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FARANEWS MENSILE DI 4. Aprile 2000 5. Maggio 2000 7. Luglio 2000 8. Agosto 2000 9. Settembre 2000 10. Ottobre 2000 11. Novembre 2000 12. Dicembre 2000 13. Gennaio 2001 14. Febbraio 2001 15. Marzo 2001 16. Aprile 2001 17. Maggio 2001 18. Giugno 2001 19. Luglio 2001 20. Agosto 2001 21. Settembre 2001 22. Ottobre 2001 23. Novembre 2001 24. Dicembre 2001 25. Gennaio 2002 26. Febbraio 2002 27. Marzo 2002 28. Aprile 2002 29. Maggio 2002 30. Giugno 2002 31. Luglio 2002 32. Agosto 2002 33. Settembre 2002 34. Ottobre 2002 35. Novembre 2002 36. Dicembre 2002 37. Gennaio 2003 38. Febbraio 2003 39. Marzo 2003 40. Aprile 2003 41. Maggio 2003 42. Giugno 2003 43. Luglio 2003 44. Agosto 2003 45.Settembre 2003 46. Ottobre 2003 47. Novembre 2003 48. Dicembre 2003 49-50. Gennaio-Febbraio 2004 51. Marzo 2004 52. Aprile 2004 53. Maggio 2004 54. Giugno 2004 55. Luglio 2004 56. Agosto 2004 57. Settembre2004 58. Ottobre 2004 59. Novembre 2004 60. Dicembre 2004 61. Gennaio 2005 62. Febbraio 2005 63. Marzo 2005 64. Aprile 2005 65. Maggio 2005 65.bis Maggio 2005 66. Giugno 2005 67. Luglio 2005 68. Agosto 2005 69. Settembre 2005 70. Ottobre 2005 71. Novembre 2005 72. Dicembre 2005 73. Gennario 2006 74. Febbraio 2006 75. Marzo 2006 76. Aprile 2006 77. Maggio 2006 79. Luglio 2006 79.bis 80. Agosto 2006 81. Settembre 2006 82. Ottobre 2006 83. Novembre 2006 84. Dicembre 2006 85. Gennaio 2007 86. Febbraio 2007 87. Marzo 2007 88. Aprile 2007 89. Maggio 2007 90. Giugno 2007 91. Luglio 2007 92. Agosto 2007 93. Settembre 2007 94. Ottobre 2007 95. Novembre 2007 96. Dicembre 2007 97. Gennaio 2008 98. Febbraio 2008
99. Marzo 2008
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Editoriale: I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non soloQuesto numero diffonde il risulati della VI edizione del nostro concorso dedicato a raccolte di poesie e racconti (i vincitori saranno pubblicati prossimamente in un volume collettaneo per i nostri tipi). Per la sezione poesia hanno vinto: Menzionati: Serafina Tarantini (Milano), Gabriella Bianchi (Perugia), Costantino Loprete (Salerno), Stefano Bianchi, Cristina Rosetti (Baccucco, RO), Stefano Leoni (Forlì) Per la sezione racconto hanno vinto: Per dettagli, giudizi critici dei giurati (che ringraziamo per l'ottimo e competente lavoro svolto) e notizie sui vincitori rimandiamo alla pagina dedicata. Ma questo numero vi offre anche le nuove intrusive e un
po' caustiche poesie di Mary Leela Peverelli, una selezione
della suggestiva raccolta Lampioni di Domenico
Cipriano, alcune variazioni poetiche di Enrica Musio
molto liberamente ispirate ad alcuni versi di Corrado Benigni, e una
profonda introduzione alla lectio divina di padre Bernardo
Maria Gianni. QUALCUNO Primo frutto di un reato d’amore Fumo rifiuto Il corpo se n’è andato Mio Non bastan smalto o tacchi Persefone rapita Ma Ade era un dio Così Il truccato alter ego del mistero Pulsa la luce Mi nascondo per non sentirmi eretica Qualcuno traduca Per i miei occhi, per le mie mani, per la mia gola Traduce chi seduce Tua voce di conchiglia *** Il cane non crede nell’abbandono La mia voce bambina “Venga qualcuno!” ma L’aguzzino che Il domino vittime dove il voglio e non voglio complici di sé (volevo “La paura e il desiderio, ero scoprendoti poi Nome ** FORSE CERCAVI senza ragione Io e le mie amiche – agli uomini infedeli Come fa un archetipo ad essere personale? Per esser riconosciuta Afrodite “Amica?! Hai visto come sono fica?!” Il mio pubblico sei tu Come per l’intelligenza, l’anima Ma tanto si sa: *** Io e le mie amiche Pettini bambole in giorni di festa Il sole si impicca sotto la quercia Di ragni, per trama e orditi, cadendo Ma risalendo inciampi in eruditi Forse cercavi…
Mary
Leela Peverelli è nata a Bhimavaram (India) nel 1975, adottata,
vive a Cadorago in provincia di Como. Dopo aver conseguito il
da
Lampioni “Le cose, riflettei, sono meno fragili delle persone. Le cose
sono lo specchio immutabile in cui osserviamo la nostra disgregazione.” Lampioni 1 Sono come tutto il mondo Lampioni 4 È impossibile contarli tutti Lampioni 7 C’è il buio tra partenza Lampioni 8 La campagna si apre profonda Lampioni 9 Si presenta nella notte
Sono stelle distribuite in terra Lampioni 11 Così (poco a poco) muto Lampioni 18 Sono arroccate a gruppi
Domenico Cipriano www.domenicocipriano.it
è nato nel 1970 a Guardia Lombardi (AV), vive in Irpinia. Già
vincitore del premio Lerici-Pea 1999 per l’inedito, ha pubblicato
la prima raccolta organica dal titolo Il continente perso (Roma,
Fermenti, 2000; 2a ed. 2001), con introduzione di Plinio Perilli e nota
del musicista jazz Paolo Fresu (libro vincitore del premio Camaiore
“Proposta” 2000 e segnalato al premio Eugenio Montale 2000).
La Stamperia d’Arte «PulcinoElefante» ha pubblicato,
nel giugno 2001, il testo L’assenza (in 33 copie) con foto a cura
di Enzo Eric Toccaceli. Interessato al connubio Jazz e Poesia è
inserito nell’antologia della poesia in jazz in Italia, Swing
in versi, a cura di Guido Michelone e Francesca Tini Brunozzi (Lampi
di stampa, Milano, 2004) e ha dato vita, insieme all’attore Enzo
Marangelo e al pianista Enzo Orefice, al progetto “JP band”
da cui il CD Le note richiamano versi (Abeatrecords, 2004), con sezione
ritmica di Piero Leveratto ed Ettore Fioravanti. È presente nei
volumi collettanei 4 poets (Il Filo, Roma, 2003) e 7 poeti
campani (Orizzonti Meridionali ed., Cosenza, 2006) e in varie antologie,
si ricordano: Melodie della Terra, a cura di Plinio Perilli
(Crocetti, Milano, 1997), L’altro Novecento, a cura di
V. Esposito (Bastogi, Foggia 1999), La poesia in Campania,
a cura di G.B. Nazzaro (Marcus ed., Napoli, 2006), Da Napoli / verso,
a cura di A. Spagnuolo e S. Di Spigno (Kairòs, Napoli, 2007).
Poesie, interventi e recensioni ai suoi lavori, sono apparse su varie
riviste. È redattore delle riviste «Sinestesie» e
«Il Madrigale» e collabora alla rivista «La Mosca
di Milano». Ha ideato e curato numerosi eventi di poesia in Irpinia.
Libere variazioni su alcune poesie di Corrado Benigni STELLA SOLO BUIA Sanguina questa tua luce, (a paolo calissano) Variazione di Stella buia
La luce contraria, (a cesare tommasini e a suoi figli gemelli francesco e Lorenzo) Variazione di Battesimo
Il tempo mai lava le cose, Variazione de Lo sconosciuto Una parola mi strappa, Variazione di Uscio.
Chi ci esce dalle macerie del sonno, Variazione di Nuovo viaggio CENERE DI STELLE Un silenzio oscilla alla mia carne, Variazione di Cenere e stelle Enrica Musio è nata a Santarcangelo nel 1966. La sua prima pubblicazione, la silloge “Sarà da poeti il futuro” è stata inserita in Antologia Pubblica (Fara 2005). Nel 2006 ha pubblicato con Fara Dediche sillabiche. Riflessione
sul brano del Vangelo di Luca 4,14-30 di Bernardo Francesco Maria Gianni (v. anche qui) Ti cerco nelle radici della mia pena, Secondo il racconto della Vita di San Benedetto che possiamo leggere nel secondo dei Liber Dialogorum di Gregorio Magno (+604), il Santo Monaco, conchiuso il suo iniziale periodo di eremitaggio in uno speco per apprendere l’arte di habitare secum al cospetto di Dio, scopre una dimensione comunionale e potremmo quasi dire “catechetica” della sua vocazione monastica. Scrive Gregorio: Eodem quoque tempore hunc in specu latitantem etiam pastores invenerunt. Quem, dum vestitum pellibus inter frutta cernerent, aliquam bestiam esse crediderunt, sed cognoscentes Dei famulum, eorum multi ad pietatis gratiam a bestiali mente mutati sunt. Nomen itaque eius per vicina loca cunctis innotuit, factumque est ut ex illo iam tempora a multis frequentari coepisset, qui cum ei cibos deferrent corporis, ab eius ore in suo pectore alimenta referebant vitae (Dial. II,1,8). Quanto è qui raccontato appare come un tema tipico della tradizione monastica: l’eremita, inizialmente scambiato addirittura per un animale tanto intensa è stata l’esperienza di secessione dalle consuetudini del consorzio umano, viene finalmente scoperto nella sua verità: egli nella solitudine del deserto si è fatto uomo libero e la sua libertà è nel servizio di Dio perché a Lui solo egli appartiene. La sua parola, evidentemente frutto di preghiera e di assiduità con la Parola del Signore, non può non suscitare il desiderio dei pastori di abbeverarsene in abbondanza per ricavare alimento di vita (alimenta… vitae) per il cuore. Già da questo episodio della vita di Benedetto da un lato comprendiamo l’intento dell’opera agiografica di Papa Gregorio che desiderava il coinvolgimento dei monaci del suo tempo nell’intento di rinnovare l’evangelizzazione in una chiesa profondamente impoverita di slanci e di testimonianze di santità, dall’altro possiamo verificare come anche oggi il monachesimo, per la testimonianza di vita lasciata da uno dei suoi padri più importanti, non possa sentirsi escluso, certamente nelle forme sue più peculiari, da un’universale vocazione all’annuncio, alla missionarietà e alla catechesi che riguarda ogni membra del corpo ecclesiale. Del resto è fenomeno ampiamente verificato come anche, e forse soprattutto, gli spazi secolarmente cristianizzati e ritenuti pertanto bisognosi solo della tradizionale cura animarum, adesso si mostrino assolutamente bisognosi di una nuova, radicale evangelizzazione secondo le indicazioni del Magistero di Paolo VI e ancor più di quello successivo (1). Del resto già Perfectae Caritatis al numero 5 prescrive molto chiaramente a tutti i religiosi appartenenti a qualsiasi ordine una ministerialità apostolica, naturalmente subordinata al primato della contemplazione, anche secondo una ben attestata tradizione patristica: «è necessario che i membri di qualsiasi istituto, cercando sopra ogni cosa e unicamente Dio, uniscano la contemplazione, con cui aderiscono a Dio con la mente e col cuore, e l’ardore apostolico, con cui si sforzano di collaborare all’opera delle redenzione e dilatare il regno di Dio». Più specificamente ancora Perfectae Caritatis a proposito del rinnovamento e dell’aggiornamento della vita monastica aggiunge al numero 9: «Mantenendo l’indole caratteristica del proprio istituto, i monaci rinnovino le antiche benefiche tradizioni e le adattino agli odierni bisogni delle anime, in modo che i monasteri siano come vivai di edificazione del popolo cristiano». Il Magistero è poi successivamente tornato con grandissima autorevolezza a ribadire le linee essenziali del carisma e del ministero monastico in relazione al bene dell’intero popolo di Dio. Si fa naturalmente riferimento qui all’esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata del 1996 scritta da Papa Giovanni Paolo II che al numero 6, con un’intonazione nettamente esortatoria, tratteggia le linee essenziali della testimonianza monastica: «Anche i monaci di oggi si sforzano di conciliare armonicamente la vita interiore e il lavoro nell’impegno evangelico della conversione dei costumi, dell’obbedienza, della stabilità, e nell’assidua dedizione alla meditazione della Parola (lectio divina), alla celebrazione della liturgia, alla preghiera. I monaci sono stati e sono tuttora, nel cuore della Chiesa e del mondo, un eloquente segno di comunione, un’accogliente dimora per colore che cercano Dio e le cose dello spirito, scuole di fede e veri laboratori di studio, di dialogo e di cultura per l’edificazione della vita ecclesiale e della stessa città terrena, in un’attesa di quella celeste». Un altro passaggio della stessa esortazione apostolica ha cura di precisare meglio la centralità e la fruttuosità di una radicata consuetudine con la Parola letta, meditata e –come si dice talvolta- “pregata” e “spezzata” in una medesima, ideale mensa dove siedono, condividendo le loro esperienze, attese e speranze, sia religiosi che laici (n. 94): Di grande valore è la meditazione comunitaria della Bibbia. Realizzata secondo le possibilità e le circostanze della vita di comunità, essa porta alla gioiosa condivisone delle ricchezze attinte alla Parola di Dio, grazie alle quali fratelli e sorelle crescono insieme e si aiutano a progredire nella vita spirituale. Conviene anzi che tale prassi venga proposta anche agli altri membri del Popolo di Dio, sacerdoti e laici, promovendo nei modi consoni al proprio carisma, scuole di preghiera, di spiritualità e di lettura orante della Scrittura, nella quale Dio «parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si trattiene con essi (cfr. Bar 3,38) per invitarli e ammetterli alla comunione con sé» (Dei Verbum 2). Dalla meditazione della Parola di Dio, e in particolare dei misteri di Cristo, nascono, come insegna la tradizione spirituale, l’intensità della contemplazione e l’ardore dell’azione apostolica. Sia nella vita religiosa contemplativa che in quella apostolica sono sempre stati uomini e donne di preghiera a realizzare, quali autentici interpreti ed esecutori della volontà di Dio, opere grandi. Dalla frequentazione della Parole di Dio essi hanno tratto la luce necessaria per quel discernimento individuale e comunitario che li ha aiutato a cercare nei segni dei tempi le vie del Signore. Essi hanno così acquisito una sorta di istinto soprannaturale, che ha loro permesso di non conformarsi alla mentalità del secolo, ma di rinnovare la propria mente, «per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto» (Rm 12,2). Tale indicazione sembra recepire in pienezza altri passaggi della Dei Verbum e in particolare quanto si legge al numero 25: Parimenti il sacro sinodo esorta con particolare forza tutti i fedeli cristiani, soprattutto i religiosi, a imparare la “la sublime scienza di Gesù Cristo” (Fil. 3, 8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L’ignoranza delle Scritture infatti è ignoranza di Cristo” (S. Gerolamo, Commento sul Libro di Isaia, Prol.). Si accostino dunque volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia mediante iniziative adatte allo scopo e altri sussidi che oggi lodevolmente si diffondono ovunque con l’approvazione e la cura dei pastori. Si ricordino però che la lettura della sacra Scrittura deve essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l’uomo; infatti “a lui parliamo, quando preghiamo; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini. (S. Ambrogio, I doveri, I, 20, 88) Tutto questo intreccio di citazioni e di richiami al magistero si giustifica per il solo fatto che questa relazione intende offrire una breve sintesi relativa ad un’esperienza catechetica nata nell’Abbazia di San Miniato al Monte oltre 4 anni fa. Essa si inscrive nel solco della secolare tradizione della lectio divina monastica, che è lettura attenta e preghiera “contemplativa” della Sacra Scrittura al fine di raffinare, come ci suggeriva il passaggio succitato di Vita consecrata, il discernimento del cuore in ordine ai voleri di Dio nel mosso divenire della nostra storia, sia essa quella personale, comunitaria, ecclesiale e, possiamo dire con l’umile audacia che deve caratterizzare il cristiano, sia addirittura la storia preparata da Dio per tutte le nazioni e tutta l’umanità (2). Come è noto, si deve al monaco certosino Guigo II (+1188) una sistemazione di massima dei quattro momenti della lectio divina secondo la tradizione monastica: nella lettera all’amico Gervaso egli parla di quattro gradini, corrispondenti alla lectio, alla meditatio, all’oratio e infine alla contemplatio: La lettura è dunque un accurato esame delle Scritture che muove da un impegno dello spirito. La meditazione è un’opera della mente che si applica a scavare nella verità più nascosta sotto la guida della propria ragione. L’orazione è un impegno amante del cuore in Dio allo scopo di estirpare il male e conseguire il bene. La contemplazione è come un innalzamento al di sopra di sé da parte dell’anima sospesa in Dio, che gusta le gioie della dolcezza eterna. La lettura indaga sulla dolcezza della vita beata, la meditazione la trova, l’orazione la chiede, la contemplazione la assapora. La lettura si può dire che porti alla bocca cibo solido, la meditazione lo mastica e lo macina, l’orazione ne sente il sapore, la contemplazione è la dolcezza stessa che dona gioia e ricrea le forze. La lettura rimane sulla scorza, la meditazione penetra nel midollo, l’orazione si spinge alla richiesta suscitata dal desiderio, la contemplazione riposa nel godimento della dolcezza raggiunta. (3) Nella prospettiva sovente reperibile nei testi esegetici
di Gregorio Magno a questa quadruplice scansione andrà aggiunto
un quinto decisivo momento, l’evangelisatio, intesa come
testimonianza integrale di vita e, più in particolare, come momento
catechetico di annuncio di quanto intuìto e dei frutti maturati
personalmente o anche comunitariamente nella stessa lectio.
Nella tradizione dei Padri, soprattutto delle primissime generazioni
anacoretiche, non manca poi un altro momento di singolare importanza,
quello della collatio che indica, come lascia chiaramente intendere
l’etimologia della parola, la condivisione comunitaria, ad una
stessa mensa, delle risonanze percepite nel cuore durante e dopo la
lettura. Un notevolissimo numero di apoftegmi dei Padri del Deserto
raccontano di queste lunghe sinassi dove la celebrazione eucaristica
era preceduta da lunghi momenti di condivisione e di reciproco arricchimento
nella comprensione tanto a riguardo del significato della Parola letta
e vissuta durante la settimana nelle diuturne ore di silenzio e solitudine
in cella, quanto a riguardo di ciò che essa chiedeva alle piccole
o grandi comunità monastiche, ai varî, singoli eremiti
oppure, nel caso della non infrequente presenza di ospiti, magari vescovi
delle città vicine, di ciò che essa esigeva dalle varie
comunità ecclesiali o nella vita dei battezzati al fine di una
sempre più convinta e radicale conversione dei cuori all’unico
Signore. In particolare la Congregazione ha saputo mantenere sempre vivo quel caratteristico apostolato monastico che è l’ospitalità, offrendo “un’accoglienza premurosa” (Regula Benedictina 53,3) a coloro che avvertono la necessità di uno spazio ideale per riconciliarsi con se stessi, con gli altri e con Dio. E’ importante che i Monaci siano per i loro ospiti testimoni della virtù teologale della speranza, aiutandoli così nell’impegno quotidiano di trasformare la storia secondo il progetto di Dio. Si dimostra quanto mai opportuno questo richiamo fatto dal Papa al capo 53° della Regula dove san Benedetto, in forza del dettato scritturale di Matteo 25,35, equipara con audacia e senza mezzi termini l’arrivo dell’ospite in monastero al sopraggiungere del Cristo ospite e forestiero, realmente presente così in mezzo alla comunità monastica: Omnes supervenientes hospites tamquam Christus suscipiantur, quia ipse dicturus est: Hospes fui, et suscepistis me; et omnibus congruus honor exhibeatur, maxime domesticis fidei et peregrinis. [...] In ipsa autem salutatione omnis exhibeatur humilitas omnibus venientibus sive discedentibus hospitibus, inclinato capite vel prostrato omni corpore in terra, Christus in eis adoretur, qui et suscipitur. Magistero antico e nuovo, consuetudini monastiche e precetti evangelici animano a San Miniato al Monte un piccolo sforzo di accoglienza e di condivisione della Parola che però vorrebbe avere l’umile risolutezza di riportarci davvero, come dimostrava il racconto di Gregorio agli inizî di queste pagine, al ministero pastorale e all’azione catechetica più peculiari dei monaci che, addossati ai margini delle città, da sempre si sforzano di far fiorire nella scuola dell’amore e nel silenzio dell’attenzione il terreno scabro e sassoso del deserto dei nostri cuori distratti e mai pronti all’ascolto. Fra i detti dei Padri del Deserto ne è sopravvissuto uno assai eloquente in tal senso, attribuito ad abba Pambo e che ogni famiglia monastica dovrebbe forse avere presente, meditare e cercare di attuare con radicalità e decisione: Abba Pambo interrogato circa l’ospitalità così rispose: «Tutti gli ospiti che vengono da noi, salvo i curiosi, prima di andarsene chiedono: “Abba, dimmi una parola!”. Se la ricevono, ritorneranno, altrimenti la cercheranno da altre parti… Ecco dunque il nostro grande compito nell’ospitalità: donare una parola! A volte sarà direttamente la Parola di Dio, altre volte semplice traccia che alla Parola conduce, altre ancora sarà eco della Parola di Dio, oppure silenzio che la Parola adora e ascolta. Nell’incontro con gli ospiti l’importante è consegnare loro ciò che noi contempliamo in verità nell’umile e nobile servizio del monaco». Abbazia di San Miniato al Monte, 27 giugno 2003 Note (1) Per una convincente illustrazione critica dei paradigmi
della missione tradizionale cui si fa qui succinto riferimento si rimanda
senz’altro a S. DIANICH e S. NOCETI, Trattato sulla Chiesa,
Brescia 2002, 244-7. Bernardo
Francesco Maria Gianni è monaco benedittino olivetano dell'Abbazia
di San Miniato al Monte: |
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