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FARANEWS
ISSN 15908585
MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE
a cura di Fara Editore
1. Gennaio 2000
Uno strumento
2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa
3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee
4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?
5. Maggio 2000
Il viaggio...
6. Giugno 2000
La realtà della realtà
7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale
8. Agosto 2000
Progetti di pace
9. Settembre 2000
Il racconto fantastico
10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi
11. Novembre 2000
Il mese del ricordo
12. Dicembre 2000
La strada dell'anima
13. Gennaio 2001
Fare il punto
14. Febbraio 2001
Tessere storie
15. Marzo 2001
La densità della parola
16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro
17. Maggio 2001
Specchi senza volto?
18. Giugno 2001
Chi ha più fede?
19. Luglio 2001
Il silenzio
20. Agosto 2001
Sensi rivelati
21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?
22. Ottobre 2001
Parole amicali
23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.
24. Dicembre 2001
Lettere e visioni
25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.
26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere
27. Marzo 2002
Le affinità elettive
28. Aprile 2002
I verbi del guardare
29. Maggio 2002
Le impronte delle parole
30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza
31. Luglio 2002
La terapia della scrittura
32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.
33. Settembre 2002
Parola e identità
34. Ottobre 2002
Tracce ed orme
35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano
36. Dicembre 2002
Finis terrae
37. Gennaio 2003
Quodlibet?
38. Febbraio 2003
No man's land
39. Marzo 2003
Autori e amici
40. Aprile 2003
Futuro presente
41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.
42. Giugno 2003
Poetica
43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?
44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM
45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi
46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario
47. Novembre 2003
Lettere vive
48. Dicembre 2003
Scelte di vita
49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro
51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia
52. Aprile 2004
Preghiere
53. Maggio 2004
La strada ascetica
54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?
55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004
56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso
57. Settembre2004
La politica non è solo economia
58. Ottobre 2004
Varia umanità
59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM
60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali
61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004
62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato
63. Marzo 2005
Concerto semplice
64. Aprile 2005
Stanze e passi
65. Maggio 2005
Il mare di Giona
65.bis Maggio 2005
Una presenza
66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica
67. Luglio 2005
Risvolti vitali
68. Agosto 2005
Letteratura globale
69. Settembre 2005
Parole in volo
70. Ottobre 2005
Un tappo universale
71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare
72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri
73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi
74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada
75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole
76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)
77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"
78. Giugno 2006
Varco vitale
79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero
tempo, stabilità, “memoria”
79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006
80. Agosto 2006
Personaggi o autori?
81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?
82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo
83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica
84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?
85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)
86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare
87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”
88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio
89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007
90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”
91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)
92. Agosto 2007
Versi accidentali
93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?
94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…
95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo
96. Dicembre 2007
Il tragico del comico
97. Gennaio 2008
Open year
98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo
99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore
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Numero 9
Settembre 2000
Editoriale: un romanzo da leone d'oro
In questo scorcio di fine estate ci piace dedicare questo
numero di Faranews alla letteratura fantastica, anche perche' Donal
d'Irlanda ha appena vinto il leone d'oro
del Premio Citta' di Leonforte. E cosa c'e' di piu' misterioso e
a tratti inquietante di uno specchio? Vi proponiamo allora il cuore
del racconto di Johansson e di quello di MacDonald mentre Massimo Gigli
vi accompagnera' in una veloce rassegna delle piu' belle pagine degli
scrittori che si sono dedicati
a questo filone. Buona lettura.
INDICE
Come far rivivere il pensiero di Scoto (di Paolo Galloni)
"Sentivi che il tuo viaggio era compiuto. Ricordavi un episodio.
Eri piu' giovane ed essere sciocco ancora un diritto."
Lo specchio islandese (di Johan T. Johansson)
"...in fondo era l'uso sporadico che quel volto ne faceva
a conferire ad esso la dignita' del suo scopo..."
Lo studente di Praga (di George MacDonald)
"Stavano per andarsene quando un vecchio specchio ovale, tutto
polveroso, appeso alla parete, attiro' lo sguardo di Cosmo."
La virulenza del racconto fantastico (Massimo Gigli)
Il racconto fantastico e' una formula letteraria di grande popolarita'
e diffusione, un successo il suo che mi fa ricordare la stupefacente
adattabilita' evoluzionistica del virus dell'influenza.
Siti interessanti e recensioni
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Come far rivivere il pensiero di Scoto
(di Paolo Galloni)
Volgevi lo sguardo al passato e vedevi uno sciocco che subiva le mosse
del destino. Che aspettava il futuro immobile come un cacciatore attende
che la preda cada in trappola. Che aspettava che visioni lontane si
compissero davanti ai suoi occhi con la forza dell'ineluttabilita'.
Non avresti dovuto fare altro che riconoscerle. Solo perche' alcune
volte si era verificato doveva accadere sempre.
Ora dubitavi che certe visioni non fossero ne' previsioni ne' richiami,
ma avvertimenti. Oppure semplicemente eventi neutrali tra gli altri.
Sentivi che il tuo viaggio era compiuto.
Ricordavi un episodio. Eri piu' giovane ed essere sciocco ancora un
diritto. Era una bella giornata d'estate e passeggiavi senza meta quando
udisti strani gemiti. Saltasti in mezzo agli arbusti per scoprirne le
origini. Un uomo e una ragazza lottavano appassionatamente. E tu eri
ipnotizzato come un tempo davanti al cinghiale. Immobile, ne' attento
ne' distratto. Ti videro solo dopo essersi disgiunti. Lei si vergogno',
lui rise. Riconosceva dai tuoi abiti che venivi dal monastero. Lui pure,
disse, era un monaco, e di nuovo esplose in una risata eccessiva. Ascoltavi
le sue parole come se fossero state
il latrato di un cane.
Lei gli aveva rivelato in confessione i propri turbamenti. Che in certi
momenti un fuoco estraneo l'avvampava e prendeva possesso del suo corpo.
Che in sogno ruvide mani invisibili la esploravano. Fini' cosi': lui
non la tranquillizzo' ne' l'assolse, ma soddisfece i desideri di entrambi.
Infine, cambiati gli abiti, erano fuggiti insieme. Come avevano vissuto?
(Egli aveva posto la domanda, non tu). Ingannando gli ingenui.
Se eri tornato con la memoria a quell'incontro era per ammettere che
se quello che essi provavano l'uno per l'altro, somigliava solo un poco
a cio' che tu provavi,
allora c'era nel sentimento qualcosa di predisposto alla corruzione.
Non esisteva amore per una donna che non dovesse fare i conti con la
lussuria. Johannes diceva che
i progenitori della razza umana, nel giardino dell'Eden, potevano congiungersi
liberamente e senza essere
mossi dalla concupiscenza.
Dunque senza colpa. Si univano senza somigliare alle bestie. Per questo
la lussuria era considerata peccaminosa, perche' allontanava gli uomini
dall'umanita'.
Era tua intenzione difendere l'umanita'. Ma se il caso
non ti avesse allontanato prima di pronunciare i voti monastici definitivi?
Saresti stato come l'altro, spergiuro
e spregevole? Astuti ladri avevano rubato la risposta.
(da Dubbi, in Donal
d'Irlanda di Paolo Galloni)
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Lo specchio islandese
(di Johan T. Johansson)
L'asciugamano penzolava in solitudine sul braccio di metallo
cromato a fianco della vitreous china destinata
alle abluzioni. I pomelli di ottone a tre punte luccicavano opacamente
solo la' dove non erano ricoperti dalle incrostazioni d'uso. Fra loro,
al centro, si arcuava il tubo che apportava l'acqua corrente al breve
tragitto fra pelle
e deflusso. Lo specchio, modestamente più in alto, era sprofondato
in una cornice nera piu' ampia ai lati (divisi in ripiani nascosti da
semplici ante di plastica bianca), piu' sottile in basso e alla sommita'
(destinata a contenere la luce economica e tremolante di un piccolo
neon in via di esaurimento): il tutto era di dimensioni piuttosto ridotte.
(...)
Addossata alla parete piu' lunga e, per un lato, a quella
piu' corta, una vecchia vasca da bagno, sorretta da quattro zampe feline,
con lo smalto un po' rovinato, veniva usata per lo piu' come box-doccia,
grazie a un'asta metallica ad L (fissata alle pareti ad un'altezza adeguata)
su cui poteva scorrere una tendina rigata in materiale plastico, sbrecciata
in piu' punti.
Ai piedi della vasca era disteso un calpestatissimo tappetino i cui
colori originali erano sicuramente assai
piu' brilanti di quelli sopravvissuti ai numerosi, anche se non frequenti,
lavaggi.
Il pavimento era coperto da pseudomattonelle in linoleum, di un giallo
sporco e moire', mentre le pareti imbiancate da poco conservavano
ancora un certo lucore. (...)
Questa stanza da bagno era meglio frequentarla alla
luce del giorno, dato che in tale condizione la finestra, ben esposta,
poteva far entrare fra quelle pareti lattee una discreta quantita' di
luce naturale che sembrava ringiovanirle ed ampliarle: anche perche'
riflessa dallo specchio posto in posizione favorevole allo scopo. Quando
si faceva buio, invece, soprattutto nei lunghi oscuri giorni invernali,
pur tenendo contemporaneamente accesi il neon sopra lo specchio e il
bulbo appeso al soffitto, aleggiava un debole chiarore artificiale e
tremolante: le stesse piastrelle di linoleum apparivano, se possibile,
ancora piu' grigie perche', abbandonata
ogni traccia di giallo, viravano verso una fredda tonalita' marroncina
senz'anima. (...)
Quando si affacciava allo specchio in queste condizioni,
pure il viso sembrava sgretolarsi, ma questo era per lui un processo
abituale, anche se piu' lento: il suo disfarsi era dovuto al naturale
decadimento biologico. Certo, alla luce del giorno le rughe apparivano
meno profonde in quel quadro di vetro cosi' spesso, durante la giornata,
abbandonato a riflettere le solite quattro pareti: in fondo era l'uso
sporadico che quel volto ne faceva a conferire ad esso la dignita' del
suo scopo, permettendo a quel viso di indagare, anche se solo con un'occhiata
fugace, lo stato d'animo, l'umore che costituivano appunto l'humus
su cui potevano abbarbicarsi le radici dei suoi sentimenti.
(da La radice quadrata, in La
simmetria imperfetta di T. J. Johansson)
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Lo studente di Praga
(di George MacDonald)
Cosmo von Wehrstahl era studente all'Universita' di Praga.
Era di nobile famiglia ma povero, e si gloriava della indipendenza che
la poverta' conferisce. (E di che cosa non sapremmo gloriarci, quando
non ce ne possiamo sbarazzare?). Cosmo era popolare tra i suoi colleghi,
ma non aveva amici intimi; e nessuno di loro aveva mai varcato la soglia
della sua camera, all'ultimo piano di una delle case piu' alte nella
citta' vecchia. Anzi, l'affabilita' che gli conquistava la simpatia
dei compagni traeva origine proprio dal pensiero di quel suo rifugio
segreto in cui poteva rinchiudersi ogni sera, per dedicarsi indisturbato
ai suoi studi e alle sue fantasticherie. Non studiava soltanto le materie
dei corsi universitari, ma anche discipline meno note e comunemente
meno accettate; in un cassetto segreto custodiva infatti le
opere di Alberto Magno e di Cornelio Agrippa, piu' altre ancor piu'
rare e astruse.
Erano, comunque, ricerche che fino allora aveva condotto
solo per curiosita', senza mirare a nessuno scopo pratico.
Per tutto alloggio aveva uno stanzone dal soffitto basso, estremamente
spoglio; infatti, oltre a due seggiole di legno, un divano adatto per
sognare sia a occhi aperti che a occhi chiusi, e un grande armadio di
quercia nera, la stanza non conteneva quasi niente che si potesse definire
mobilio. Ma negli angoli erano ammucchiate
cose strane; in uno stava uno scheletro, un po' appoggiato al muro,
un po' appeso per il collo a un laccio. Una delle sue mani, tutte dita,
posava sulla massiccia impugnatura di una spada accostata al suo fianco.
Sparse qua e la' sul pavimento c'erano varie altre armi. Le pareti erano
del tutto disadorne, perche' non si potevano certo chiamare ornamenti
certi oggetti strampalati come un gran pipistrello disseccato ad ali
aperte, la pelle di un porcospino, o un anellide impagliato.
Ma nonostante il suo gusto per curiosita' del genere,
la fantasia di Cosmo si nutriva di ben altro cibo. Nessuna passione
aveva mai penetrato a fondo il suo animo che era come un crepuscolo
tranquillo aperto a ogni vento, fosse il refolo lieve che porta solo
aromi, o la bufera che incurva alberi eccelsi e li fa scricchiolare.
Vedeva ogni cosa come attraverso un vetro tinto di rosa. Quando si affacciava
dalla finestra sulla via sottostante, ogni fanciulla che passava era
una figura in un mondo di fiaba, e i suoi pensieri la seguivano finche'
non spariva
in lontananza. (...)
Cosmo era considerato un'autorita' in fatto di armi, antiche
e moderne, nell'uso delle quali nessuno
studente poteva stargli alla pari; e la sua pratica di alcune era valsa
a renderlo un'autorita' su tutte. Si uni' dunque volentieri all'amico.
Entrarono in un vicolo stretto, e poi in un vicoletto maleodorante,
dove, di la' da una bassa porta ad arco, raccolti in un mucchio eterogeneo,
stavano i piu' muffosi e polverosi oggetti che si possano immaginare.
Cosmo emise un verdetto positivo sull'armatura, e il suo compagno concluse
subito l'acquisto. Stavano per andarsene quando un vecchio specchio
ovale, tutto polveroso, appeso alla parete, attiro' lo sguardo di Cosmo.
(Da La bella nello specchio, di G. MacDonald, in
Due strane storie
scozzesi di R. H. Barham e G. MacDonald)
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La virulenza del racconto fantastico
(di
Massimo Gigli)
Il racconto fantastico e' una formula letteraria di grande
popolarita' e diffusione, un successo il suo che mi fa ricordare la
stupefacente adattabilita' evoluzionistica del virus dell'influenza.
Come il virus influenzale, il racconto fantastico si articola in molteplici
forme, ha una storia ramificatissima di adattamenti, un'evoluzione profonda
e incessante. Non possiamo ingabbiare il genere del racconto fantastico
in una definizione: c'e' una scala di toni e di timbri non riscontrabile
in altri generi, una graduale gravita', un indice di 'virulenza' come
per i ceppi del virus influenzale.
Partiamo dal ceppo piu' innocuo, il racconto fantastico
condito di elementi umoristici o caricaturali; in esso prevale la satira
di costume e l'autoironia, l'invito a non essere presi troppo sul serio;
l'autore, in questo caso, mette le mani avanti per avvisarci che non
c'e' niente di cui preoccuparci, basta stare al gioco e divertirsi.
Mi vengono in mente i racconti di Stefano Benni, gli episodi di Bar
Sport Duemila: la quotidianita' impossibile in un luogo di ritrovo
possibilissimo, visto che nel Duemila ci siamo gia'.
Avanzando nel diagramma della virulenza
del racconto fantastico potremmo incappare nei racconti di Borges, quelli
di Ficciones, ancora 'innocui' ma con un gia' evidente grado
di 'influenzabilita'': si', perche' le geometrie escheriane che vi troviamo
potrebbero a volte coincidere in realta' con certe nostre paure, con
certi nostri desideri o sogni e smascherarci a noi stessi, che rimarremmo
forse spaventati nel vederci cosi' complicati, assurdi e ombrosi. Le
atmosfere dei Sessanta racconti di Dino Buzzati appartengono
allo stesso ceppo: non intaccano la nostra tranquillita', eppure sono
ipotesi di paura, mistero, angoscia e impossibilita' di salvezza che
cominciano a spaventarci anche nella loro riconosciuta alterita' e distanza.
Poi la cartella clinica comincia a peggiorare lievemente,
se nella nostra convalescenza ci troviamo ad affrontare un libro come
The bloody chamber and other stories di Angela Carter. La scrittrice
inglese ci strappa via le favole piu' belle e ovvie per restituircele
sporche di sangue, abbrutite da fattacci grotteschi e osceni, con in
faccia il sorriso irriverente di chi ha fatto un dispetto per puro divertimento.
Sono sempre favole, certo, ma al quadrato, doppiamente fantastiche,
e prima erano belle e a lieto fine, ora ce le ritroviamo nella loro
profonda bruttezza, lasciandoci la domanda se anche la realta' piu'
candida non sia meschina e gretta a un esame piu' attento. Favola e'
anche la vicenda di Donal d'Irlanda, eppure il protagonista non
solo e' reale ma storico. Come non provare allora qualche brivido (di
febbre), leggendo quel che di fantastico e a volte terribile puo' capitare
a uno di noi? Forse ci e' stata tenuta nascosta una verita' diversa,
sconvolgente, eppure vicinissima?
La temperatura si alza, all'improvviso, con Edgar Allan
Poe, che ci irretisce in un gioco che diventa lentamente serio e assoluto;
noi dapprima stiamo al gioco, tranquilli nella nostra razionalita',
ma dopo le prime righe Poe si dimostra piu' razionale del nostro rifiuto
dell'impossibile, costringendoci a riporre in lui tutta la nostra fiducia
e credulita' di bambini cresciuti.
Se la Carter ci spaventava ispezionando la fiaba tradizionale,
Kafka e Landolfi ci terrorizzano guardando
la realta' con la stessa potentissima lente. Una realta' che diventa
distorta per effetto dell'ingrandimento, certo, eppure palpabilissima,
con odori e sapori riconoscibili a tutti. Noi ci ritroviamo come a casa
nostra, e possiamo difenderci soltanto dicendo con falsa freddezza che
no, questa e' sempre fantasia, non e' poi cosi' brutta la vita, questi
scrittori avevano dei grossi problemi...si', ma in realta' cominciamo
ad averne anche noi, ce ne accorgeremmo controllando il termometro.
Il virus e' diventato quasi mortale, e' meglio fermaci qui con le letture...
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Siti interessanti e recensioni
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www.fabula.it
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Intercom: vent'anni di fantascienza amatoriale
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Delos Science Fiction
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