronte a cura
di Claudio Cinti e Silvia Raccampo per Sinopia
Libri (Venezia, 2005). Si “assiste” al tempo se si ha
coscienza dello spazio che si occupa, il tempo diventa il senso dello
spazio, “è il giorno / che raccoglie storie / negli specchi”
(Conciliazione), le parole non preservano che qualche momento, ma hanno
sempre bisogno di essere evocate, ritemporalizzate, ricollocate, riascoltate
(cfr. Voce moltiplicata), perché “Il tempo si scioglie
/ nell’istante” (La terra ti porta), e la parola è
“una forma istantanea” (Una forma).
L’uomo sa di essere in transito, come un meteorite, e a volte
vive “questo modo disperato / di reggere / nelle pupille l’aria”
(Sei tu), di sentirsi parte di un mondo in cui “le strade ti conoscono
/ e le conosci tu / sai che le pietre / perdurano nei tuoi sogni / come
leggeri uccelli invisibili” (La città), e così si
alimenta il desiderio di durare: “La brama che ci avvince / dall’origine,
/ che ci chiama, / è camminare / sui bordi / assistere al tempo
/ consegnare al mare / il centro / della nostra memoria” (La città
che abitiamo). Pensiamo ai luoghi che abitiamo, la città dell’uomo
così disumana, spesso. Non attendiamo tutti “il giorno
in cui l’abbondanza / sarà l’uomo / che l’abiterà”
(Negli anni e negli istanti)?
Ecco, questi versi ci rappresentano la condizione umana con una intelligenza
riflessiva, rarefatta ed essenziale come l’aria d’alta quota
di La Paz, una riflessione non certo passiva, perché implicitamente
provoca, invoca, convoca, perché, come scrive Saenz nell’Introduzione:
“l’esperienza poetica raggiunge la propria obiettività
nella misura in cui entra in gioco la volontà”.
Due poesie
di Enrica
Musio
Tutto so
La morte non fa paura,
ma una vita senza una novità
la parte oscura
nessuno guarda
qualcuno amerà
sarà una fortuna
non siamo mai in ritardo
la mia memoria
e raccontare una storia
la musica avvolge
pensando
te.
Cosa sogni
Non ci credo ormai,
lo dici sempre
non ci vediamo ormai
dimmi come stai
cosa hai fatto
stai ancora insieme alla cara Bianca
sei libero
tu cosa sogni
io ancora sogno di te
passano i giorni
grandi sono i miei sogni
come nuvole
nei sogni.
(ad Alessio)
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