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99. Marzo 2008
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Editoriale: Il silenzioForse e' d'estate, quando ci sentiamo "obbligati"
ad avere un periodo di vacanza, che in alcuni di noi puo' acuirsi il
bisogno di silenzio, di uno spazio in cui le parole siano poche, essenziali,
profonde. Questo numero lo dedichiamo - ma in maniera "leggera",
come si addice a un bollettino quale il nostro - a chi sente questa
esigenza. INDICE Prova a volare (Sandra Ammendola) Forse e' gia' finito (Sandra Ammendola) La musica dopo il silenzio (Corrado Giamboni)
Recensioni Kipling e il lettore dilettante (di Renato Serra) (...) Mi spieghero' alla meglio: nella lettura di Kipling e' difficile portare la disposizion d'animo del dilettante, quella disposizione cosi' speciale dei lettori moderni che, mentre con l'immaginazione seguitano la finzione dell'artista, con la mente ne scrutano la tecnica, cercano gli artifici e apprezzano la bravura; quello, per dir cosi', sdoppiamento onde l'illusione non va mai oltre la retina, onde il senso delle fantasie piu' violente e' tutto superficiale e a fior di pelle, mentre l'anima e' perfettamente libera di osservare ogni cosa dall'alto, di considerare l'abilita' dell'artista che opera sui sensi, e magari assaporare con delizia la squisitezza del proprio sentire. In due parole, quella condizion di cose che fa dello scrittore oggi per lo piu' un "virtuoso", e del lettore uno snob. Tutti questi raffinamenti non han che fare con Kipling. Si potra' cercare il suo libro per puro snobismo, ma, quando si legge, e' un'altra cosa. Davvero, non si tratta di letteratura; e' un movimento dell'anima pieno e profondo, che va piu' giu', a toccare quel che si chiamava un tempo il cuore; la carne, il sangue, i sensi. Si e' presi da quelle pagine cosi' semplicemente e buonamente, come il portinaio dall'appendice della sua gazzetta, come il fanciullo e come il popolino davanti al drammone dell'arena, che vorrebbe saltare sul proscenio a dare una mano all'arrestato contro i carabinieri o a rasciugar le lagrime dell'orfanella tradita. Non pretendo che i lettori di Kipling piangano lacrime grosse come nocciole, e muglino e gettino bucce di melarancia come il loggione di certi teatri; questo no. Dico soltanto che sentono, che si divertono, si turbano, si arrabbiano, ridono colla bocca e con tutti i muscoli del viso, sentono il ribrezzo dell'angoscia nella gola stretta e con tutta la pelle raggricciata, ne' piu' ne' meno che un imbecille qualunque. Addio giudizi, comparazioni, sfumature d'analisi e finezze di apprezzamento estetico, critico, etc. etc.: l'illusione piena dello spettacolo reale spazza ogni cosa, e ci si abbandona all'interesse del racconto, ci si appassiona al fatto, agli attori; si aspetta la fine con un ardore e un'impazienza assolutamente incredibili in un uomo un po' coltivato. Perche', intendiamoci bene: i fantocci eroici che sbalordiscono quel tal portinaio nel grande romanzo storico della sua appendice, se si presentano a un di voi, muovono il riso o vi fanno, piu' facilmente, sbadigliare. Il pubblico di Kipling, per quanto vasto, per quanto grosso, comprende anche le persone colte, il fiore dei raffinati e dei pervertiti. E l'effetto e' sempre quello; hanno un bel dire certi critici blase's che si tratta per l'appunto dell'impressione di un sapore acre e brutale sui palati stanchi, e via via: la canzone e' troppo vecchia per ricantarla ora tutta; le son frasi; e io giurerei che, se hanno letto davvero, la prima volta almeno si son lasciati trasportare dall'illusione, dall'interesse, dal fatto - si dica in un modo o in un altro, non monta, purche' ci s'intenda - come tutta quanta la povera gente. Dico che la nostra o ammirazione o indifferenza o ira - poiche' non e' mica stabilito per legge che tutti devano risentir l'effetto di quei libri a un modo, e con lo stesso piacere - e' indirizzata alla novella in se stessa e non a chi la racconta, all'argomento, alla materia propria della narrazione e non allo scrittore. Provate a rievocare alla memoria le vostre letture; o almeno ponete mente a quella parte del mio discorso dove ho cercato di rendere, bene o male, le prime e piu' rilevate impressioni di un lettore qualunque - e vedrete che per l'appunto e' cosi'. Per scrittore s'intende press'a poco una certa qualita' del sentire nei suoi rapporti con certi modi dell'esprimere; una certa lingua, un certo stile, una certa attitudine a guardar le cose e un certo abito di ritrarle, un complesso di disposizioni, che non sempre si sanno circoscrivere con parole precise, ma che son chiare nella mente; e basta porsi il problema, di fronte a un dato soggetto: - Come l'avrebbe trattato il tale, che ne avrebbe cavato il tale altro (ognuno puo' metter dei nomi a caso) - per accorgersene appieno. Ma provate invece a farvi le stesse dimande intorno a Kipling. Lingua, stile e tutto il resto, forse che egli possiede qualche cosa di questo genere che non sia incorporata nelle storie che racconta, che non sia una proprieta' insita, per dir cosi', nella materia stessa del suo dire, e separata, e quasi in contrasto con la persona del raccontatore? Vedete quel che e' della lingua, per esempio; si e' parlato della sua varieta', degli idiotismi, del gergo, dello slang, della pronuncia figuarata, delle mescolanze d'ogni maniera che le danno cosi' ricco e bizzarro colorito. Ora la differenza essenziale di questa dalla lingua di tutti gli altri scrittori moderni, dai romantici in poi, che hanno in cima d'ogni loro pensiero la ricchezza del vocabolario, si trova in cio'; che dove in loro, Victor Hugo o Swinburne, Edmondo di Goncourt o Gabriele d'Annunzio, la bella parola rara si sente cercata per se stessa, accarezzata quasi e vagheggiata dall'artista che, mentre la mette in opera, ne tenta, come di metallo prezioso, la tempra, e ne fa ridere al sole opposto lo smalto rutilante, in Kipling invece ne' amore ne' affanno ne' gioia di virtuoso; il pittoresco gli piove dal cielo, la ricchezza gli si attraversa per la via come l'elitropia a Calandrino; un sasso raccolto nel grembiale fra cento altri simili, indifferentemente. Prova ne sia la lingua ch'egli parla, non in nome de' suoi personaggi, ma per conto suo, negli esordi e nelle chiuse, quando interrompe il racconto con una osservazione del suo sacco, quando si rivolge al lettore per fargli un po' di morale, per tirar le somme del discorso, per dir la sua, infine. Che volgarita', che miseria! Giuro che non v'e' sulla terra filisteo in pianelle ricamate e berretta di cotone che adopri un linguaggio piu' dozzinale, piu' barbaro, piu' bastardo di questo. Vedete un po', per esempio, i suoi cominciamenti: e questo come tutti sanno e' il ponte dell'asino per un novellatore. Sormontare l'imbarazzo, quell'aria di trito, di logoro, di uniforme quasi inevitabile nelle prime battute, imporsi all'attenzione del lettore, e' impresa a cui di rado bastano e arte e arguzia. Ma Kipling non conosce questi imbarazzi: quando non comincia in tronco con un brano di dialogo, che ci fa saltare a pie' pari in piena azione, egli si sbriga in due parole, molto alla buona, cosi': "Il cominciamento di tutto fu in ferrovia da Ajmir a Mhow" (e' il principio dell' "Uomo che volle esser Re"), oppure: "Per cominciare, la causa di tutto fu un leggiero attacco di febbre". O anche: "Una volta, un pezzo fa, c'era nell'India un piantatore di caffe', il quale voleva disboscare un certo tratto di foresta per farvi una piantagione di caffe'. Quando egli ebbe abbattuto tutti gli alberi e bruciato la macchia, restavano ancora i ceppi". E coi ceppi si entra in argomento. Cosi': "C'era una volta un re che abitava sulla strada del Thibet, a non so quante miglia dentro le montagne dell'Imalaya. Il suo reame stava a 11.000 piedi sopra il livello del mare, e misurava giusto giusto quattro miglia quadrate, ma ...". Non si puo' essere piu' pedestri e piu' spicciativi. O vogliamo vederlo quando si permette il lusso di prenderla un po' alla larga, di fabbricare un preambolo in tutte le regole, magari col suo bravo pizzico di filosofia; con qualche comparazione peregrina? Ecco dunque: "Dopo il matrimonio viene una reazione, grande o piccola; ma tosto o tardi essa arriva, e bisogna che i due congiunti se la sbrighino, se vogliono che il resto della loro vita segua tranquillamente il suo corso. Nel caso dei Cusack-Bremmil, questa reazione non ebbe luogo che nel terzo anno del matrimonio. Bremmil era difficile a tenere anche nelle giornate piu' buone; ma era un bel marito, fino al momento in cui il bimbo mori' e la signora Bremmil si vesti' di nero, divento' magra e comincio' a lamentarsi come se il mondo fosse stato subissato". Oppure: "Allevare un giovane secondo quello che i parenti chiamano sistema protetto, per poco ch'egli sia destinato a vedere di mondo e a trarvisi d'impaccio, e' una cosa punto savia: 999 su 1000, egli e' sicuro di procurarsi molti fastidi inutili; e puo' darsi ch'egli cada nell'irreparabile per semplice ignoranza delle cose e delle loro vere proporzioni". (...) (da Kipling, II vol. della collana «microbi») (di Sandra Ammendola) Per Giovanni, a Lara Prova volare, Vai alla deriva, Muovi i vecchi alberi Dormi sul mare, E poi i soli (aprile 2001) Forse e' gia' finito (di Sandra Ammendola) La bocca piccola di Clara. Nella mia libreria preferita non c'era. "Forse e' finito", rispose il libraio. "Forse non e' ancora arrivato", pensai. Sono andata alla libreria di Piazza Castello. La libreria occupa tutto l'angolo a nord della piazza. E' una delle librerie piu' antiche di Vicenza e vi si trovano quasi tutti i libri che vuoi. I commessi sono distaccati e hanno grandi computer davanti. Io non parlo con loro, entro e vado diritta a perdermi negli scaffali. Quella mattina, nel reparto "Letteratura italiana", sul tavolo dove vengono esposte le novita', in prima fila giaceva una pila con cinque o sei copie di Un mattino a Irgalem di Davide Longo, il numero 83 della Marcos y Marcos, maggio 2001. In copertina una donna, che "i capelli le scendevano sulle spalle, e i riflessi blu dello sciamma' davano loro un tono corvino", e un soldato inchiodato alla sua sigaretta. Tornai a casa dal lavoro, la sera, e senza darmi pausa, penetrai i capitoli del romanzo. La storia e' ambientata a Irgalem, Etiopia, nel 1937, e il protagonista, un tenente avvocato torinese, ci porta in Africa con una missione da risolvere. Il narratore usa delle parole che danzano tra i paesaggi e tra gli sguardi. Parole che lasciano gli odori, i movimenti, i pensieri dei personaggi costruiti in modo adeguato. I dialoghi permettono al lettore di seguire l'indagine da vicino e danno il ritmo e il tempo alla storia. In Un mattino a Irgalem "si sale sul treno polveroso dei militari, al primo capitolo, e fra una sigaretta fumata 'stretta' da Pietro e un ruvido paesaggio africano, non si scende fino all'epilogo". Ed e' vero. Un mattino a Irgalem e' una storia semplice e intensa, come la vita, in un contesto duro e triste, come la guerra. Per Davide Longo, Un mattino a Irgalem, e' il romanzo di esordio. Spero che abbia in cantiere altre storie da raccontare e che le sue mani continuino a scegliere parole. Credo avesse ragione il libraio quando disse, "forse e' finito". (Sandra Ammendola vorrebbe avere piu vite, come i gatti. Ha vissuto i suoi primi 26 anni in Argentina, laureandosi in Sociologia. E' stata premiata dal concorso Eks&Tra per le poesie "Per fare teoria", in Mosaici d'inchiostro; "Poesia d'amore" e "Dosare il sentimento", in Destini sospesi di volti in cammino. Un suo racconto appare in Memorie in valigia. Si interessa da tempo di scrittura creativa.) La musica dopo il silenzio Panikkar e il silenzio di Dio Don Milani e il silenzio di Dio Un cuore che ascolta Cristianesimo ed Europa Recensione a Visioni
dal futuro di Antonio Scacco
Ha scritto Pessoa che "l'uomo non e' un animale: / e'
una carne intelligente, / anche se a volte malata".
Poesia. Come da sottotitolo - Meditazioni in versi sulle Lettere di S. Giovanni - il volume riporta stralci dalle epistole giovannee con a fronte la poesia che il passo ha ispirato: un'operazione singolare, anche se non unica, che segna il rapporto di quasi due millenni tra il messaggio originario e la sua influenza nella realta' contemporanea. L'abilita' della poetessa e' fuori discussione: si veda il significante metrico della sestina di apertura (cfr. la postfazione di Alessandro Ramberti). Suggestive le foto, per la loro concretezza figurativa. (in Punto di vista n. 28, aprile-giugno 2001, p. 139)
Art. 1 Fara Editore indice la I edizione del concorso IIIM (Terzo Millennio) con il fine di stimolare una produzione letteraria di qualita' e dotata del pregio della "brevitas". Art. 2 Le opere dovranno essere inviate entro il 30 settembre 2001 a: Fara Editore via Emilia 1609, 47822 Santarcangelo di Romagna (RN); oppure al nostro indirizzo elettronico fara@kaleidon.it in un'unica copia. Per info: 0541-620741. Art. 3 Sono previste due sezioni: Art. 4 Non e' prevista quota di lettura ma l'acquisto diretto (con lo sconto del 30%; si veda nostra homepage) di due nostri libri a vostra scelta. I libri ordinati dovranno essere menzionati al momento dell'invio dell'opera. L'autore dovra' indicare anche nome, cognome, indirizzo postale, ed e' gradito un succinto curriculum vitae. Art. 5 E' possibile partecipare a entrambe le sezioni ma con una sola opera (una poesia e un racconto). Art. 6 Per le tre opere considerate piu' meritevoli
a prescindere dalla categoria racconto o poesia, sono previsti i seguenti
premi: Art. 7 Il giudizio verra' operato insidacabilmente dalla nostra casa editrice ed eventualmente da intellettuali e scrittori di sua fiducia. I risultati verranno comunicati via posta tradizionale o elettronica a tutti i partecipanti (inutile contattare quindi l'editore prima della data indicata nell'Art. 8 qui sotto). Qualora si ritenesse non soddisfacente il livello delle opere pervenute, i premi potranno in toto o in parte non essere assegnati. Art. 8 Le opere vincitrici verranno pubblicate senza alcun obbligo di remunerazione nel nostro bollettino elettronico Faranews. I risultati verranno comunicati entro il 31 ottobre 2001. Art. 9 La partecipazione al concorso IIIM di Fara Editore implica di fatto l'accettazione di tutte le norme indicate nel presente bando. Art. 10 Ai sensi della legge 96/675 i partecipanti al concorso consentono a Fara Editore il trattamento dei dati personali sia ai fini della gestione del premio che per comunicazioni editoriali. |
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